lunedì 1 novembre 2010

DA TARTAGLIA A BELPIETRO: IL QUESTORE “NEMICO” DIVENTÒ ZELANTE


di Sandra Amurri

Il presidente del Consiglio ordina che Ruby venga affidata alla sua igienista eletta consigliera regionale Nicole Minetti invece di essere condotta a una comunità protetta come chiesto dal pm minorile. Il questore di Milano Vincenzo Indolfi esegue. Questo accadeva il 27 maggio. A ottobre il questore viene nominato prefetto con funzione di ispettore generale di amministrazione del Consiglio dei ministri.

Premesso che prassi voglia che tutti i questori di Milano vengano nominati prefetti, che Indolfi ha 64 anni e tra un anno andrà in pensione e che tutti i questori vanno in pensione da prefetti, resta il ruolo svolto dal poliziotto alla guida di via Fatebenefratelli nel caso Ruby.

Stiamo parlando di un questore che non ha certamente brillato durante i quattro anni di permanenza a Milano.

A suo carico due inchieste nell’arco di due mesi. Una volta perché in qualità di massimo responsabile dell’ordine pubblico aveva dimostrato “palesi inefficienze nella gestione della piazza” - fu l’accusa del ministro della Difesa Ignazio La Russa - quando il premier venne colpito dalla statuetta con il Duomo di Milano lanciata da Tartaglia. La seconda in occasione della ricorrenza della strage di Piazza Fontana quando il sindaco Moratti venne raggiunta sul palco dai dimostranti. In ultimo quando il direttore di “Libero” Maurizio Belpietro venne sorpreso sull’uscio di casa da un uomo armato. Indolfi dichiarò che si trattava di un fatto gravissimo tant’è che il ministro dell’Interno Maroni fu costretto a convocare una riunione a porte chiuse con i massimi vertici dell’ordine pubblico. Storia rivelatasi poi di tutt’altro peso.

Un questore che nel raccontare quanto accaduto quella sera quando il premier si adoperò per far rilasciare la minorenne marocchina dice: “Non è che chiedevano proprio di rilasciarla, si raccomandavano visto che era minorenne di fare quel che dovevamo fare ma di gestire la cosa nel mondo più corretto possibile. Così il mio capo di gabinetto ha chiamato la centrale operativa per informarsi”. Come se normalmente le cose non vengano gestite nel modo più corretto possibile visto che c’era bisogno della telefonata del premer. E come se il premier telefoni ogni qualvolta che viene fermata una minorenne. “Abbiamo rispettato tutti i crismi delle regole e della procedura, anzi è rimasta qui anche più del dovuto”.

Lasciando intendere che se Palazzo Chigi non avesse telefonato l’avrebbero rilasciata prima.

Omettendo che l’hanno affidata alla consigliera regionale Minetti invece di mandarla in una casa protetta o di farla restare in Questura perché sprovvista di documenti.

“Abbiamo telefonato al pm della Procura minorile ed è stato lui a darci il benestare per affidarla alla consigliera regionale”. Peccato che la pm Annamaria Fiorillo dopo aver disposto di compiere accertamenti sull’identità della ragazza diede disposizione che venisse collocata in una comunità protetta in attesa dell’intervento del Tribunale per i minorenni. Ma così non fu. La pm, infatti, come scritto negli atti, più tardi venne avvisata da una telefonata che la ragazza essendo nipote di Mubarak sarebbe stata data in consegna a un “consigliere ministeriale presso la presidenza del Consiglio dei ministri”. Resta che il questore Indolfi deve ancora raccontarla la storia di Ruby. E lo farà da prefetto.

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