lunedì 8 novembre 2010

Il giorno di Casini pronto a varare il "quadripartito"


FRANCESCA SCHIANCHI

Pier Ferdinando Casini era avvisato. Aveva avuto contatti con il leader di Fli: sapeva che, nel suo discorso, Gianfranco Fini avrebbe aperto ai centristi. «E' impensabile che l'Udc arrivi e dica “Anche noi sosteniamo il governo”. E' una logica che non appartiene alla politica ma all'attività mercantile», tuona infatti da Perugia il presidente della Camera. Berlusconi si dimetta, apra la crisi e formi un nuovo governo che comprenda l'Udc. Il leader dello scudocrociato la proposta già la conosceva, l'apprezza ma tace, per un bel pezzo di pomeriggio nessun centrista fiata, poi una nota del segretario Lorenzo Cesa offre la lettura ufficiale.

«Fini ha posto oggi, con grande serietà, i problemi che noi abbiamo sollevato inascoltati fin dalla nascita del Pdl e dalla campagna elettorale del 2008. Per questo motivo merita il nostro rispetto», riconosce, sottolineando en passant che lui li pone oggi e loro da qualche anno. Al premier un messaggio chiaro: «In politica il coraggio vero non lo si manifesta tanto salendo su un predellino, quanto avendo la forza morale e politica di dimettersi quando il proprio governo tira a campare e riceve pubbliche attestazioni di sfiducia da una parte determinante della sua maggioranza». La palla, insomma, è nelle mani di Berlusconi: se lui si dimettesse, fanno capire, tutto potrebbe cambiare. Casini lo aveva detto durante l'estate: mai in questo governo, per discutere col premier bisogna che apra la crisi.

Certo, l'Udc non si illude che Berlusconi segua la proposta Fini: il veto della Lega contro di loro è forte anche se, notano, furbescamente ieri ha evitato i commenti. Però se uno scenario del genere si aprisse, Casini non si tirerebbe indietro. Non potrebbe: aprire una crisi e formare un nuovo esecutivo, con quattro forze di governo (Pdl, Lega, Fli e Udc) anziché due, sarebbe la sua vittoria.
Vorrebbe dire che è tutto vero quello che i centristi dicono «inascoltato» dal predellino in poi, e significherebbe fondare un nuovo, diverso centrodestra. Uno scenario, però, che non viene preso seriamente in considerazione: nessuno crede che Berlusconi possa accettare di offrire lo scalpo, «il cerino è ancora lungo…», sospira un parlamentare. Ma le parole pronunciate da Fini ieri segnano anche un passo avanti nei rapporti tra i due leader. Che stanno intrecciando sempre di più i loro destini, legandosi a doppio filo: al fondo della crisi, l'Udc vede con chiarezza il Terzo polo da tempo inseguito.

Un'alleanza elettorale Casini-Fini che i sondaggi danno come ben più fruttuosa, per l'Udc, rispetto all'ipotesi di corsa insieme al Pd. E affermando che entrare al governo così com'è sarebbe «attività mercantile», anche Fini ricorda loro tra le righe che l'ipotesi vagheggiata in passato dal premier, e da Casini rifiutata, di sostituirsi appunto ai futuristi, non è praticabile. Ora tocca al presidente del Consiglio fare una scelta. «Esistono buoni motivi per attendere e vedere», profetizza il vicepresidente della Camera dell'Udc Rocco Buttiglione, «stiamo a vedere».

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