

FABIO MARTINI
INVIATO A BASTIA UMBRA
I quattromila futuristi che brulicano sotto l’enorme Padiglione della Fiera lo stanno ascoltando senza pathos, ma Andrea Ronchi, unico ministro finiano del governo Berlusconi, sa di essersi tenuto l’asso per il gran finale. Una lunga pausa e poi, senza preavviso, l’annuncio spiazzante: «Gianfranco, il mio mandato di ministro è nelle tue mani! Per l’Italia di domani!». Nessuno se lo aspettava. E infatti dalla platea si alza un boato, l’applauso più urlato e liberatorio della due giorni, persino più rumoroso di quelli che di lì a qualche minuto, gratificheranno a ripetizione Gianfranco Fini.
Uno dei colonnelli futuristi sottovoce ironizza («Ronchi sembra Alberto Sordi nella scena finale della “Grande Guerra”...»), ma la gente ha capito che quella disponibilità a dimettersi da parte del moderatissimo ministro preclude all’annuncio dell’apertura, sostanziale anche se non formale, della crisi di governo. Ci penserà il presidente della Camera a dare l’annuncio, con quella frase sui ministri di Fli pronti a dimettersi, che è la vera sorpresa di una giornata che, pure, passerà alla storia politica del Paese come quella in cui l’ex delfino di Berlusconi, decise di porre fine ad un sodalizio durato 17 anni. Certo, nella sua vita Gianfranco Fini ha dimostrato una capacità di “trasformarsi” fuori dal comune. Missino e poi teorizzatore del fascismo come «male assoluto».
Cattolico e laico. Amico di Berlusconi e ora suo principale nemico. L’ultima svolta è stata la più sofferta. Anche perché venuta dopo la peggiore estate della sua vita, con quel tormentone sulla casa di Montecarlo. Che lo ha reso, lui così gelido, più crepuscolare, anche in pubblico: «Se pensiamo ai mesi passati, a cosa c’era dentro di noi...» L’ultima svolta è stata decisa ieri mattina, durante un summit informale all’hotel Brufani. Già da due giorni Fini aveva deciso la prima mossa - proponiamo di allargare la maggioranza all’Udc - ma l’annuncio del ritiro della delegazione futurista dal governo, è maturata dopo un lungo bilanciamento di pro e contro.
E quando ha deciso il da farsi, Fini ha informato il Capo dello Stato. Ovviamente Giorgio Napolitano ha ascoltato, non è suo costume interferire nelle decisioni politiche, anche se un Presidente della Repubblica aiuta sempre a riflettere sulle conseguenze di ogni decisione. Fino a pochi giorni fa Fini era contrario ad aprire una vera e propria crisi di governo, soprattutto perché avvertiva il peso di sentirsi additato come traditore del centrodestra e dei suoi elettori. Poi, chiacchierando con i suoi e in particolare con il più “creativo” della compagnia, Italo Bocchino, è venuta fuori la “trovata” della proposta «in positivo» a Berlusconi. Con due scenari possibili: «Il presidente del Consiglio - osserva Carmelo Briguglio, uno dei finiani che si è guadagnato sul campo i galloni da “ufficiale” - dopo un prevedibile fuoco iniziale, potrebbe decidere di accettare la proposta e noi ne saremmo soddisfatti perché le condizioni poste, a cominciare dalla nuova legge elettorale, sono impegnative.
Ma certo, se il premier dovesse rifiutare lui una proposta ragionevole come quella fatta da Fini, a quel punto tutti sarebbero più liberi». Briguglio non dice di più. Ma il filo del ragionamento di Fini è questo: rifiutando un Berlusconi-bis sotto l’egida del centrodestra, è come se il Cavaliere aprisse la strada ad una sorta di “tana, libera tutti!”, nel quale nessuno, a cominciare da Fini, sarebbe vincolato dal mandato elettorale. Un libera tutti verso un governo tecnico? Che quello sbocco non sia una semplice illazione, lo ha fatto capire, in chiaro, lo stesso Fini. Che ha definito le elezioni come un «male per il Paese». Che si è ben guardato dal parlare o dal demonizzare i governi tecnici. E, di passaggio, ha citato, elogiandolo, il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, in linea teorica il più autorevole candidato alla guida di un governo tecnico. Per Fini la due giorni umbra è stata molto gratificante. Soprattutto perchè ha simbolicamente concluso un’estate nera, legata all’affaire-Montecarlo.
E assieme ad un tratto più “affettivo”, che lo ha portato a lanciar baci verso la platea, il “nuovo Fini”, ha sciorinato un afflato ecumenico che lo indotto a dichiarare tutto il suo rimpianto per i grandi politici della Prima Repubblica, come «Moro, Berlinguer, Almirante,

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