sabato 13 novembre 2010

Il momento della verità


di CLAUDIO TITO

IL TEMPO delle trattative è ormai finito. La crisi politica del governo, conclamata da tempo, adesso si trasferisce rapidamente sul piano parlamentare. Le aule di Camera e Senato sanciranno formalmente e in modo inequivocabile chi avrà la meglio nello scontro tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. La spaccatura che si è consumata a luglio scorso nel maggior partito italiano, il Pdl, ha prima provocato una pesante scissione. Poi ha prodotto una fase di sostanziale paralisi nell'attività dell'esecutivo. Ora porta il Berlusconi IV a prendere atto che la maggioranza uscita dalle elezioni del 2008 sta ormai venendo meno.

Nei prossimi giorni, infatti, l'aula di Palazzo Madama e quella di Montecitorio saranno chiamate a votare rispettivamente una mozione di sostegno al Cavaliere ed una di sfiducia. Due appuntamenti che con ogni probabilità decreteranno la fine del centrodestra nelle forme in cui si è presentato agli elettori negli ultimi anni. Il partito di Fini,
Futuro e Libertà, non confermerà il sostegno a Berlusconi. Raccogliendo così la sfida lanciata dal presidente del Consiglio: "Mi sfiduci in Parlamento", aveva detto. Bisogna "parlamentarizzare" la crisi aveva invocato lo stato maggiore del Pdl.

Un percorso divenuto inevitabile dopo l'ultimo stop di
Umberto Bossi alla trattativa per coinvolgere anche l'Udc di Casini nella costruzione di una nuova maggioranza. Tutti hanno dovuto prendere atto che non esistono al momento spazi per una mediazione. Anche perché il Senatur in questa fase non può incrinare il rapporto di lealtà con il premier, né accettare una situazione in cui la Lega perda il baricentro della coalizione e venga retrocessa a terza gamba dell'alleanza.

La prossima settimana, allora, il partito del premier chiederà di votare al Senato un documento di "sostegno". Un voto da fissare rapidamente o al massimo dopo l'approvazione della legge di stabilità, la Finanziaria. Non si tratterebbe di una vera e propria fiducia, ma di una formula per dimostrare che Berlusconi può ancora contare - almeno a Palazzo Madama - sui numeri per andare avanti. È anche una battaglia sui tempi con il Pd. Una mossa studiata per anticipare il voto sulla mozione di sfiducia che le opposizioni hanno presentato alla Camera. Un escamotage per non presentarsi disarmato davanti al presidente della Repubblica: la fiducia del Senato dimostrerebbe che un altro esecutivo è impossibile. E che quindi in caso di crisi di governo le soluzioni possibili sarebbero solo due: elezioni generali anticipate o scioglimento della sola Camera dei deputati. Un evento, quest'ultimo, senza precedenti ma che l'asse Pdl-Lega intende sbattere con forza sul tavolo del confronto con Giorgio Napolitano.

La vera partita, però, si gioca a Montecitorio. Dove i finiani sono determinanti. Il Pd e i dipietristi hanno depositato lì la sfiducia al Berlusconi quater. A breve verrà formalizzata anche la mozione del "terzo polo" composto da Fli, Udc, l'Api di Rutelli e l'Mpa del siciliano Lombardo. Insieme sono in grado di aprire formalmente la crisi di governo. Dopo meno di trenta mesi di vita, il governo si trova dunque dinanzi al bivio decisivo. Al passaggio che non solo segnerà il destino dell'esecutivo, ma che potrebbe rivoluzionare la fisionomia dell'attuale centrodestra. Uno scenario che si materializza proprio mentre si consuma l'ennesimo conflitto istituzionale di questa legislatura. Con il presidente della Camera e quello del Senato che - come già accadde qualche settimana fa sull'esame della riforma elettorale - danno vita ad una corsa su chi debba avere la precedenza nel dare la fiducia o la sfiducia.

Sta di fatto, che il voto dei deputati sarà comunque decisivo. E se le previsioni saranno confermate - in queste ore è però scattata la nuova compravendita di voti sia tra i senatori che nei corridoi di Montecitorio in grado di compromettere i pronostici - il Cavaliere sarà obbligato a salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni. A quel punto, gli schemi che finora hanno guidato la legislatura cambieranno completamente. E tutti quei parlamentari che considerano una sciagura il ricorso alle elezioni anticipate - come il pidiellino Beppe Pisanu - o chi non intende mettere in pericolo il seggio per i prossimi due anni, potrebbe optare per l'appoggio ad un nuovo governo, senza il Cavaliere e senza il Pdl.

Se il patto tra Berlusconi e Bossi si rinnoverà nella richiesta del voto in primavera, allora l'ultima chance per salvare la legislatura sarà rappresentata dal blocco formato dall'attuale minoranza insieme agli uomini di Futuro e libertà. Esattamente la condizione che il presidente del consiglio vuole scongiurare. Ma, appunto, la "parlamentarizzazione" della crisi fa venire al pettine tutti i nodi. Anche quelli che stringono il Cavaliere dinanzi alla prospettiva di lasciare Palazzo Chigi e di rivedere tutte le sue aspettative politiche.

(13 novembre 2010)

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

TUTTO, PER FORTUNA, QUESTO SFRACELLO PER ANDAR DIETRO ALLE PUTTANE E PUTTANELLE.