

BERSANI, VELTRONI, D’ALEMA E ALTRI 150 PARLAMENTARI RIUNITI IN UN SEMINARIO, CON L’EX PRESIDENTE DEL CONSIGLIO PROTAGONISTA
di Paola Zanca
Fango. Questa volta, quello vero. Il Pd per sporcarsi le scarpe sceglie l'Abbazia di Spineto, meraviglia incastonata tra le colline della Val d'Orcia. Non proprio terra di bassifondi, nemmeno luogo dove tenere le “orecchie a terra”, quelle che il segretario Bersani cita sempre quando vuol descrivere il partito che ascolta la gente. Qui l'Italia è lontana, molto lontana. I parlamentari del Pd hanno lasciato Roma con i pullman. Ritiro spirituale, ad ascoltare chi dalle beghe italiane è lontano, molto lontano. Il professor Romano Prodi non è tornato per “fare prediche”. Ma mentre loro erano qui a fare i movimenti dei
Temi “poco sexy”, confesserà qualcuno a lezione appena conclusa. Ma era stato lo stesso Prodi, prima di cominciare, a dire che non avrebbe raccontato cose allegre: “Tanto – aveva aggiunto – siete abituati alla tristezza, non aggravo il vostro stato d'animo”.
Racconta il mondo per quaranta minuti. Il tono della voce è quello di chi sta parlando con una platea che da quel mondo è fuori, e da un pezzo: “So benissimo che lo sapete bene, ma c'è differenza tra sapere queste cose, il loro valore sul lungo periodo, e quale atteggiamento tenere per vincere o perdere le elezioni”. Loro ogni tanto ridono, come quando senti una storia che non potevi immaginare. Tanto che alla fine, quando Prodi finisce di parlare, la decisione di Franceschini è lapidaria. Punizione: “Sopprimiamo il coffee break”. Disobbediscono i deputati Boccia e Orlando, che un minuto dopo si stanno già ingozzando di pasticcini e torte salate. Trasgredisce anche Rosy Bindi, ma solo per un bicchiere d'acqua. Finocchiaro, Melandri, Gentiloni tornano a casa. Bersani, Franceschini, Veltroni (eccezionalmente allergico ai giornalisti), Letta e D'Alema restano in sala. Immobilizzati da quel misto di devozione - “Noi Prodi non lo abbiamo rottamato mai, mai, mai”, scandisce Bersani – e di riconoscenza verso un padre che non si può lasciare solo. Lui, a finire rinchiuso ai giardinetti con i nipotini non ci sta: “Io nonno? Io vado in giro, faccio il professore”, dice, rafforzando le preoccupazioni del Pdl che teme la sua scalata al Quirinale. Ma Prodi giura che non è così: “Lasciamo stare, quello che scrive qualche giornale è un caso a sé. Sono qui perché il Pd è un progetto ancora valido, ma non cambio i miei programmi”.
La “festa”, come l'ha chiamata Bersani, è quasi finita. Forse non si è divertito, ma di certo è stata una giornata meno faticosa di quelle in cui tocca salire sui tetti. Che gli servisse una boccata d'ossigeno, lo capisci da come si è tuffato sul divano, prima che il convegno iniziasse: breve caminetto con Prodi e Franceschini, isolati dal resto del gruppo per tutto il primo pomeriggio.
Da domani, per usare le parole di Anna Finocchiaro, si ricomincia “a fare le cose che non facevamo da tempo”. Per esempio, scendere in piazza. Non solo l'11 dicembre: sabato, Bersani – che ieri ha incontrato il segretario della Cisl Bonanni – parteciperà alla manifestazione della Cgil. Prova generale di discesa nel fango, la prima ufficiale da quando è segretario.

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