giovedì 9 dicembre 2010

Buche & cubiste


di Luca Telese

II suicidio politico-mediatico di Gianni Alemanno è un caso di scuola.

Alemanno, che si era fatto apprezzare come ministro dell’Agricoltura, ha combinato un mezzo disastro a Roma: la sparata sulla demolizione dell’Ara Pacis (prima conferenza stampa, subito rimangiata), il suo assessore che organizza il compleanno della figlia nell’inaccessibile Arancera comunale (sostenendo, patetico, che era “aperta a tutti”), il sublime concorso discrimina-“handicappati” (che, si legge nel bando, “non sono come noi”), ora la storia grottesca di cubiste, ex camerati e capi-scorta assunti col concorsino. Alè.

Sembrava l’uomo nuovo. Aveva preso voti di sinistra in borgata e inaugurava una stagione post ideologica: esaltava la sua sensibilità “sociale” contro l’insostenibile leggerezza della sinistra radical chic.

Purtroppo è diventato un sindaco con codazzo e lista d’attesa dei clientes.

Non fa in tempo a dire una cosa che già se la rimangia.

Prova a raddoppiare le rette degli asili.

Improvvisa un mestiere non suo – il mediatore tra Fini e B. – con esiti disastrosi.

A me Alemanno era (ed è) simpatico. Diceva che avrebbe curato le periferie, cancellato la cultura dell’effimero. Ha vinto sulla sicurezza, cavalcando l’omicidio Reggiani e strapazzando il Rutelli del braccialetto-sicurezza.

Oggi si ritrova una città piena di delitti da copertina, con un’ordinaria amministrazione molto peggiorata, tra buche ammazza-motorini e differenziata-fantasma.

Tutto quel che andava bene è stato ridimensionato. Di lui si ricorda l’idea forte della Formula Uno a Roma (!) e il progetto-panzana della Disneyland ciabattona. Alemanno esordì menando fendenti sull’architetto Fuksas, proseguì con una clamorosa riconciliazione e ora si scopre che i tempi di consegna della “Nuvola” saltano. Veltroni ebbe il fegato di piazzare il countdown sull’Auditorium per rendere pubblico l’impegno sui tempi. Al confronto della Roma buia e un po’ strapaesana di Alemanno, la Roma veltrona delle notti bianche è Parigi. A dispetto della critica sull’effimero, i luoghi pubblici della città – dalla Casa del cinema a quella del Jazz al teatro di Proietti – restano quelli di Veltroni.

Non c’è un solo nastro, un solo progetto forte che in due anni e mezzo raccontino un’idea semplice di città della destra.

Solo gli amici piazzati e le idee folli, tipo abbattere Tor Bella Monaca.

Se questa è la concretezza, meglio l’effimero.

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