mercoledì 29 dicembre 2010

E John Elkann?


di Furio Colombo

Uso il titolo di un film-documentario sulla Fiat e sugli Agnelli, autore Giovanni Piperno. Il tema era: una storia interrotta da un “pezzo mancante” nel corso delle generazioni, una sventura che colpisce gli Agnelli due volte. Con la morte del giovane Giovanni, figlio di Umberto. E con il suicidio di Edoardo, figlio di Giovanni. Il terzo pezzo manca adesso.

È l'incomprensibile assenza o silenzio o assenso o innaturale accordo con chi gli sta portando via la fabbrica. Parlo dell'attuale presidente della Fiat, e azionista di riferimento, John Elkann.

Perché ha scelto di non esistere mentre si discute di portare via da Torino ciò che resta della Fiat, di portarla nell'ambito della semi-fallita Chrysler? Perché si sente solo la voce fin troppo festosa del sindacalista Bonanni, purtroppo incompetente della portata internazionale di ciò che sta accadendo, o del ministro Sacconi, che sta ancora vendicandosi, da ex craxiano, delle sue vecchie ferite?

John Elkann non può non vedere che la somma di tutte le umilianti vessazioni imposte da Marchionne - con il suo nuovo contratto - agli operai vale immensamente meno di un valido progetto di produzione, di un nuovo modello d'auto, di una serie di successi che interrompa i tristi anni di non vendite che sono il segno di Marchionne?

A Marchionne importa (l'ha detto) mettere al loro posto gli operai, non le auto. Credo che John Elkann ricordi, anche se era bambino, le parole con cui suo nonno Gianni Agnelli spiegava l'uscita della Fiat dal nucleare: “E' impopolare, nessuno lo vuole, un'azienda come la nostra non può essere antipatica”. Ecco che cosa accade adesso, in tre mosse antipatiche: il ricatto. I soldi ci sono, ma solo per chi cede senza condizioni. La minaccia: chi firma adesso deve accettare per sempre. L'esclusione preventiva: l'ingresso è riservato ai sudditi. Gli altri fuori. In Italia vuol dire “fuori dalla Costituzione”. Sul fondo, sostenuto da giornali berlusconiani che non possono sempre parlare di Fini, c'è il “modello americano”, di relazioni industriali. Come raccontano i Premi Nobel Stieglitz, Amartya Sen, Krugman, quel modello non esiste. E' stato del tutto smantellato fin dai tempi di Reagan. Nessun giorno di malattia è pagato, non solo i primi due. E nessuna cura medica. E' possibile che adesso sia John Elkann, il giovane cresciuto accanto all'”Avvocato”, quel nonno che non ha lasciato Torino neppure nei giorni tragici del terrorismo, il pezzo mancante?

3 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

MI PARE EVIDENTE: E' UN RAGAZZINO A VITA!

Francy274 ha detto...

ragazzino? mollusco a vita!

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

SONO D'ACCORDO!