mercoledì 1 dicembre 2010

I teoremi del gran bugiardo


di GIUSEPPE D'AVANZO

Berlusconi torna a parlare di complotto: "Qualcuno paga le ragazze per screditarmi", dice. Vero o falso? Abbiamo capito da qualche tempo che al fondo del "caso Berlusconi" c'è "una nuova civilizzazione" che abolisce l'idea stessa di verità. È un dispositivo che rende indifferente sulla scena politica l'attendibilità del premier.

Perché egli - abusando del suo potere e del conflitto di interessi che lo protegge - si può cucinare la verità come meglio gli conviene in quel momento, salvo poi prepararsene ancora un'altra, il giorno dopo. Quanto valgono le parole dette dal presidente del Consiglio? Vanno prese sul serio o liquidate con un'alzata di spalle? Bisogna decidersi. Non può sfuggire che le grida di Berlusconi - "È tutto falso, qualcuno paga quelle ragazze che raccontano dei festini" - siano il nucleo stesso di un sistema politico che cancella ogni distinzione tra vero e falso. Con quel grido il premier elimina, non solo le sue parole - appena ieri ci ha raccontato come quelle feste con venti, trenta giovani e giovanissime donne lo rilassino, "una, due volte alla settimana" - ma esige che siano cancellati i ricordi nella mente dell'opinione pubblica e i fatti concreti: le parole delle minorenni Noemi e Ruby; la memoria di Nadia e di Terry; addirittura le voci e le immagini raccolte da Patrizia. Berlusconi pretende che sia accettato il suo personale canone secondo il quale è vero ciò che egli dichiara vero. Punto. Nel suo mondo di cartapesta, la verità degradata a "credenza" dura un solo giorno e il Gran Bugiardo che l'ha fabbricata non può mai essere accusato di mentire perché ha abolito l'idea stessa di verità.

Sappiamo che per Berlusconi funziona così e tuttavia, per una volta, lasciamo in un canto la necessità di stabilire quanta menzogna possa sopportare una democrazia prima di collassare e prendiamo molto sul serio le sue parole.

Dunque, sostiene Berlusconi: quel che riferisce l'ambasciata americana di Roma al Dipartimento di Stato è falso. Non ci sono "festini", tanto più "selvaggi": "le ragazze che ne parlano sono pagate". Ora anche qui, lasciamo al senatore Gaetano Quagliariello la convinzione che Via Veneto copi Repubblica e dimentichiamo - come assicura chi ha avuto modo di consultare la corrispondenza diplomatica - che quelle informazioni sono state fornite ai diplomatici Usa da "ambienti della coalizione di maggioranza, del governo, del Parlamento e da ambienti dell'imprenditoria". Diamo per accertata la buona fede di Berlusconi quando rivela che c'è un qualche potere, "entità", manina, manona che paga quelle ragazze per accusarlo di una patologica satiriasi. È evidente che la storia non può finire qui, con una "verità" del giorno che sarà presto cancellata dalla "verità" del giorno dopo. Se c'è in giro - come giura il Cavaliere - chi paga delle prostitute o delle minorenni per calunniarlo, in gioco non c'è soltanto la rispettabilità del cittadino Silvio Berlusconi da Arcore, ma un interesse nazionale che obbliga lo Stato in tutte le sue articolazioni a proteggere il capo del governo; a fare luce sulla manovra che vuole screditarlo; a individuare i cospiratori che lo minacciano. A prendere molto sul serio il presidente del Consiglio, si deve credere che egli sia in grado di documentare le sue accuse.

Le storie dei suoi "festini" sono sotto gli occhi dell'opinione pubblica dall'aprile del 2009 quando divenne pubblica l'amicizia del settantaquattrenne Cavaliere con la minorenne Noemi Letizia. Si deve pensare che in questi mesi il capo del governo abbia messo sotto pressione i servizi segreti (magari anche spioni privati e non solo Niccolò Ghedini) per venire a capo delle ragioni di un rosario di eventi e confessioni che ha svelato abitudini personali che sono molto pericolose per uno statista. Si deve credere che l'intelligence gli abbia potuto offrire in questo tempo un quadro dello stato delle cose e magari anche il profilo o i nomi dei possibili cospiratori.

D'altronde, tra le tante "verità del giorno", appena due settimane fa, Berlusconi indicò nella mafia il mandante della crisi innescata dalle dichiarazioni di Ruby Rubacuori, la minorenne venuta dal Marocco: "Nessuno può negare - disse - che alcune delle cose che accadono siano una vendetta della malavita". Accusa che non ha più ripetuto. Ora pare giunto il momento di scoprire le carte, se carte ci sono nelle mani di Berlusconi. Il percorso non è tortuoso. Gli interlocutori del capo del governo, nella grammatica istituzionale, sono due: il Parlamento e la magistratura. Il capo del governo accetti di incontrare una buona volta il Copasir, come gli fa obbligo la legge. Sveli la trama che assedia la sua persona e il suo governo. Subito dopo, raggiunga una procura della Repubblica, magari quella di Milano dove è già aperta un'inchiesta contro coloro che conducono giovani donne alle feste di Arcore. Affidi ai quei pubblici ministeri i dossier che gli sono stati consegnati dall'intelligence. Confidi ai magistrati i suoi ricordi, le sue angosce, l'intuizione che di certo avrà su chi corrompe quelle ragazze per danneggiarlo. Nell'interesse del Paese, collabori a smascherare il complotto e i cospiratori. Offra il suo doveroso servizio alla sicurezza e all'integrità dell'Italia. Berlusconi non ha altre strade da percorrere a meno che non voglia essere considerato un uomo incapace di assumersi le sue responsabilità e un Gran Bugiardo.

(30 novembre 2010)

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