STEFANO CASELLI
La battaglia di un avvocato torinese: tutti dicono di volerla cambiare ma nessun politico ci ha mai appoggiato
Tra pochi giorni sarà di nuovo a Strasburgo per convincere
Non è l’estemporanea iniziativa di un temerario, sebbene a Strasburgo siano abituati ai ricorsi strambi, ma una riflessione sulla natura della legge elettorale italiana. La legge “porcata”, come graziosamente la chiamò il primo firmatario, violerebbe in maniera palese l’art. 3 del Protocollo addizionale della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo che recita: “Le Alte Parti Contraenti si impegnano ad organizzare (…) libere elezioni (…) tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo”. Eccolo lì il punto, la “scelta del corpo legislativo”, cioè dei membri del Parlamento. Con questa legge elettorale, si legge nel ricorso, “le elezioni (…) si svolgono mediante procedure che svuotano di ogni contenuto il principio secondo il quale ad ogni cittadino è assicurata libertà di scelta nella designazione dei rappresentanti del popolo, essendo esclusa ogni possibilità di indicazione della preferenza”, dunque un provvedimento che “sovverte radicalmente il principio della sovranità popolare”. In che altro modo potrebbe infatti definirsi una legge che “pena la nullità del voto” proibisce sulla scheda ogni indicazione diversa da “un segno nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta”? Il risultato, com’è noto a tutti, è un Parlamento di designati, scelti da quattro o cinque leader di partito, la cui elezione è garantita o resa impossibile dal posizionamento in lista. C’è n’è abbastanza, secondo Anetrini, per chiedere alla Corte di dichiarare la legge elettorale italiana “contraria all’art 3 del Protocollo addizionale della Convenzione europea sui Diritti dell’uomo e sanzionare
A ulteriore sostegno, il ricorso cita una sentenza della Corte costituzionale del
“Il ricorso alla Corte di Strasburgo – spiega Anetrini – era l’unico possibile, poiché le leggi elettorali in Italia non sono assoggettate ad alcun ricorso giudiziario; soltanto le Camere possono giudicare sulla legittimità dell’elezione dei loro membri”. C’è da aspettarsi una decisione in tempi rapidi? “La causa – prosegue l’avvocato – ha terminato la sua fase preliminare. Abbiamo depositato le nostre memorie e il governo italiano, che nel giudizio è controparte, ha fatto altrettanto attraverso un prefetto del ministero dell’Interno, che ha difeso la legge elettorale sostenendo che la normativa sia simile, se non uguale, a quella di molti altri Paesi firmatari della Convenzione, che favorisca le coalizioni e permetta risparmio di denaro, che favorisca la libertà dei parlamentari garantendo stabilità di governo. Argomentazioni un po’ zoppicanti, io credo”. Difficile, però, ignorare che le sentenze della Corte europea dei Diritti dell’uomo (a differenza delle decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea) hanno un’efficacia consultiva e non vincolante, al massimo possono obbligare gli Stati a sanzioni pecuniarie.
Ma Anetrini non si scoraggia: “Se
Dal Fatto Quotidiano del 4 dicembre 2010
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