sabato 4 dicembre 2010

“Il porcellum di Calderoli viola i diritti dell’uomo”


STEFANO CASELLI

La battaglia di un avvocato torinese: tutti dicono di volerla cambiare ma nessun politico ci ha mai appoggiato

Tra pochi giorni sarà di nuovo a Strasburgo per convincere la Corte europea dei Diritti dell’uomo che il ricorso che porta la sua firma necessita di essere discusso con urgenza. Mauro Anetrini, 52 anni, avvocato torinese, ci aveva già provato (invano) nel 2008, ma oggi, con la possibilità di nuove elezioni a breve, è opportuno tornare alla carica. Anetrini, infatti, che rappresenta due cittadini torinesi, chiede che i giudici di Strasburgo intervengano affinché in Italia “sia ristabilita la democrazia”.

Non è l’estemporanea iniziativa di un temerario, sebbene a Strasburgo siano abituati ai ricorsi strambi, ma una riflessione sulla natura della legge elettorale italiana. La legge “porcata”, come graziosamente la chiamò il primo firmatario, violerebbe in maniera palese l’art. 3 del Protocollo addizionale della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo che recita: “Le Alte Parti Contraenti si impegnano ad organizzare (…) libere elezioni (…) tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo”. Eccolo lì il punto, la “scelta del corpo legislativo”, cioè dei membri del Parlamento. Con questa legge elettorale, si legge nel ricorso, “le elezioni (…) si svolgono mediante procedure che svuotano di ogni contenuto il principio secondo il quale ad ogni cittadino è assicurata libertà di scelta nella designazione dei rappresentanti del popolo, essendo esclusa ogni possibilità di indicazione della preferenza”, dunque un provvedimento che “sovverte radicalmente il principio della sovranità popolare”. In che altro modo potrebbe infatti definirsi una legge che “pena la nullità del voto” proibisce sulla scheda ogni indicazione diversa da “un segno nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta”? Il risultato, com’è noto a tutti, è un Parlamento di designati, scelti da quattro o cinque leader di partito, la cui elezione è garantita o resa impossibile dal posizionamento in lista. C’è n’è abbastanza, secondo Anetrini, per chiedere alla Corte di dichiarare la legge elettorale italiana “contraria all’art 3 del Protocollo addizionale della Convenzione europea sui Diritti dell’uomo e sanzionare la Repubblica italiana intimandole di adottare una legge conforme alla Convenzione stessa”.

A ulteriore sostegno, il ricorso cita una sentenza della Corte costituzionale del 1975 in cui la Consulta si esprimeva su un tema analogo, optando per la “non rilevanza costituzionale” della libertà riconosciuta alle forze politiche di indicare un ordine discrezionale nella presentazione delle candidature in lista, proprio perché la legge riconosceva comunque la libertà di votare “questo o quel candidato prescelto attraverso il voto di preferenza”. In pratica, se anche un candidato veniva messo in basso in lista, la libertà di scelta – costituzionalmente tutelata dall’art. 49 della Carta – era garantita dal voto di preferenza, ora scippato ai cittadini.

“Il ricorso alla Corte di Strasburgo – spiega Anetrini – era l’unico possibile, poiché le leggi elettorali in Italia non sono assoggettate ad alcun ricorso giudiziario; soltanto le Camere possono giudicare sulla legittimità dell’elezione dei loro membri”. C’è da aspettarsi una decisione in tempi rapidi? “La causa – prosegue l’avvocato – ha terminato la sua fase preliminare. Abbiamo depositato le nostre memorie e il governo italiano, che nel giudizio è controparte, ha fatto altrettanto attraverso un prefetto del ministero dell’Interno, che ha difeso la legge elettorale sostenendo che la normativa sia simile, se non uguale, a quella di molti altri Paesi firmatari della Convenzione, che favorisca le coalizioni e permetta risparmio di denaro, che favorisca la libertà dei parlamentari garantendo stabilità di governo. Argomentazioni un po’ zoppicanti, io credo”. Difficile, però, ignorare che le sentenze della Corte europea dei Diritti dell’uomo (a differenza delle decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea) hanno un’efficacia consultiva e non vincolante, al massimo possono obbligare gli Stati a sanzioni pecuniarie.

Ma Anetrini non si scoraggia: “Se la Corte ci dà ragione, l’Italia deve adeguarsi. E qualora si tornasse a votare – garantisce l’avvocato – esiste la possibilità di ottenere un provvedimento di annullamento delle elezioni”. Quale sia questa possibilità, Anetrini preferisce, in questo momento, non svelarla: “Mi limito ad osservare – conclude – che questa legge la vogliono cestinare tutti, eppure la nostra iniziativa non ha ottenuto la minima attenzione da parte delle forze politiche”. In compenso, già 6.500 persone hanno aderito al profilo Facebook creato per sostenere il ricorso.

Dal Fatto Quotidiano del 4 dicembre 2010

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