LE DUE DONNE PRIMA CONSENZIENTI, POI A NOVEMBRE DECIDONO DI RIVOLGERSI ALLA GIUSTIZIA
di Alessandro Oppes
La lunga fuga di Julian Assange si è conclusa. Un arresto “consensuale” per il fondatore di Wikileaks, negoziato dai suoi avvocati con la polizia britannica dopo che il mandato di cattura internazionale emesso dall’Interpol aveva reso sempre più complicata la sua posizione. E anche se le accuse che gli vengono mosse – un caso di molestie sessuali denunciato da due giovani donne svedesi – formalmente non hanno niente a che fare con la bomba mediatica scatenata dall’esplosione del Cablegate, a nessuno è sfuggita la straordinaria tempistica di questa vicenda giudiziaria. Il 18 novembre (quando i 5 prestigiosi giornali internazionali avevano già ricevuto e stavano elaborando l’enorme mole di scottante materiale diplomatico che si preparavano a pubblicare) la procura di Stoccolma ha deciso a sorpresa la riapertura del dossier contro l’ex hacker australiano. L’indagine era partita due mesi e mezzo prima, eppure non sembrava che dovesse portare alla formulazione di pesanti accuse, tanto che ad Assange era stato consentito di lasciare
NONOSTANTE la procuratrice svedese, Marianne Ny, abbia più volte assicurato di non aver ricevuto “pressioni politiche di nessun tipo”, la vicenda giudiziaria del fondatore di Wikileaks continua a presentare parecchi lati oscuri, con risvolti degni di un intrigo internazionale. Il mandato di cattura si basa su una figura giuridica chiamata “sex by surprise”, compresa nella legislazione svedese sulla violenza sessuale e applicabile a “qualunque atto di costrizione vincolato al sesso”.
Secondo l’avvocato di Assange, Mark Stephens, si tratta di un delitto che – nel caso in cui venisse provato – può essere normalmente estinto con un multa di 715 dollari. Un po’ poco, insomma, per trattare l’ex hacker australiano alla stregua di un pericoloso terrorista, ricercato dalle polizie di tutto il mondo. Tanto più che il reato, previsto in Svezia, non è contemplato nel codice penale britannico e neppure in quello statunitense. I fatti per i quali Assange è accusato risalgono allo scorso mese di agosto, quando si trovava a Stoccolma per un seminario sul tema “Guerra e ruolo dei media”, organizzato dal Brotherhood Movement, un gruppo di ispirazione cristiana legato al partito socialdemocratico. La giornalista che curava l’ufficio stampa della conferenza, Anna Ardin, un passato da femminista radicale, si offrì di ospitarlo nel suo appartamento, sebbene prima non lo conoscesse. Quella sera, dopo cena, ebbero un rapporto sessuale durante il quale – entrambi lo riconoscono – il preservativo si ruppe. Sul momento la giornalista non sembrò dare importanza all’incidente, tanto che continuò a ospitare Assange a casa, e organizzò anche una festa in suo onore. Ma nei giorni successivi entra in scena un’altra ragazza, Sofia Wilden, ventenne di Jonkoeping, una cittadina a poche decine di chilometri da Stoccolma, fidanzata con l’artista statunitense Seth Benson. Vede Assange in tv e si propone di fare di tutto per conoscerlo. Così si presenta tra i volontari che lavorano all’organizzazione del seminario. L’incontro con il fondatore di Wikileaks ha subito l’effetto sperato.
LUI ACCETTA l’invito ad andarla a trovare a casa, e permette anche alla ragazza di pagargli il biglietto del treno (non aveva contanti e non voleva usare la carta di credito). Julian e Sonia fanno sesso due volte, la prima con il preservativo, la seconda senza protezione, ma a detta di Assange in modo consenziente. Sembra che debba filare via tutto liscio. Ma poi la giovane ci ripensa e si spaventa, almeno così dice. Una volta tornata a Stoccolma parla con Anna, e scopre che anche lei ha avuto l’incidente del condom rotto. È a questo punto che le due donne si coalizzano e decidono di presentarsi in tribunale. Violenza, stupro? No, niente di tutto questo.
L’unico rimprovero che viene mosso ad Assange è quello di essersi rifiutato di sottoporsi, dopo i rapporti avuti con le ragazze, a una prova per accertare se era affetto da Hiv o da altre malattie veneree. Un “ménage à trois” pagato a caro prezzo.
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