sabato 4 dicembre 2010

Lo sforzo del Colle per frenare il caos


FEDERICO GEREMICCA

Le Borse che tremano, i partiti che tramano, la Camera che chiude, gli studenti sui tetti, il Pd che va in piazza: e come se non bastasse, i micidiali report di Wikileaks che avvelenano i pozzi. L'Italia entra così - e non potrebbe dunque entrarci peggio - nella settimana che precede l'annunciatissimo big bang del 14 dicembre, martedì, festa di San Giovanni. Tensione e nervosismo che si tagliano a fette. Tensione, nervosismo e invasioni di campo: che hanno di nuovo costretto il Quirinale - ieri a tarda ora - a ricordare i propri poteri e le proprie prerogative in tempo di crisi.

Non tocca ai partiti, dunque, fissare la data delle elezioni; non tocca a loro stabilire se, come e quando sciogliere le Camere. E non tocca a loro nemmeno - Costituzione alla mano - indicare il nome del futuro ed eventualissimo nuovo presidente del Consiglio. Il Colle stavolta ha scelto la via soft della nota super ufficiosa («Negli ambienti del Quirinale si apprende...») perché non è questo il tempo di nuovi bracci di ferro e di ulteriori scontri. La parola d'ordine, anzi, è raffreddare il clima, abbassare la tensione e affrontare con calma e responsabilità l'atteso passaggio parlamentare del 13 e 14 dicembre. Certo che se altri dessero una mano...

La data fatidica dunque si avvicina e al Colle si annotano i segnali distensivi (pochi) e i continui lanci di benzina sul fuoco (molti e quotidiani). Tra i primi vanno annoverati - nulla ancora d'ufficiale, s'intende - il possibile slittamento a gennaio della decisione della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento, questioni sentitissima dal premier e fonte di sospetti e nervosismi. La coincidenza col dibattito parlamentare (la Corte ha fissato da tempo le sue udienze per i giorni 14 e 15 dicembre), il fatto che il premier ed i suoi legali saranno impegnati in Parlamento e la necessità di eleggere un nuovo presidente, pare stiano orientando i vertice dell'Alta Corte ad un rinvio della discussione
alla prima seduta utile di gennaio. E' una decisione con la quale la politica non c'entra niente, naturalmente: ma se maturasse, sgombrerebbe temporaneamente il campo almeno da un problema. Il resto, invece, è un affastellarsi di polemiche grevi e di tensioni. Al Quirinale si considera il livello di guardia assai vicino. Del resto, quando un parlamentare e coordinatore del Pdl (Verdini) giunge ad affermare che «il presidente ha le sue prerogative ma noi ce ne freghiamo» c'è poco da aggiungere. Si continua a sperare, naturalmente, in una qualche iniziativa che riporti il confronto a livelli decenti; si continua a ripetere «non si può arrivare al 14 così, qualcosa accadrà»: ma anche al Colle - ormai - non ci sperano quasi più. Del resto, grazie ai pochi e malconci ambasciatori rimasti a far la spola tra i due palazzi (Napolitano e Berlusconi di fatto non si parlano più) una via per riportare la crisi su binari normali era stata individuata. Ma il premier pare non volerne sapere...

Nella sostanza, una soluzione poteva (può) esser celata proprio nella contestualità non perfetta dei dibattiti e delle votazioni che avranno luogo al Senato e alla Camera il 13 e il 14. La prima aula a votare sarà quella di palazzo Madama, dove è certo che il premier otterrà una larga fiducia. A quel punto (ed evitando il voto di sfiducia praticamente certo dell'aula di Montecitorio) Berlusconi potrebbe salire al Colle per riferire al capo dello Stato la situazione, dimettersi e prospettare - però - l'intenzione di provare a formare un nuovo governo: in un caso così, un reincarico largamente possibile, se non addirittura certo. Ma Berlusconi (nonostante le insistenze di Gianni Letta,
consigliere del quale il premier pare fidarsi sempre meno) non sembra intenzionato a seguire questa via, preferendo - come al solito - il muro contro muro.

Se nulla accadrà nella settimana che sta per aprirsi, dunque, in campo non resteranno che le compravendite di deputati, il voto della Camera praticamente al buio e possibili tensioni al momento difficili da immaginare. E in un caos fatto di minacce di elezioni, speranzedi governi tecnici e parole a vuoto, toccherà a Napolitano indicare la via. Saranno giorni certo non facili per il presidente: un presidente - questa è la sensazione - che alcuni temono forse troppo e nel quale altri forse sperano ugualmente troppo...

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