sabato 11 dicembre 2010

L’ombra di Publitalia e l’illuminazione di Catone





AFFARI RISERVATI: UN ALTRO FINIANO VA CON B. ALTRE “TENTAZIONI” NELL’ITALIA DEI VALORI

di Paola Zanca

“Condizioni meteo rendono rischioso arrivo certo per voto di fiducia martedì mattina. Predisponete arrivo a Roma lunedì, annullando ogni iniziativa”. L’sms, ricevuto da tutti i deputati Pd, porta la firma del capogruppo Dario Franceschini.

In questi 160 caratteri si racchiude tutto il senso di una legislatura appesa a un voto. Al massimo a due.

Il governo Berlusconi regge o cade così.

Negli uffici dei gruppi parlamentari nessuno azzarda previsioni precise: elenco dei deputati alla mano, tutti hanno chiaro che basta una testa per cambiare le sorti della legislatura. E con il “calciomercato” (parola del presidente Fini) in pieno svolgimento non c'è da stare tranquilli.

Ieri, ad annunciare che non voterà la sfiducia al governo, è stato Giampiero Catone, deputato finiano. Tre ore dopo era già seduto a fianco di B. ad un concerto. Titolo dell’iniziativa: “Sostieni le mie mani”. Si riserva di rilasciare “importanti comunicazioni” lunedì, nella sede del quotidiano di cui è direttore politico, La Discussione. E i maligni insinuano che a fargli cambiare idea – era uno dei firmatari della mozione di sfiducia – sia stata proprio una proposta relativa al suo giornale: a occuparsi della raccolta pubblicitaria, d’ora in poi, potrebbe essere la potente (e berlusconiana) macchina di Publitalia.

Così, dopo “il mutuo” dell’ex Idv Antonio Razzi che si appresta a sostenere il governo con NoiSud (in un video datato settembre spiegava che Berlusconi aveva tentato di comprarlo estinguendo il suo debito per la casa), e dopo l’uscita dal partito di Di Pietro anche di Domenico Scilipoti, sul quale grava un decreto ingiuntivo da 200 mila euro, ecco un’altra delle poste in gioco che potrebbero aver convinto gli indecisi. D’altronde, era stato Massimo Calearo – un altro dei deputati che hanno lasciato l’opposizione, e che per ora è “orientato all’astensione” - a spiegare in un’intervista al Riformista che il voto del 14 si può comprare con “una cifra che va dai 350mila ai 500mila euro, al netto della promessa di un’eventuale rielezione”.

Bruno Cesario – il terzo fondatore del Movimento per la responsabilità nazionale, insieme a Scilipoti e Calearo – è “ferito” dalle accuse di essersi venduto. “Potete chiamarmi traditori, criticarmi quanto volete, ma dire che mi sono fatto pagare no”. Eppure, potrebbe esserci anche il suo nome tra la decina di casi di presunta corruzione che il leader Idv Di Pietro ha presentato alla Procura di Roma.

A Saverio Romano, ex Udc, ora sostenitore del Pdl con i suoi Popolari per l’Italia di Domani, viene “da ridere”. Eppure lui, in queste ore è uno dei più attivi della “triade”, come la chiama qualcuno ricordando i tempi di Luciano Moggi alla Juve. Dicono che Romano abbia tutti i numeri sotto controllo. Lui si schernisce, ma ammette: “Non so se arriveremo a 316, so solo che l’opposizione arriva al massimo a 308”. Cinque di meno, dunque, dei 313 ufficiali che dovrebbero votare la sfiducia a Berlusconi. Romano conta molto sulle defezioni dei finiani. Ed effettivamente, dopo Catone, potrebbero esserci altri ripensamenti. Lo stesso Catone ha annunciato che ci sarebbero “sette-nove parlamentari di Fli” che avrebbero chiesto in una lettera a Fini di avere “libertà di voto” martedì perché “non sarebbe democratico se decidessero solo Briguglio, Bocchino e Granata”. Da Fli smentiscono: quella di Catone è stata una mossa prevedibile, “da tempo non partecipava alle nostre riunioni”, ma sugli altri, nessuna preoccupazione.

Un altro dei pontieri è Francesco Pionati: è lui che ha convinto Maurizio Grassano a votare la fiducia. Oggi sarà a Napoli per una convention e Berlusconi lo omaggerà di un’altra telefonata in diretta. Insieme a Romano e Pionati, a tessere la ragnatela, ci sono il coordinatore Pdl Denis Verdini, Daniela Santanché e Francesco Nucara, il repubblicano che già in vista del voto di fiducia del 29 settembre aveva promesso di portare con sé un gruppo di 20 responsabili.

Poi, c’è il capitolo Guzzanti. A sorpresa, l’autore di Mignottocrazia è diventato l’ago della bilancia. Il suo telefono squilla a vuoto, ma è bastata una dichiarazione (“Se Berlusconi annuncia che abolirà il porcellum, avrà il mio voto”) per mettere tutti in subbuglio. Così come è successo con i Radicali, che hanno messo all’asta i loro sei voti alla Camera. In questo caso, sono quasi tutti certi di quale sia la contropartita: stare una settimana sui giornali, niente di più. Non è gente che si fa comprare dai soldi, dicono, e il governo non potrà offrire le aperture politiche che chiedono, pena la perdita di altri pezzi al centro. Ma le “imprevedibili” truppe di Pannella resteranno in bilico fino all’ultimo.

Tra i deputati si accettano scommesse: non diranno nulla fino alla seconda chiama.

Nel Pd, comunque sono convinti che alla fine i Radicali resteranno dalla loro parte: non a caso, hanno riservato a loro 4-5 minuti dei 40 a disposizione nella discussione generale.

Nessuna preoccupazione, giurano, nemmeno per i tre “popolari” che erano stati dati a rischio: “indecente” solo pensare che i deputati D’Incecco, Pepe e Ginoble possano non votare la sfiducia.

Muri a difesa anche di Pierfelice Zazzera dell’Idv. Ha smentito le indiscrezioni, ma nessuno ci aveva creduto.

Nessun appunto, invece, da Gaetano Porcino. Anche lui viene dato in uscita dall’Idv: dirigente presso il ministero degli Interni, c’è chi non fa passare inosservata il suo ruolo di vicecommissario di governo per la regione Piemonte.

Ancora aperta la questione gravidanze. Giulia Bongiorno non ci sarà. Il finiano Andrea Ronchi ha assicurato che la sua compagna Giulia Cosenza, incinta anche lei, sarà presente. Nel Pd scongiurano che la deputata Federica Mogherini non partorisca proprio martedì: il termine della sua gravidanza è il 13. Che nasca prima, o aspetti mercoledì.

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