Massimo D’Alema, esattamente come avevano fatto in casi analoghi Silvio Berlusconi e i suoi collaboratori, smentisce il contenuto dei cablogrammi dell’ambasciata Usa, pubblicati daWikileaks. L’ex presidente del Consiglio assicura di non aver mai detto, nel luglio del 2007, all’ambasciatore Ronald Spogli che la ”la magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano“.
È molto difficile credergli.
I dispacci tra le ambasciate e Washington vengono redatti ad uso interno. L’amministrazione americana richiede che siano precisi e circostanziati perché anche sulla base di quelle informazioni viene poi decisa la politica estera Usa. La pretesa (di Berlusconi e D’Alema) di dipingere le feluche statunitensi come un gruppo di imprecisi pasticcioni, soliti riassumere a casaccio il contenuto degli incontri con i loro interlocutori, fa quindi sorridere.
Nel caso di D’Alema, poi, basta veramente poco per capire come quelle parole sulla magistratura siano state da lui effettivamente pronunciate.
Nell’estate del 2007 D’Alema, Nicola
Il contenuto dei nastri, del resto, dimostrava come tra gli uomini della Quercia ci fosse stato chi era intervento a piedi uniti nella competizione tra banche. Primo tra tutti D’Alema che, tra le altre cose, era arrivato a offrire un aiuto al big boss di Unipol Giovanni Consorte per convincere uno dei protagonisti economici della vicenda (Vito Bonsignore, allora eurodeputato Udc) a non intralciare il suo assalto alla Banca Nazionale del Lavoro. Il tutto in cambio di una mai precisata “contropartita” politica.
Insomma leggendo le carte era facile accorgersi che D’Alema, durante i mesi delle scalate, non si era limitato a fissare le regole del gioco per poi osservare la partita economica da fuori, come dovrebbe fare la politica. E che nemmeno si era limitato a tifare per uno dei contendenti, come per due anni aveva sostenuto. Era invece sceso in campo di nascosto e aveva tentato di dare una mano a Consorte per buttare la palla in rete.
Un comportamento sconcertante che, una volta scoperto, aveva suscitato imbarazzo e rabbia nell’elettorato di centrosinistra. E che aveva portato D’Alema e una parte dei Ds a reagire con toni e argomentazioni speculari a quelle utilizzate da Berlusconi.
Quando le intercettazioni erano state messe a disposizione degli avvocati e le prime indiscrezioni erano state riportate dai giornali, Il Corriere della Sera e
Poi D’Alema si era presentato al TG5 e, dopo aver ringraziato Fini, Casini e Berlusconi per “le parole molto misurate” sullo scandalo Unipol, aveva tra l’altro affermato: “Si vuole indebolire il sistema politico e si cerca di colpire la forza più consistente di questo quadro politico“.
Insomma se questo era quello che il leader diessino dichiarava pubblicamente (per poi rincarare la dose qualche settimana dopo, al momento della richiesta di utilizzo delle intercettazioni) ci si può davvero sorprendere se all’ambasciatore Spogli ha detto: “La magistratura è la più grande minaccia allo Stato italiano?“. Ovviamente no.
Su una cosa però D’Alema ha ragione. Una minaccia allo Stato italiano c’era e c’è ancora. È quella rappresentata dal rapporto malato tra politica e affari. Un rapporto che ha sì il suo massimo rappresentante in Silvio Berlusconi, il super imprenditore che si è fatto presidente del Consiglio. Ma che attraversa in varia misura tutti i movimenti politici.
Nel 2007, proprio partendo dallo spunto fornito dalle intercettazioni, all’interno dei Ds ci fu chi tentò di parlarne. Per esempio un padre nobile della Quercia come Alfredo Reichlin o il riformista Andrea Ranieri. Ma nelle direzioni del partito furono entrambi zittiti. “La questione morale non esiste“, dicevano i vertici.
Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti. Nonostante la crisi del berlusconismo, nonostante gli scandali che attanagliano il governo, il centrosinistra non riesce a guadagnare consensi. Tra l’originale (Berlusconi) e la copia (le cosiddette opposizioni) gli italiani che ancora votano, continuano a scegliere l’originale.
Gli altri invece restano a casa. Ma per capire il perché non serve Wikileaks. La cronaca, purtroppo, basta.
domenica 26 dicembre 2010
Massimo D’Alema tra minacce e bugie
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5 commenti:
SPUTTANAMENTO: CE N'E' PER TUTTI, SALVO (DA SOTTOLINEARE) ANTONIO DI PIETRO E L'IDV.
Che miseria. Si sapevano già queste cose ma rileggerle fa una rabbia... Altro che decreto sul conflitto di interessi, questi gli interessi li sottraggono a noi ogni giorno di più.
CHE DIRE: NON HA TERMINATO LA SCUOLA NORMALE DI PISA, VELTRONI HA UN DIPLOMA DI SCUOLA MEDIA SUPERIORE, BERTINOTTI E' PERITO INDUSTRIALE.
MA VADANO A DAR DAR EL CUL!
eheheheheh... sono pure tirchi Luigi,quelli non danno niente :DDDD
TRISTEMENTE VERO!
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