MARIO CALABRESI
Mi sono trovato davanti una generazione che si sente inascoltata e a cui dobbiamo dare risposte». Nelle ore in cui la nuova riforma dell’Università diventa legge, Giorgio Napolitano ragiona sulla protesta giovanile che per giorni ha occupato il dibattito politico italiano, mettendo al centro «il tema dell’ascolto, della capacità della politica di tornare a comunicare con i più giovani». E' un chiodo fisso del Presidente - che lo ripeterà anche la prossima settimana nel suo discorso di fine anno - quello di dare «valide risposte ad un malessere crescente fatto di disoccupazione e precarietà», accentuato dalla crisi economica e dal divario crescente tra Nord e Sud.
Il Capo dello Stato già ragiona sulle sfide del 2011, quando celebrerà il primo secolo e mezzo dell’Unità d'Italia chiedendo al Paese di avere memoria ma di guardare avanti e tornare a progettare un futuro. Il Presidente della Repubblica, l'altroieri sera, ha aperto le porte del Quirinale ad una delegazione di ragazzi perché proprio loro sono il futuro già tra noi e ora racconta: «Li ho accolti perché la loro protesta non era stata sporcata dai segni della violenza. Sono venuti da me dopo una giornata molto tranquilla, e questa era la condizione preliminare per ogni dialogo». Una condizione posta lunedì scorso, nel discorso alle alte cariche dello Stato: «Sono stato chiaro: i giovani hanno il diritto di manifestare e protestare ma devono tenere fortemente le distanze da quei gruppi che sono portatori di una intollerabile illegalità e violenza distruttiva.
Mi sembra che abbiano capito che sarebbero finiti nell’angolo, in un "cul de sac", se avessero incoraggiato o anche tollerato una violenza come quella della settimana prima, e il fatto che quegli episodi non si siano ripetuti è importante». Così per un’ora e mezzo dodici studenti si sono seduti intorno al Presidente nel suo studio e hanno raccontato la loro opposizione alla legge di Mariastella Gelmini: «Nel dialogo con loro ho trovato tratti di ingenuità ma buona fede e dobbiamo renderci conto che non è solo il problema di una legge ma è il problema di una generazione». Un messaggio, Giorgio Napolitano, vuole lanciare ora che la riforma è passata, le manifestazioni finite e pure un anno segnato da polemiche e scontri terribili sta per andare in archivio: «Oggi mi sento di dire che gli studenti che protestano, e che ho ricevuto, sentono e pongono soprattutto il problema dell'avere voce, del veder ascoltate, considerate e discusse le loro preoccupazioni, le loro esigenze e le loro proposte.
E tutti noi che abbiamo responsabilità nelle istituzioni e nella politica dobbiamo capire che sono, al fondo, le preoccupazioni di una generazione cui è ormai chiaro, nella percezione di molti, quali incognite presenti per essa il futuro». La necessità di dare risposte, e questo è l’altro cavallo di battaglia del Presidente da settimane, è legata alla stabilità che deve essere funzionale però a una «efficace azione di governo» e a un lavoro parlamentare che «sia produttivo». Se gli si chiede come può riuscire a svolgere serenamente il suo ruolo mentre il mondo politico è preda di continue guerre, risponde candidamente: «L’unica cosa è cercare di non farsi travolgere dalle scosse, dai problemi e dalle novità che si accavallano ogni giorno e provare a guardare lontano».
Il Presidente della Repubblica si prepara ad un anno intenso, che lo vedrà protagonista e motore delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il primo appuntamento sarà già il 7 gennaio a Reggio Emilia con
Così prova ancora a spronare il governo affinché «faccia sentire la propria voce e diventi finalmente protagonista della festa della nazione, perché - ripete - non è mai troppo tardi e si può ancora recuperare». L’importanza dell’unità sarà al centro del discorso di fine anno insieme alla centralità dell’Europa: «Un tema che sembra essere scomparso dall’agenda politica italiana ma che andrà a condizionare qualsiasi sbocco della crisi italiana». Appare incomprensibile, al Presidente, l’incapacità di pensare «europeo» in un momento in cui l’intreccio tra la crisi indotta dall’accelerazione della globalizzazione, le tempeste monetarie e la crisi finanziaria rappresenta ancora un rischio forte anche per l’Italia.
«Per questo è necessario tenere la guardia alta», per questo nei suoi atti e nei suoi discorsi Giorgio Napolitano ha messo la stabilità al centro e ha sottolineato i tempi fisiologici di durata di una legislatura. Ma se chi governa ha tempo davanti lo deve usare con efficacia, «con la massima serietà», pensando alla riduzione del debito pubblico e allo sviluppo. E questi concetti lo riportano a parlare dei giovani, della necessità di trovare soluzioni sostenibili e di lungo periodo per il Paese che lasceremo in eredità alle prossime generazioni, perché nel momento in cui si ripensa il Welfare e le risorse sono scarse bisogna mettere bene in chiaro quali sono le priorità e i bisogni dell’Italia.
I Palazzi della politica ormai hanno chiuso per le ferie, per qualche settimana il rumore degli scontri potrebbe calare, ma il Presidente non riesce a pensare alle vacanze, dice che prima di riposarsi deve preparare il discorso agli italiani di fine anno. Poi sarà l’anno nuovo, cominceranno le celebrazioni dei 150 anni e l’attività politica riprenderà e subito ci sarà la sentenza della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento. Napolitano invita tutti alla serenità, alla calma e ad evitare fughe in avanti, da parte sua continuerà ad applicare la regola d’oro di non farsi travolgere dalle scosse.
1 commento:
STRABILIANTE! B. HA 'ARMI TERMONUCLEARI' E N. LO CONTRASTA CON I 'FUCILI A TAPPO'! ROBA DA COMICHE DEL FILM MUTO.
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