domenica 5 dicembre 2010

"Non tratto, chi mi ricatta il 14 si pentirà" Il Cavaliere riapre la caccia agli incerti


di CARMELO LOPAPA

"Non è più il tempo di trattare. Non tratto con chi vuol solo ricattare e farmi fuori. Fiducia o elezioni subito". Silvio Berlusconi stronca qualsiasi velleità diplomatica delle sue "colombe". Rientrato in Italia, lavora tra Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli prima di volare in serata a Milano, e la lunga serie di telefonate con ministri, sottosegretari e dirigenti Pdl contengono un unico messaggio. E non è un messaggio di apertura a Gianfranco Fini, "che ha ridotto la terza carica dello Stato al rango di capofazione: avevo ragione nel chiederne le dimissioni".

Il premier riprende in mano le redini della crisi. Incontra il prefetto di Napoli, ma il pomeriggio lo dedica dallo studio della sua residenza a quell'arte della persuasione nella quale ritiene di eccellere. Gli avversari lo chiamano "calciomercato". Sta di fatto che il Cavaliere si è riappeso alla cornetta del telefono come di consueto nei momenti critici per un'ultima manovra di avvicinamento alle pedine centriste e finiane che ritiene ancora "recuperabili". "I nomi non li facciamo, non diamo questo vantaggio, ma la sorpresa per il cosiddetto terzo polo sarà amara, il 14 dicembre: le firme alla mozione le hanno messe i capigruppo non i deputati" spiega un ministro che ha sentito Berlusconi galvanizzato. Ma distinguere tra propaganda e realtà, nelle ricostruzioni di queste ore, è arduo.

Quel che è certo è che Berlusconi avrebbe fatto a meno dell'uscita spregiudicata di Verdini sul capo dello Stato. In una fase delicata come quella attuale, tutto desidera "meno che avere contro il Quirinale". Detto questo, ha fatto rilanciare ai La Russa, Gasparri, Napoli e altri che, con tutto il rispetto per le prerogative del Colle, loro puntano dritto al voto se sfiduciati. Tant'è che il capo del governo non ha richiamato pubblicamente - e sembra neanche privatamente - il suo coordinatore, al contrario di quanto alcuni big del partito avrebbero sperato. A cominciare dall'ala più moderata del Pdl che fa capo ai ministri e dirigenti di "Liberamente", che ha bollato il "ce ne freghiamo" del coordinatore toscano "un rischioso autogol". Privo di conseguenze, tuttavia. Il premier si sarebbe irritato molto di più, spiega chi lo ha sentito, per l'accenno fatto da Cicchitto in mattinata a una trattativa possibile con finiani e Udc sulla riforma elettorale. Non tanto perché, puntuale, ha provocato lo stop spazientito della Lega (con Calderoli), ma perché lo stesso Berlusconi si è ormai convinto, con buona pace di
Gianni Letta, che con i terzopolisti non bisogna più dialogare.

Ha corretto la linea nella telefonata fatta al teatro napoletano affollato agli ex udc ora "Popolari per l'Italia di domani". E ancor più poi sentendo al cellulare il loro leader,
Saverio Romano. "La spunteremo anche alla Camera, vedrai. Altro che trattativa: intanto votino la fiducia e poi ragioniamo - sono state le parole di Berlusconi -. Io ai ricatti non cedo e certo non mi dimetto". E ancora: "Avevo ragione nel chiedere le dimissioni di Fini. Sentito? Ha trasformato la terza carica dello Stato in un capofazione". E il Cavaliere resta convinto che "quella ammucchiata, che non va oltre il 12 per cento, ha solo l'ambizione di spartirsi Quirinale e Palazzo Chigi".

I finiani però restano sereni, forti di quota 85 della mozione di sfiducia. Sarà davvero inattaccabile? "Il presidente può anche fare le sue telefonate, ma la situazione non cambierà" dice il coordinatore Fli
Adolfo Urso. È sui numeri che si gioca la sfida. Ma il 317 sbandierato da Fini e Casini "non sta in piedi", sostiene il sottosegretario Daniela Santanché, che sul rafforzamento della maggioranza lavora da tempo: "La loro è una guerra psicologica, vorrebbero far credere al capo dello Stato di essere in grado, proprio con quei numeri, di dar vita a un nuovo governo. Ma l'unico progetto politico che hanno è mandare a casa Berlusconi. E falliranno". Domani si apre la lunga settimana di vigilia, che il premier trascorrerà tra Arcore e Roma, con una puntata forse a Napoli. Per poi concentrarsi sul discorso che leggerà alle Camere.

(05 dicembre 2010)

Nessun commento: