domenica 9 gennaio 2011

Bossi e Maroni: veto sul federalismo "Ma con il Cavaliere non si rompe"


CLAUDIO TITO

"Il testo del decreto è quello, non si può modificare". La Lega blinda il "suo" federalismo. Teme la "trappola" e chiude i battenti. Con una sola precauzione: "Non entrare in rotta di collisione con Berlusconi".

La "cena degli ossi" in Cadore non è stato un ordinario appuntamento per archiviare le feste natalizie e riavviare la macchina del governo. Per
Umberto Bossi e l'intero stato maggiore della Lega è stata l'occasione per disegnare la road map dei prossimi mesi. Elencare le priorità del Carroccio e dell'esecutivo soprattutto in vista di questo "delicato" gennaio. Soprattutto studiare le mosse per non farsi paralizzare dalla "palude romana" senza far crollare il castello di aspettative che il Cavaliere si è costruito nelle ultime settimane.

E già, perché i progetti del premier sono più tortuosi di quelli esposti dal Carroccio. L'inquilino di palazzo Chigi vuole fare di tutto per evitare il voto anticipato. "Almeno per un anno", ha spiegato all'"amico Umberto". Fino alla primavera del 2012: per avere il tempo di ricostruire un rapporto con Pier Ferdinando Casini e evitare l'"ingorgo istituzionale" previsto nel 2013:
elezioni, nuovo governo e nuovo presidente della Repubblica nel giro di un mese. Perché è proprio sulla successione a Giorgio Napolitano che Berlusconi pianifica ogni decisione. E i leghisti, adesso, lo hanno capito.

Dopo il summit di Calalzo e la telefonata con il Cavaliere, il Senatur ha infatti chiamato a raccolta tutti i "big" del Carroccio: da Maroni a Calderoli, da Giorgetti a Zaia. Con loro ha sviscerato problemi e inquietudini. Il sentiero è "molto stretto". Perché "noi non dobbiamo cedere nemmeno di un millimetro sul federalismo" ma non possiamo nemmeno entrare in rotta di "collisione" con Berlusconi. Sapendo, però, ha spiegato il ministro degli Interni Maroni a un collega del Pdl, che
"il 21 o in commissione passa il testo del decreto che attua il fisco municipale o salta tutto". Ma su quel provvedimento adesso pesa la ferrea logica dei numeri: nella commissione bicamerale che dovrà esprimere il parere, il centrodestra non ha la maggioranza. L'ago della bilancia è rappresentato dal finiano Mario Baldassarri. "Lui - ricordano Calderoli e Maroni - ha sempre votato con noi, ci aspettiamo che lo faccia passare. Ma solo lui può decidere cosa fare".

Le certezze leghiste di recente sono diventate meno granitiche. Fli e Udc hanno iniziato ad alzare l'asticella della trattativa introducendo nuovi fattori:
quoziente familiare e cedolare secca sugli affitti. Argomenti che il Carroccio non considera compatibili con il decreto. "Con l'attuale situazione economica - ha fatto ancora notare il responsabile del Viminale nei contatti con esponenti della maggioranza - non è pensabile immaginare un intervento sul fisco. Non credo che ci possano essere spazi di manovra, ora, sul testo". Quindi, "o il federalismo passa o salta tutto". E per farlo passare, oltre al sì di Baldassarri, "non sono da escludere altre soluzioni".

Ma, in ogni caso, i problemi in larga parte resterebbero insoluti. "C'è il problema della navigazione quotidiana", ha osservato il ministro degli Interni negli ultimi incontri con la base leghista. A cominciare dal decreto Milleproroghe. Che deve affrontare anche l'ostacolo della commissione Bilancio di Montecitorio. Nella quale il centrodestra non può contare sulla maggioranza. Una situazione che Bossi gradisce poco. Ma che nello stesso tempo non vuole fare esplodere. "Nessuna rottura con il premier", ripete ad ogni piè sospinto.

Anche perché sa che il Cavaliere punta alle elezioni nel 2012. "Possiamo farcela - è il ragionamento fatto nell'ultima telefonata con il Senatur - possiamo allargare un po' la maggioranza. Anche perché nessuno vuole votare: né Casini, né Fini, né Bersani". Il presidente del consiglio è convinto di poter contare "di volta in volta" sui voti di centristi, futuristi o democratici. "Ho bisogno di tempo per stringere un'intesa con Pier". Nella consapevolezza che l'Udc non entrerà mai adesso in maggioranza. Ma nel 2012, con le elezioni, qualcosa può cambiare. Sul tavolo, osserva da qualche giorno Berlusconi, ci sarà "Palazzo Chigi e il Quirinale". "Adesso questo non vale e comunque l'Udc in questo momento si presenterebbe alle urne come terzo polo. Il patto si può chiudere solo dal 2012 in poi. Facendolo maturare e facendo in modo che le due scadenze non siano troppo distanti: non potrei fidarmi dei democristiani se l'intesa va incassata dopo oltre due anni".

Programmi di cui Bossi è consapevole e non vuole assumersi la responsabilità di farli saltare.
Se non in presenza di uno scoglio insuperabile come la bocciatura del federalismo. Anche per questo, il ministro delle riforme ha fatto sapere di essere pronto a "trattare" con l'opposizione. "Ma senza rompere con Berlusconi - conferma ai suoi Maroni -. Anche le presunte tensioni con Tremonti non provocheranno fratture".

(09 gennaio 2011)

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