UGO DE SIERVO
Due interrogativi di Sabino Cassese sul legittimo impedimento. E s'intorbida la giornata degli avvocati di Berlusconi. E cambia in peggio, per il Cavaliere, il toto voto alla Corte 1. Ora sarebbero otto i giudici pronti a bocciare totalmente o in parti sostanziali la legge che doveva garantirgli la tregua giudiziaria. Ancora cinque vogliono tenerla in piedi. Due sono incerti. Ma ieri, appena aperta l'udienza pubblica, grande ressa di giornalisti da tutto il mondo, i sei minuti del professor Sabino Cassese, il docente di diritto amministrativo relatore sui ricorsi dei giudici di Milano contro la legge ponte, ha costretto tutti, i 14 colleghi, Niccolò Ghedini e Piero Longo (i legali di Berlusconi), Michele Dipace e Maurizio Borgo (avvocati dello Stato), a riflettere sulle anomalie della norma.
LEGGI Il documento: la legge sul legittimo impedimento 2
Premette Cassese che, domani, su due questioni dovranno pronunciarsi gli alti giudici: "l'ambito" della legge e i poteri di controllo del giudice. Agli avvocati, chiede in sequenza: "I fatti e gli eventi individuati come ipotesi di legittimo impedimento sono indicati in modo specifico o generico?". Ancora: "Residuano poteri di controllo del giudice? E questi poteri possono svolgersi sulla sussistenza del fatto-evento oppure anche sulla concomitanza?". Sono i dubbi che, sin dall'approvazione, giuristi e costituzionalisti hanno sollevato. Sono quelli che hanno spinto i giudici di Milano dei tre processi di Berlusconi a ricorrere alla Corte contestando il "privilegio", la "prerogativa", la sostanziale immunità riconosciuta al premier con una legge ordinaria.
Tutti gli impegni di un presidente del consiglio costituiscono legittimo impedimento? Pure "le attività preparatorie e consequenziali e quelle co-essenziali"? Un singolare neologismo quest'ultimo, partorito con la legge. E il giudice, ricevuto il certificato di palazzo Chigi, "rinvia" sic et simpliciter? Ore dopo l'intervento di Cassese irrompe nel dibattitola Pd Donatella Ferranti che, di fronte a Berlusconi che diserta la seduta del consiglio dei ministri per incontrare Storace, dichiara: "Comunque vada alla Corte, d'ora in poi gli sarà difficile usare le sedute del consiglio come assoluto, legittimo e permanente impedimento a comparire nei processi". Aggiunge l'ex segretaria del Csm: "Finalmente un elemento di chiarezza, nessuno nelle istituzioni è insostituibile, e non tutti i Cdm costituiscono, a priori, un legittimo impedimento". Massimo D'Alema rincara: "Si tolga di mezzo questa legge-abuso".
Posto il quesito di Cassese, agli avvocati resta una strada in salita. Ghedini e Longo, camice azzurre con gemelli d'oro, ci provano, ma non convincono. Quando parla Longo un giudice s'addormenta più volte. Ghedini subito ringrazia per il rinvio di dicembre, quando lui, deputato, e Longo, senatore, erano alle prese col voto di fiducia. Un mese guadagnato. Con l'intercalare veneto, quel "vedano" ripetuto sei, sette volte, difende la legge: "Essa non abroga né sostituisce il 420 ter del codice di procedura penale (il legittimo impedimento ordinario, ndr.), ma lo tipizza". Garantisce "la leale collaborazione offerta nei processi". Per sé dichiara: "Sono un fermo sostenitore dell'obbligatorietà dell'azione penale". Ma non fa sconti sui tempi della giustizia, considerati i quali "il rinvio di un mese o di tre o quattro è del tutto fisiologico". La "speditezza" non è certo un criterio prioritario. Tanto più che "la prescrizione è ferma". Quanto ai giudici essi "potevano interpretare la legge, anziché venire alla Corte" perché la legge non vieta loro di "sindacare" gli impegni. Longo rincara: "Il giudice può chiedere qualsiasi delucidazione, il suo potere di accertamento è intatto, nulla gli è precluso". Però egli "non può entrare nel merito degli impegni nel rispetto della divisione dei poteri". Serviva una legge costituzionale? No, replica Longo, "il bilanciamento dei valori" s'è sempre fatto con norme ordinarie. L'avvocato Dipace sostiene entrambi: "intatto" il potere del giudice, "nessuna sospensione ma solo un rinvio", ma certo "il giudice non può sindacare se proprio quel giorno c'è un Cdm". Perché "notoriamente" premier e ministri "hanno una posizione diversa dagli altri cittadini". Su questo, domani, si pronunceràla Corte. Che oggi si dedica solo ai referendum.
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Premette Cassese che, domani, su due questioni dovranno pronunciarsi gli alti giudici: "l'ambito" della legge e i poteri di controllo del giudice. Agli avvocati, chiede in sequenza: "I fatti e gli eventi individuati come ipotesi di legittimo impedimento sono indicati in modo specifico o generico?". Ancora: "Residuano poteri di controllo del giudice? E questi poteri possono svolgersi sulla sussistenza del fatto-evento oppure anche sulla concomitanza?". Sono i dubbi che, sin dall'approvazione, giuristi e costituzionalisti hanno sollevato. Sono quelli che hanno spinto i giudici di Milano dei tre processi di Berlusconi a ricorrere alla Corte contestando il "privilegio", la "prerogativa", la sostanziale immunità riconosciuta al premier con una legge ordinaria.
Tutti gli impegni di un presidente del consiglio costituiscono legittimo impedimento? Pure "le attività preparatorie e consequenziali e quelle co-essenziali"? Un singolare neologismo quest'ultimo, partorito con la legge. E il giudice, ricevuto il certificato di palazzo Chigi, "rinvia" sic et simpliciter? Ore dopo l'intervento di Cassese irrompe nel dibattito
Posto il quesito di Cassese, agli avvocati resta una strada in salita. Ghedini e Longo, camice azzurre con gemelli d'oro, ci provano, ma non convincono. Quando parla Longo un giudice s'addormenta più volte. Ghedini subito ringrazia per il rinvio di dicembre, quando lui, deputato, e Longo, senatore, erano alle prese col voto di fiducia. Un mese guadagnato. Con l'intercalare veneto, quel "vedano" ripetuto sei, sette volte, difende la legge: "Essa non abroga né sostituisce il 420 ter del codice di procedura penale (il legittimo impedimento ordinario, ndr.), ma lo tipizza". Garantisce "la leale collaborazione offerta nei processi". Per sé dichiara: "Sono un fermo sostenitore dell'obbligatorietà dell'azione penale". Ma non fa sconti sui tempi della giustizia, considerati i quali "il rinvio di un mese o di tre o quattro è del tutto fisiologico". La "speditezza" non è certo un criterio prioritario. Tanto più che "la prescrizione è ferma". Quanto ai giudici essi "potevano interpretare la legge, anziché venire alla Corte" perché la legge non vieta loro di "sindacare" gli impegni. Longo rincara: "Il giudice può chiedere qualsiasi delucidazione, il suo potere di accertamento è intatto, nulla gli è precluso". Però egli "non può entrare nel merito degli impegni nel rispetto della divisione dei poteri". Serviva una legge costituzionale? No, replica Longo, "il bilanciamento dei valori" s'è sempre fatto con norme ordinarie. L'avvocato Dipace sostiene entrambi: "intatto" il potere del giudice, "nessuna sospensione ma solo un rinvio", ma certo "il giudice non può sindacare se proprio quel giorno c'è un Cdm". Perché "notoriamente" premier e ministri "hanno una posizione diversa dagli altri cittadini". Su questo, domani, si pronuncerà
(12 gennaio 2011)
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