GIAN ENRICO RUSCONI
Sin tanto che al suo fianco rimangono i Letta, i Tremonti, i Bossi, e la gerarchia ecclesiastica si limita ad ammonire con toni alti ma politicamente elusivi, Berlusconi ce la farà anche questa volta. Al resto penserà una comunicazione mediatica selvaggia, creando nei prossimi giorni grande confusione. Poi c’è la complicità di una classe politica di maggioranza che è terrorizzata dall’idea di «andare a casa». E da ultimo c’è l’invincibile ostilità verso la sinistra di una parte considerevole dell’elettorato che la rende ricettiva della campagna contro la magistratura.
Il destino di Berlusconi non è deciso dalla questione morale, ma dalla concretezza degli interessi in gioco. E questi interessi sono per il mantenimento del Cavaliere a Palazzo Chigi. Ogni altra alternativa fa paura più della sua totale perdita di credibilità. I berlusconiani e i beneficiari del suo sistema di governo non si sentono ancora tanto forti da fare a meno di lui. Soprattutto perché ora lo tengono in pugno. Alzeranno il prezzo del loro sostegno.
Il resto lo farà l’incredibile impotenza dell’opposizione politica, inesorabilmente minoritaria e strutturalmente divisa. Se questo è il quadro politico, ci resta soltanto la vergogna.
Tra qualche settimana si ricomincerà da capo, con il tira e molla del Terzo Polo su come condizionare il governo, con i leghisti che manipoleranno il federalismo in chiave secessionista, con i cattolici preoccupati soltanto del pacchetto dei loro «valori non negoziabili»? Oppure qualcosa è cambiato irreversibilmente?
Un fatto è certo: il governo berlusconiano sopravviverà intensificando la contrattazione con due suoi punti di appoggio indispensabili. Uno interno,
Il paradosso è che
Siamo ridotti ad una democrazia contrattata. Mai come in coincidenza del 150° anniversario della sua fondazione, come Stato unitario, l’Italia appare una «nazione contrattata». Al Nord una Lega nervosa e ricattatrice patteggia, a suon di concessioni fiscali e cedimenti simbolici con un governo debolissimo, per decidere quanta e quale nazione siamo ancora e saremo.
Berlusconi che vuole sopravvivere ad ogni costo (mai espressione è stata più corretta) è magari già disposto a fare di Arcore la seconda residenza ufficiale del governo dopo Palazzo Chigi, pur di essere sempre il premier. Bossi, che sta giocando la carta più difficile della sua carriera, gli ha detto in faccia di «riposarsi». Ci penserà lui a sistemare le cose, ormai da leader virtualmente nazionale: se il suo progetto federalista vuol avere un futuro, deve fare i conti non solo con il Terzo Polo ma con la stessa sinistra.
Rimane l’enigma Tremonti. Il ministro intende piegare la sua politica nazionale di rigore finanziario agli interessi di una parte che non nasconde le sue tentazioni secessioniste? Intende avallare un federalismo come paravento del governo del Nord e dal Nord sull’intera nazione? Chiesa permettendo, naturalmente. Si sta preparando ad una nuova Italia contrattata?
4 commenti:
INTERROGATIVI ANGOSCIOSI E ANGOSCIANTI.
Finalmente un articolo concreto e logico sulle manovre dei potenti, politici e clerici insieme. Altro che Massimo Fini che si attacca alle liane della ipocrisia cattolica. La penso come Rusconi da due anni ormai. B.non ce lo toglie neanche la morte, è un dato di fatto, gli interessi finanziari sono troppi per questa massa di ignobili.
Guarda come è stata accolta la notizia dell'arresto di Totò Cuffaro. Ora che ci sarebbe da esultare, gli italiani tacciono. Vedono forse all'orizzonte la fine di uno stato di cose in cui ci sguazzano meravigliosamente fra lamenti e accuse?
Neanche il coraggio di imitare i tunisini, visto mai dovessero darsela a gambe questi potenti tanto cari a una popolazione di frignoni!!
Lui non mollerà mai, ha provato l'insano piacere che da il potere. Chi lo circonda è della sua stessa pasta, senza alcuna etica morale e civica.
Sono compiaciuto per le vostre osservazioni. Quando ho letto questo articolo sono rimasto folgorato dalla sua organica e irrefutabile analisi. Mai successo prima d'ora.
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