di Bruno Tinti
C’è un amico che saccheggio tutte le volte che posso. Si chiama Antonio Carlucci, è stato un alto dirigente Fiat ed è persona di intelligenza e cultura eccezionali.
Quando mi serve capire qualcosa nel mondo dell’economia (ma non solo) chiedo a lui. Adesso ho idee molto più chiare su Fiat, Fiom, Marchionne, contratti e referendum. Secondo me non è male condividerle.
Chrysler è in agonia quando arriva Fiat; nessuno la vuole e Obama non può che accettare il progetto Marchionne: allarghiamo gamma modelli e rete commerciale. Per farlo servono soldi e sacrifici; i soldi, tanti, ce li mette Obama e i sacrifici li fanno gli operai: meno salario e più lavoro. Perché accettano? Il fatto è che, in America, pensioni e assistenza medica sono aziendali: se l’azienda fallisce i lavoratori non perdono solo la paga ma anche pensione e assistenza; e là le Asl non ci sono. E siccome c’era il sindacato unico aziendale, decidere è stato facile. Obama a questo punto, diventato proprietario del pacchetto azionario Chrysler (i soldi ce li ha messi lui), ne dà il controllo al sindacato: siete i responsabili della fabbrica, datevi da fare. Sicché adesso il controllo di Chrysler non ce l’ha Fiat, ce l’ha il sindacato unico dei lavoratori Chrysler. Che ha naturalmente interesse a far funzionare il progetto Marchionne (alternative non ce n’è), altrimenti addio lavoro, pensione e assistenza.
A questo punto perfino io ho capito che, per un lavoratore Chrysler, a salario ridotto, orario aumentato, rischio pensione etc, che i cugini italiani possano contrattare condizioni economiche migliori, godendo già in partenza di pensione e assistenza sanitaria garantite, non gli sta bene: se nel gruppo Fiat Chrysler ci sono risorse tali da privilegiare i lavoratori italiani, allora almeno dividiamole; oppure, credo che ragionino così, investiamole nella fabbrica e ai colleghi italiani applichiamo lo stesso trattamento che ci siamo beccati noi. E ovviamente non è che Marchionne possa discutere: il controllo di Chrysler ce l’ha il sindacato unico aziendale. Che fa, dice scusate mi sono sbagliato e macchina indietro?
Ma il mio amico mi ha spiegato anche un’altra cosa. In Chrysler sindacato unico aziendale, tutti allineati e coperti, quello che si decide si fa.
E in Fiat
Ecco perché Marchionne è così determinato: il problema non è Mirafiori, è la sopravvivenza del gruppo. Alla fine, la crisi dell’auto è una pacchia per Marchionne; non ci fosse stata l’avrebbe dovuta inventare. Con la crisi, l’omologazione dei lavoratori italiani a quelli americani dovrebbe riuscirgli, Fiom o non Fiom. Per dire, uno sciopero in questa situazione non lo fa nessuno; e se lo fanno, si danno la zappa sui piedi: perdita di consenso, emarginazione definitiva. Adesso tutto questo può non piacere: però, come diceva Lenin, “i fatti sono testardi”.
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