Pubblico qui sotto alcuni stralci dell'intervista che ho rilasciato al settimanale "Gli Altri".
Perché dovremmo credere ancora alla politica? Ce lo dica lei.
Bisogna ammettere che la legge della giungla ha creato tanti proseliti, e che oggi fa più paura il berlusconismo di Berlusconi stesso. Ad andare in metastasi è il sistema culturale del paese. Ci sono state molte persone che nel vedere la compravendita di parlamentari godevano assieme a loro. Ora, rispetto a questa metastasi del paese, sono tre le reazioni possibili: 1) chiudersi in se stessi (ma significherebbe che a scegliere non sei più tu, ma qualcun altro); 2) fare la presa della Bastiglia (che escluderei); 3) creare una alternativa di centrosinistra per evitare il ritorno al regime. Se questa alternativa non si coagula, si ritornerà al ’68. La violenza che abbiamo visto per le strade il 14 dicembre scorso (non giustificabile) non è la causa, ma l’effetto. Dobbiamo credere ancora alla politica, ad una politica senza compromessi, se non vogliamo abdicare al caos.
Quali sentimenti le suscita una figura come quella di Nichi Vendola?
È una figura positiva della politica riformista con cui bisogna confrontarsi e allearsi. È chiaro che né Antonio Di Pietro né Nichi Vendola possono avere l’arroganza di pretendere di essere autosufficienti. Dobbiamo avere l’umiltà di pensare che non tutto gira attorno a noi ed è indispensabile creare alleanze con altre forze politiche.
Sia da destra che da sinistra si tende a trattare il Pd come un unico blocco morto, “’na specie di cadavere lunghissimo” (per citare il titolo di uno spettacolo di Gifuni e Bertolucci). Ma è pur sempre un partito del 26 per cento. Sono cadaveri tutti quelli che ci stanno dentro?
Se rappresenta il 26 per cento del paese, vuol dire che c’è una parte del paese che non vuole il berlusconismo e si rifarà alle migliori idee liberali, laiche e popolari. È importante dare ascolto all’elettorato. Vede, fuori dal Pd e dentro il Pd si possono fare e dire tante cose diverse, ma per quel che mi riguarda aspetterò fino all’ultimo giorno utile per veder realizzare un’unica coalizione formata da Pd, Idv e Sel. Ogni giorno che passa è un giorno perso in cui qualcuno va a cercare la luna nel pozzo. Ma la luna nel pozzo non c’è mai stata.
E il terzo polo?
Il terzo polo si giustifica perché non sta né con la destra né con la sinistra. Piacerà o no ai deputati del Pd, ma all’ultimo momento Casini declinerà l’offerta.
Nel caso invece Casini non declinasse l’invito, l’Idv arriverebbe a prospettare le primarie anche senza Pd?
Le primarie hanno un valore solo se sono concepite come punto d’arrivo di un progetto comune di partiti e programmi. Bisogna pensarci bene a come fare le primarie; soprattutto nel caso in cui si andasse alle elezioni anticipate e si dovesse fare tutto in quaranta giorni, il rischio della farsa è alto. L’Italia dei Valori è comunque favorevole a trovare una soluzione in grado di rendere le primarie uno strumento effettivo.
Ecco, i programmi. Anche nel suo messaggio di fine anno, ha scelto di rivolgersi a tutti i lavoratori delle principali industrie e fabbriche italiane che oggi sono in difficoltà. Il tema del precariato è presente in molti programmi elettorali, non soltanto in quello dell’Idv. Lo chiedo a lei che si è sempre messo dalla parte del cittadino, del destinatario del messaggio: come fruitore di messaggi elettorali, come faccio io a distinguere il vero dal falso, l’intenzione propagandistica dal sincero coinvolgimento?
È come andare a Messa. Provi ad ascoltare l’omelia di un prete che racconta una storia a cui non crede neanche lui, e poi le parole di un missionario che conosce le cose di cui parla. Credo che non sia difficile percepire la differenza. È anche la storia personale di ciascuno di noi quella che più è in grado di raccontare un programma. Io ho cominciato da giovanissimo. Quando facevo il muratore, cercavo di fare il muro dritto. Quando facevo il poliziotto, cercavo di arrestare i delinquenti. Quando facevo il magistrato, mi sforzavo di accertare la verità. Adesso che faccio politica, cerco di difendere le classi sociali più deboli. Per sua definizione, la politica non può essere vista come un’attività imprenditoriale.
Guardando indietro, alla stagione di Mani Pulite e al ruolo inevitabilmente controverso che come magistrato ha assunto nella storia contemporanea italiana, c’è qualcosa che rivedrebbe?
Che possano esserci stati degli errori di valutazione, è nell’ordine naturale delle cose umane. È per questo che si prevedono, da che mondo è mondo, tre gradi di giudizio, perché sei occhi vedono meglio di due. In natura, sbaglia soltanto chi lavora. Solo chi non fa niente non fa errori. Per aver fatto un processo, io ne ho dovuto subire 352, di cui 320 come parte lesa e una trentina come soggetto indagato. E ho sempre vinto, considerando la vittoria non come una vittoria ai punti. Quello che non condivido è l’aver criminalizzato l’opera dei magistrati. Se ci sono stati dei magistrati criminali, è perché erano criminali prima che magistrati.
Nella tradizione di pensiero del centrosinistra, il garantisimo ha sempre avuto più diritto di cittadinanza del giustizialismo…
Il garantismo è la cosa più stupida che esista. Solo la garanzia è una cosa seria. Le garanzie processuali sono sacrosante e vanno rispettate. Mentre il garantismo, come tutti gli “ismi”, è una degenerazione culturale. Non si può, in nome del garantismo, non applicare la giustizia. Ogni tanto in carcere ci scappa il suicida. Ma cosa dovrebbe fare il magistrato? Per stare tranquillo, non dovrebbe più arrestare nessuno. Ogni volta che qualcuno si toglie la vita, è una sconfitta per le istituzioni, ma non può ogni volta il magistrato rinunciare a fare il proprio lavoro.
L’affermarsi di un immaginario berlusconiano è stato il frutto di un lavoro lento e meticoloso. Con tanti modelli simbolici che si sono insediati nel paese. Tutto questo noi non lo possiamo ignorare o archiviare sotto il file “sottocultura”. Abbiamo, invece, il compito di costruire un modello meno retorico e più sincero, ma di uguale peso simbolico.
Credo che la costruzione di un modello culturale alternativo abbia bisogno dei suoi tempi. Il modello del berlusconismo è entrato nell’immaginario collettivo anche per l’abuso che Berlusconi ha fatto dei mezzi di comunicazione. Non tutti hanno ancora capito che Berlusconi si è messo in politica per ragioni personali, per sfuggire alla giustizia. Anche il fenomeno del bullismo nelle scuole è figlio di questo modello basato su un’idea di incolumità e spregiudicatezza. Credo che ci vorrà molto tempo per fondare una nuova etica. Questo è il momento della semina. E poi, non lo dovrei dire io, ma una delle ragioni per cui una figura come quella di Vendola colpisce, sta proprio nel fatto che è in grado di incarnare l’idea di un sogno alternativo.
Un sogno che non soltanto demolisce, ma insieme fabbrica, guarda avanti…
All’interno dell’Italia dei Valori ci stiamo molto interrogando sul giorno dopo, sul day after. In effetti sentiamo anche noi questo compito: passare da modelli negativi da abbattere a modelli positivi da costruire. È per questo che abbiamo preso le difese degli operai della Fiom. Se si accetta questa involuzione nelle pratiche dei diritti civili e del lavoro, si finirà con l’accettare che le leggi del mercato si estendano non solo all’economia ma ad ogni sfera della vita sociale, ad ogni forma di coscienza. È un ragionamento che faccio da cristiano, non da comunista.
Nella sua amara lettera di dimissioni da direttore del “Riformista”, Antonio Polito ventilava “l’ultimo giro di valzer” per la carta stampata. Cosa significherebbe, per voi politici, la morte di questa tradizionale forma di dialogo quotidiano?
Io penso che con la tecnologia bisogna necessariamente fare i conti. Più si va avanti e più il sistema dell’informazione globale sarà travolgente e coinvolgente. Quello che non riusciranno a fare i politici e i giornali, riuscirà invece a fare la rete. No, non vedo in modo drammatico la trasformazione dell’informazione dalla carta stampata alla comunicazione “one to one”. Io sono stato tra i primi ad usare la rete, il blog. Detto questo, ogni mattina non posso fare a meno di comprare i miei dieci giornali quotidiani. Se non li leggo tutti dalla prima all’ultima pagina, non sto bene.
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