sabato 29 gennaio 2011

Ora il Cavaliere si gioca la carta del rimpasto


UGO MAGRI

Il grande Gaber che cantava «far finta di essere sani» torna in mente quando si ascoltano i piani di riscossa berlusconiana. Il Cavaliere vuole far credere che nulla è perduto, si procede esattamente com’era deciso allargando la maggioranza, riformando la giustizia, esorcizzando la crisi. I suoi discorsi privati non si scostano di una virgola dagli sfoghi pubblici, l’ultimo ieri col video-messaggio anticipato qualche ora prima in Consiglio dei ministri. Con Berlusconi che intorno al tavolo ovale prende subito la parola e, tra sguardi interdetti, giura: tutto procede al meglio, «abbiamo vinto in Parlamento 7 volte consecutive». Il governo scoppia, ma di salute.

Nessun accenno di autocritica, un vero panzer. «Procede a tutto vapore», tenta di stargli dietro Bonaiuti. E Ruby, come la spiega agli intimi? Anche con loro il Cavaliere sbraita: «E’ tutto un complotto, solo una montatura». Quando l’altra sera un gerarca ha buttato lì che forse la Chiesa meriterebbe qualche cenno di attenzione, magari la promessa di stare più attento in futuro, non l’avesse mai detto! Silvio s’è irrigidito con occhi furenti: «Io non ho nulla da rimproverarmi, le mie cene sono sempre molto eleganti». Nessuno ha insistito più.

Ora ha in mente di cominciare con il rimpasto.
I posti vacanti sono 12, alcuni di molto peso: 2 ministri, 3 vice ministri, 7 sottosegretari. Vuole usare le poltrone per acchiappare qualche altro deputato. Però deve procedere con cautela. Se decidesse di assegnare le caselle tutte in una volta, soddisferebbe certi appetiti, senza dubbio, però scatenerebbe l’ira degli esclusi, e ciò non gli conviene. Per cui farà solo qualche nomina, in modo da mostrare che dà le carte e scatenare dunque una specie di riffa per le poltrone rimaste. Già la prossima settimana potrebbe premiare la Destra di Storace con un posto da sottosegretario per Musumeci, cosicché tanti altri aspiranti (lui conosce l’animo umano) non tarderanno a mostrarsi. Nel frattempo forse si chiarirà la sorte di Bondi, che resta dubitoso sul proprio futuro, medita di tornare al partito. Nel qual caso si libererebbe una cadrega in più da mettere all’asta.

C’è chi studia proposte ambiziose, e lui le incoraggia: dal ritorno all’immunità parlamentare, alle primarie obbligatorie per legge (un modo per far scoppiare le contraddizioni nella sinistra, povero Bersani). Altri vellicano gli istinti del Capo suggerendo bagni di folla che poi però abortiscono, tipo la manifestazione del 13 febbraio a Milano: cento pullman da riempire in quattro e quattr’otto, salvo contrordine perché le manifestazioni contro i pm a favore della Minetti non piacciono al Colle, tantomeno a Bossi (i suoi in piazza non ce li porta sicuro).

Viene in mente Gaber poiché i primi a non credere nella propaganda sono proprio i berlusconiani. Quelli ai posti di comando. Compresi ministri di rango. Si adeguano ai voleri del Capo, nessuno certo lo tradirà, quantomeno adesso.

Non c’è un 25 luglio dietro l’angolo, con l’arresto di Mussolini. Però aleggia lo stesso disfattismo, la stessa sensazione di una guerra perduta. «Per ora piove forte, anzi diluvia», è l’opinione di molti, «ma tra poco arriverà la grandine».
Foto. Intercettazioni. Dio non voglia, retate. Si salvi chi può. E «in quelle condizioni al voto non potremo di certo andare». Il fantasma del governo senza Berlusconi torna a volteggiare. Mentre l’astuto Casini, guarda un po’, torna a difendere la dignità della politica contro le invasioni di campo dei pm: una scialuppa per chi si vorrà salvare.

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