sabato 8 gennaio 2011

PONTE SULLO STRETTO LO SPRECO INFINITO



La Società è costata fino ad oggi 450 milioni di euro

di Sandra Amurri

La storia del Ponte sullo Stretto di Messina, 3.300 metri, il più lungo del mondo, è anche quella dell’opera più costosa e foriera di spreco di soldi pubblici mai messa in cantiere. Con un preventivo iniziale di 6,3 miliardi di euro, già lievitato a 8, dimostra quanto possa arrivare a costare ai cittadini la propaganda. La società Stretto di Messina Spa (Sdm) è stata fondata nel 1981, ma i costi partono dal 1971 quando una legge definì il ponte “di interesse nazionale” e venne istituito un concorso internazionale di idee. In dieci anni sono stati macinati 373 milioni di lire. Dalla costituzione della Sdm Spa a oggi si sono spesi altri 420 milioni di euro (900 miliardi di lire). Somma che, se consideriamo l’inflazione, non rende il senso del flusso di denaro pubblico. A cui si deve aggiungere la cifra fin qui pagata al contraente generale Eurolink (associazione di imprese, capofila Impregilo ), che non ci è dato conoscere perché alla nostra domanda non è seguita alcuna risposta. Impregilo, presieduta da Massimo Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano (voluto da Tremonti, ex pro-diano ora bossiano), domina il mercato delle Grandi Opere (inceneritori, autostrade), sta nell’Alta Velocità, ma non solo. Grazie al suo assetto societario - che vede gruppi imprenditoriali finanziari con le mani sull’editoria, da Benetton a Gavio a Ligresti - gode di un consenso trasversale alle maggioranze che di volta in volta sostengono i vari governi. La realizzazione del Ponte, se mai si farà, avverrà con prestiti erogati dalle banche, garantiti dallo Stato.

Le autostrade siciliane e calabresi in rovina

L’OPERA, assicura il governo Berlusconi, verrà inaugurata nel 2016. Per ora è una vera macchina mangiasoldi che a distanza di oltre 20 anni non ha prodotto nulla. La sola opera collaterale è lo spostamento della ferrovia a Cannitello (non ancora terminato), progetto che nasce indipendentemente dalla realizzazione del Ponte anche se viene spacciato come collegato. Fiumi di denaro mentre mancano le risorse per affrontare le penose condizioni in cui versano strade e autostrade calabresi e siciliane, tanto da indurre i sindaci dell'area ionica a minacciare le dimissioni in massa per lo stato di abbandono della SS106. Nonostante le proteste del movimento No Ponte e degli stessi amministratori, che chiedono l'ammodernamento e la messa in sicurezza della SS106, dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria (ristrutturazione iniziata nel ‘98), il potenziamento delle linee ferrate, il governo continua a rilanciare il Superponte con sempre nuovi annunci. Il tutto in assenza di un progetto esecutivo. E questo accade contro ogni studio serio finora realizzato. Nel 2001 una ricerca commissionata dal governo di centrosinistra ha stabilito che la metà delle persone che attraversano lo Stretto sono pendolari.E l’80% dichiara che non usufruirà del ponte. I camion usano sempre più le navi e la tendenza del traffico automobilistico (dati forniti dall’Autorità portuale) è in diminuzione.

Le metropolitane del mare che non ci sono

MA NONOSTANTE questo, il ponte sullo Stretto viene finanziato su previsioni di crescita del traffico, non avallate da alcuno studio scientifico, che oscilla tra il 10% e il 30%, entro il 2012: il piano di rientro finanziario infatti si basa sul numero di veicoli che lo attraverseranno. Ma la soluzione per risolvere un traffico che è solo locale - in quanto quello su grande distanza si è già spostato sugli aerei (dall’85 al 2005 vi è stato un incremento del 3000%) - sarebbe realizzare una metropolitana del mare, una serie di barche-bus per collegare 24 ore su 24 Villa San Giovanni a Messina. Basti pensare che nel 1992 la Sicilia era collegata al Nord da 12 treni a lunga percorrenza: oggi ce ne sono appena due. In barba a quel che ripete Berlusconi nel salotto di Bruno Vespa, i cittadini siciliani, per sentirsi più italiani, non hanno bisogno del Ponte, bensì di vie di collegamento più moderne ed efficienti di quelle che oggi li costringono a impiegare 10 ore per andare da Napoli a Catania.

La società Stretto di Messina. Costituita nel 1981, ha dapprima sede a Roma al n.19 della centralissima via Po, 3600 metri quadrati su quattro piani, attico, seminterrato e giardino, costo 75 mila euro al mese di affitto incassato dalla srl Fosso del Ciuccio, immobiliare della Cisl. Poi arriva Prodi, che chiude i rubinetti di questo spreco inaudito di soldi pubblici, non finanziando l’opera. Ma la società non viene chiusa: cambia soltanto sede, trasferita in via Marsala. Sede più piccola (1200 metri quadrati), ma più costosa al metro quadro (600mila euro l’anno - 50mi-la euro al mese). L’Anas (azionista di maggioranza con l’82%) la affitta da Grandi Stazioni di cui è azionista Sintonia (gruppo Benetton), che controlla Atlantia, cioè Autostrade per l’Italia, che a sua volta detiene attraverso Igli un terzo di Impregilo (la capofila di Eurolink, cioè dell’associazione di imprese che comprende la giapponese Ishikawajima, la spagnola Sacyr ecc…), per poi subaffittarla a Sdm. Il canone - come ci fa notare l’ufficio stampa - comprende per fortuna le utenze elettriche, la gestione degli impianti, dei servizi di portineria, di guardia e di pulizia. Quarantanove dipendenti, di cui solo otto distaccati dall’Anas e da società controllate e quattro collaboratori con contratti a progetto. Ma nel 2008, quando cade il governo Prodi e torna Berlusconi, il Ponte riciccia in cima all’agenda politica: si riaprono i contratti e viene fissata l’inaugurazione per il 2016. Commissario straordinario: Pietro Ciucci, già presidente della Sdm e contemporaneamente presidente dell’Anas, nominato da Prodi e riconfermato da Berlusconi. Ciucci, il cui compenso sfiora il milione di euro, svolge il ruolo di controllore e controllato, in pratica controlla se stesso.

Dal 1981al 31 dicembre 2009 la Società Stretto di Messina è costata 173 milioni di euro in investimenti per la ricerca, studi di fattibilità, progettazione di massima e preliminare, nonché avvio e conclusione di quattro gare internazionali. Sono previsti ulteriori investimenti per circa 110 milioni per il progetto definitivo - da non confondere con quello esecutivo - più volte annunciato ma che nessuno ha ancora visto. A cui si aggiungono altri oneri di progettazione per opere collaterali affidate a grandi archistar internazionali come Liberschind (il progettista delle Due Torri). Basti pensare che è stato speso oltre 1 milione e 600 mila euro in pubblicità per partecipare a fiere, mostre e convegni vari. Addirittura il logo dello Stretto di Messina ha sponsorizzato iniziative religiose come la beatificazione di padre Annibale di Francia.

Il movimento No Ponte: un progettificio

CI SAREBBE piaciuto anche sapere quanto ha incassato a oggi il contraente generale Eurolink. Ma, alla faccia della legge sulla trasparenza, ci siamo dovuti accontentare del silenzio, visto che la nostra richiesta via e-mail non ha avuto alcuna risposta e il sito web è in perenne stato di manutenzione-allestimento. Ma qualche notizia certa c’è. Tipo questa: alla Rocksoil dell’ex ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi, oggi deputato del Pdl, sono stati affidati consistenti incarichi di progettazione per la parte geologica e geotecnica delle fondazioni. Lunardi intona il consueto ritornello: “Ho ceduto le quote societarie della Roksoil ai miei familiari e questi subappalti sono stati ottenuti quando non avevo più incarichi di governo”.

Il movimento No Ponte definisce l’operazione Stretto di Messina “un progettificio”, composto da “nomi altisonanti e da cui sono stati allontanati consulenti e tecnici che realmente conoscono il territorio e i problemi che esso può comportare. Questioni legate alla non edificabilità, di tipo sismico, idrogeologico e di funzionalità realizzativa, senza contare quelli legati all'impatto ambientale e territoriale. A cui si aggiunge un dato allarmante: per realizzare il Ponte Akashi in Giappone, il più lungo finora esistente, che non prevede, a differenza di quello sullo Stretto, il transito dei treni, sono stati impiegati dieci anni; per il nostro invece se ne prevedono solo sei, e siamo in Italia. Non solo: il nostro ponte è progettato per resistere a un terremoto di 7.2 della scala Richter (il terribile terremoto di Messina del 1908 fu del 7.1). Come dire, se abbiamo capito bene, che a 7.3 il ponte crollerebbe. Allegria.

2 commenti:

Mauro B. ha detto...

Ma ad ogni modo credo che rimarrà allegramente un progetto incompiuto, il quale senz'altro risulterà un comodo ospizio per persone da piazzare..

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

SPRECA OGGI, SPRECA DOMANI ...