MARCO TRAVAGLIO
Nelle inchieste sulla malasanità pugliese, Vendola è stato archiviato e D’Alema non è neppure indagato. Tutto è bene quel che finisce bene? Non proprio. Non basta non commettere reati per essere buoni politici e amministratori.
Intendiamoci. C’è una bella differenza tra la giunta Vendola – che caccia l’assessore alla Sanità Alberto Tedesco appena indagato e azzera la giunta quando viene arrestato il vicepresidente Nicola Frisullo – e il governo B. che fa ministro l’ex governatore Fitto pluriindagato per tangenti. Ma la pietra di paragone per giudicare i politici non può essere il governo più malavitoso della storia d’Europa, al cui confronto Al Capone pare una dama di carità. Né ci si può difendere con la modica quantità di conflitti d’interessi.
Da ieri sono pubblici gli atti delle due indagini della Procura di Bari: quella che ha portato alla richiesta di arresto per il senatore Tedesco; e quella che s’è chiusa con l’archiviazione di Vendola. Carte che vanno lette con attenzione da chi pensa che Vendola sia l’alfiere della Nuova Politica e D’Alema la testa più fine del Pd. Si è molto malignato, a torto, sulla frase intercettata del governatore che vuole cambiare una legge regionale per nominare un suo uomo: non si trattava di abolire un reato, ma di rimuovere un ostacolo burocratico alla nomina (discrezionale, ma legittima) di un elemento ritenuto valido.
Il guaio è un’altra nomina: quella dell’ex craxiano e poi dalemiano Tedesco, i cui figli posseggono società fornitrici di protesi ortopediche alle Asl. Un conflitto d’interessi gigantesco che, anziché un handicap, diventa un requisito per diventare assessore proprio alla Sanità. D’Alema lo raccomanda, Vendola esegue. Questa si chiama “culpa in eligendo” e “in vigilando”.
E Vendola non può nascondersi dietro al fatto che – come dice al nostro giornale – “Tedesco mi era stato rappresentato come l’unico profilo di alta competenza sulla sanità pugliese… era apprezzato in ambienti sanitari”. Ma certo che era competente e apprezzato: le ditte dei figli lavorano da una vita per la sanità pugliese! Quando poi Vendola aggiunge che “a inizio mandato Tedesco mi garantì che avrebbe sciolto il conflitto d’interessi”, vien da domandarsi se ci è o ci fa: non ci voleva
Se ne accorse il principale concorrente, Gianpi Tarantini, che racconta ai pm come tentò di restare nel giro delle protesi: appoggiando i dalemiani e, grazie a Roberto De Santis, imprenditore amico e “socio di barca” di D’Alema, agganciando lo stesso Max. “Due week-end in barca nel 2007, uno a Ponza l’altro in Salento” e la famosa cena elettorale del 2008 pagata a D’Alema e a tutti i vertici regionali della sanità pugliese: “La finalità della cena era per noi quella di invitare i primi dirigenti delle Asl, i primari, e fare bella figura facendo vedere che c’era il Presidente D’Alema… Volevo sponsorizzare il Pd… per essere accreditato… a lavorare nella sanità”. C’era anche il sindaco Emiliano, che dice (ma Gianpi smentisce) di aver subito consigliato a D’Alema di allontanarsi, visto chi pagava il conto.
Lo stesso Tarantini, sentendosi boicottato dal “concorrente” Tedesco, mise a disposizione il suo harem di squillo (le stesse di Palazzo Grazioli) al vicegovernatore Frisullo, pure lui dalemiano, pure lui arrestato. Frisullo e Tedesco (uno finito in carcere, l’altro latitante in Parlamento) ingrossano la lunga lista delle imbarazzanti frequentazioni di D’Alema. Ma pure Vendola dimostra scarsa capacità nella scelta dei collaboratori, e proprio in un settore cruciale come la sanità. Entrambi manifestano una drammatica insensibilità ai conflitti d’interessi che, diversamente dai reati, erano lampanti fin da subito. Sarà mica per questo che la sinistra non ha mai risolto quello di Berlusconi? Difficile attaccare, se sei attaccabile.
Il Fatto Quotidiano, 27 febbraio 2011
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