mercoledì 16 febbraio 2011

"Bossi deve staccare la spina se vuole salvare il federalismo"


di CLAUDIO TITO

ROMA - "Il danno all'immagine dell'Italia è ormai pesantissimo. Il presidente del consiglio, se avesse senso di responsabilità, dovrebbe dimettersi". Per Walter Veltroni il rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi è l'ennesima lesione alla dignità del Paese. Una conferma che il Cavaliere non può più rimanere alla guida del governo. Che ha fatto sprofondare tutto nella palude dell'immobilismo. "Bisogna uscirne al più presto".

E la decisione presa del Gip milanese può rappresentare davvero un punto di svolta?
"Di certo produrrà dei cambiamenti. Nei prossimi mesi il presidente del consiglio sarà nelle aule dei tribunali per rispondere di reati che non solo il pm ma anche il giudice delle indagini preliminari considera evidenti. Per il Paese sarà l'ennesima occasione di logoramento dell'immagine internazionale e di inasprimento del clima interno. Il nostro prestigio all'estero è in caduta libera. Giornali autorevoli, certo non di sinistra, raccontano il profondo disagio vissuto dall'opinione pubblica internazionale. Cosa penseranno quando vedranno il nostro premier ripreso dalla tv in tribunale?".

Gli effetti si sentiranno anche nella politica interna.
"L'Italia è a rischio. L'ostinazione con cui Berlusconi mantiene il potere, la violazione di ogni regola costituzionale, ci ha fatto precipitare nella paralisi. La maggioranza c'è perché hanno acquistato qualche deputato, ma il governo non c'è".

Lei ha in mente una soluzione?
"Se Berlusconi avesse senso di responsabilità e rispetto per gli italiani dovrebbe fare un passo indietro. Lo dico anche guardando al centrodestra: qual è la loro prospettiva politica? Vivacchiano ostaggi di un presidente del consiglio disinteressato anche alla sua parte politica. Vivacchiano - lo dico anche alla Lega - rinunciando persino al federalismo".

Scusi, ma l'idea del passo indietro non appartiene al novero delle cose possibili per Berlusconi.
"Lo so. Ma la Lega deve sapere che la prospettiva di andare al voto con tre poli per poi pensare di fare un accordo postelettorale con Casini e Fini a favore di Tremonti è ora molto più difficile. L'idea di una Grande Alleanza sta maturando come reazione a questa deriva. Se si vota, loro - i leghisti - vanno all'opposizione. Tutti i sondaggi danno ad un'alleanza grande un vantaggio di dieci punti. Non capisco perché Bossi e la parte del Pdl con la testa sulle spalle non dicano a Berlusconi una cosa semplice: permetti un nuovo governo, allargato alle altre forze del centrodestra, per chiudere dignitosamente la legislatura con un altro premier".

Se è sicuro di vincere le elezioni perché non le chiede subito?
"Le elezioni sono certo da preferire allo stallo pericoloso di un governo che non governa. Ma considererei un passo in avanti anche la fine definitiva dell'asfissiante dominio dell'estremismo berlusconiano e la nascita di un governo più rispettoso delle regole e di un civile confronto politico. Uscire dalla paralisi imposta all'Italia dall'autunno livido del berlusconismo è il primo obiettivo per rasserenare il Paese e ripristinare un corretto confronto tra maggioranza e opposizione".

Grande alleanza quindi solo nel caso tutto precipiti subito.
"Se si va a votare, non faremo l'errore del '94. Il centro e la sinistra non devono essere divisi. In questo, l'alleanza dovrà avere come orizzonte avrà alcune riforme chiare come quella elettorale, la riduzione dei parlamentari, l'informazione. L'obiettivo deve essere quello di dare all'Italia un vero bipolarismo".

Chi dovrebbe guidarla?
"Ci sono diverse persone che potrebbero farlo ma non è questo il momento di fare nomi. Una persona che può riscuotere la fiducia di tutti. L'Italia ha bisogno di un ciclo riformista che solo il bipolarismo può dare. Io non ho nostalgia della Prima Repubblica. E non penso che fosse normale un governo con Mastella e Ferrero. Sull'Unione anche Nichi Vendola ha espresso giudizi non meno severi dei miei".

In realtà il Terzo polo, suo potenziale alleato, non ci pensa proprio al bipolarismo.
"Non lo pensano in presenza di Berlusconi. Ma Casini e Fini si considerano giustamente uomini di un centrodestra civile, europeo. Dopo Brown è arrivato Cameron, dopo Bush è arrivato Obama. Ora, quindi, il punto è chiudere questa stagione. Risvegliarci da questo incubo in cui un tappo politico ha costretto tutti nella palude del conflitto berlusconismo-antiberlusconismo. In questo potrà aiutarci la ricchezza della nostra società civile".

Si riferisce alla manifestazione di domenica scorsa?
"Certo. C'è una ricchezza di competenze, di sensibilità, di autonomia che sfida in modo moderno la politica ad aprirsi, a rinunciare ad arroganza, autosufficienza e approcci vecchi".

È stato offerto anche un nuovo modello culturale?
"Si comincia a capire che Berlusconi ha vinto in questi anni perché ha egemonizzato la società con la distorsione dei valori. Va condotta con coraggio una battaglia culturale. I riformisti non possono essere solo un programma ma devono essere anche valori forti e una visione della società. Ad esempio contro individualismo e cinismo dobbiamo riscoprire la parola comunità che appartiene e unisce la tradizione della sinistra, dell'azionismo, del cattolicesimo democratico. Quella piazza è già post-berlusconiana e già immagina la ricostruzione dei valori della società".

In che senso?
"Dobbiamo tornare a essere un partito capace di intercettare il cambiamento e l'innovazione. Se poi a sinistra cresce Sinistra e Libertà, non è un problema. È un'opportunità. A condizione che il Pd torni a essere un partito di centrosinistra coraggioso nell'innovazione e nella sfida ai conservatorismi".

Progetti spesso condizionati dai litigi interni.
"È una fase in cui le contrapposizioni non ci sono. Dopo il Lingotto i sondaggi ci hanno dato in crescita, ora sono di nuovo in flessione. È la dimostrazione che dobbiamo riprenderci le nostre ambizioni. Essere Democratici è la più bella delle identità possibili. Le rivoluzioni vere le hanno fatte solo i riformisti. Ma è necessario che tutti prendano sulle spalle il destino di questo Paese. Magari organizzando una manifestazione in tutte le piazze di tutti i Comuni italiani. Solo bandiere nazionali in ogni città. Se non ora, quando?".

(16 febbraio 2011)

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