giovedì 17 febbraio 2011

Di Pietro: referendum per mandare a casa Berlusconi


SECONDO IL LEADER DELL’IDV, IL QUESITO SUL LEGITTIMO IMPEDIMENTO VOTATO IL GIORNO DELLE AMMINISTRATIVE PUÒ ESSERE DECISIVO

di Paola Zanca

Un milione di persone in piazza. Un rinvio a giudizio per concussione e prostituzione minorile a carico del presidente del Consiglio. L'opposizione che chiede le sue dimissioni. Eppure nel triangolo di palazzo Chigi, Montecitorio e palazzo Madama è come se nulla fosse successo.

IERI , a scuotere questa calma surreale, ci ha provato l'Italia dei Valori, con una lettera indirizzata al ministro Maroni. Obiettivo: chiedere che il referendum per l'abrogazione totale della legge sul legittimo impedimento si tenga nella stessa data del ballottaggio per le amministrative. Perchè quel referendum – che, oltre lo “scudo”, riguarderà anche la privatizzazione dell'acqua e il ritorno del nucleare – è l'unico “sbocco propositivo” per uscire dallo stallo di questi giorni. Quella legge è già stata bocciata dalla Consulta, che ha ridato al giudice il potere di valutare se l'impedimento a comparire in aula è legittimo o meno. Ma l'organizzazione di un calendario delle udienze compatibile con gli impegni di governo rimane affidato alla “leale collaborazione” tra magistratura e presidenza del Consiglio. E Di Pietro dubita che sia il clima che vedremo nelle prossime settimane, quando, oltre al caso Ruby, torneranno in tribunale molti dei processi che vedono imputato Berlusconi. “Scommetto la mano destra e la mano sinistra – dice il leader Idv – che ogni volta troverà l'occasione per essere impegnato altrove”. Per questo, per il comitato promotore la data del referendum è così importante: perchè “quel giorno – spiega Di Pietro – c'è la possibilità di mettere fine alla legislatura”. Se si raggiunge il quorum e la legge viene bocciata, questo il ragionamento, significa che gli italiani hanno risposto al “plebiscito”: “Volete voi continuare a tenervi il governo Berlusconi che si fa le leggi ad personam o volete mandarlo a casa?”. Chiederlo a giugno sarebbe rischioso, soprattutto dopo la doppia chiamata alle urne per le elezioni amministrative. Il 29 maggio – insiste l’Idv – è la data giusta per “ribaltare quello che la insipienza, la complicità parlamentare non riesce a ribaltare”.

L'IPOTESI di dimissioni in blocco di tutti i parlamentari dell'opposizione, per esempio, non convince il Pd, figurarsi il Terzo Polo. “C'è stata già una volta – spiega il capogruppo Franceschini – in cui le opposizioni hanno abbandonato il Parlamento, l’Aventino, ed è finita come è finita”. Rievoca lo stesso esempio anche il “popolare” Giuseppe Fioroni, che però ricorda anche il Gran Consiglio del Fascismo. Come adesso, dice, si vedono “i fermenti” del fuoco amico sul premier in caduta libera. Ieri Fini ha pranzato con Di Pietro, la Lega per ora resta “leale” ma non chiude al dialogo offerto prima da Bersani e poi da Veltroni. “In tutto il mondo democratico – sostiene anche Massimo D'Alema – un leader rinviato a giudizio per reati così turpi e vergognosi verrebbe rimosso dal suo partito, dalla sua maggioranza”. E pure il segretario Bersani torna a rivolgersi a chi rimane sulla nave che affonda: “Chi tace adesso non so come farà a parlare dopo”. Ieri, il Pd ha inviato alle famiglie italiane 4 milioni di moduli “per raccogliere le firme per le dimissioni di Berlusconi”. Vogliono portarle a palazzo Chigi l'8 marzo, giorno in cui è stata convocata una nuova manifestazione delle donne. E proprio una donna, Rosy Bindi, è il nome proposto da Nichi Vendola per la guida del Comitato di Liberazione Nazionale. Chi apprezza, chi dice che è troppo presto. A Romano Prodi la sintesi della posta in gioco: “Lasciamo stare, io non partecipo assolutamente al totopotere”.

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