giovedì 17 febbraio 2011

MENARDI SE NE VA E IL GRUPPO VIENE VIA CON LUI


di Sara Nicoli

Si fa presto poi a dire che ha ragione lui. Perché solo poche ore dopo aver annunciato di avere in tasca “una maggioranza a quota 325”, ecco che un nuovo terremoto ha dato un’ulteriore botta alla già precaria stabilità di Futuro e libertà. Giuseppe Menardi, senatore finiano, già da giorni con il mal di pancia verso Fini al punto da aver votato la fiducia al governo sul Milleproroghe, ieri sera ha compiuto il grande strappo: “Il mio percorso in Fli – ha spiegato – si è concluso domenica scorsa con il nuovo organigramma del partito”. Quindi, la frase magica: “Torno nei confini della maggioranza parlamentare”. Con questo addio, Menardi non solo va a rinforzare le file del Pdl, ma fa anche crollare il gruppo finiano al Senato “e non c’è neppure bisogno – sibilava ieri sera tra i corridoi di Palazzo Madama – che a Viespoli arrivi una lettera formale, gliel’ho annunciato di persona”. Fli, dunque, perde i pezzi e il Cavaliere gode, ma non è il Senato a concentrare le attenzioni dei cacciatori di teste del Caimano, è la Camera il novello lago di Tiberiade dove tentare la “pesca miracolosa”.

E persino i “pescatori” non sono più gli stessi, visto che Moffa è passato alla guida dei responsabili e per avvicinare i possibili, nuovi “numeri”, tra i più attivi c’è Mario Pepe, pidiellino doc, che sta puntando da giorni sull’area veltroniana, per ora senza successo.

PERÒ l’operazione allargamento è partita da giorni e ora si sta intensificando, anche se gli “attenzionati” principali al momento restano nomi già sentiti. Come Italo Tanoni e Daniela Melchiorre dei Liberaldemocratici, Aurelio Misiti e Fernando Latteri dell’Mpa. Da soli, però, non riuscirebbero a far toccare alla maggioranza quota 325, numero che consentirebbe al Cavaliere di passare pressoché indenne i prossimi passaggi parlamentari soprattutto nelle commissioni. Ed ecco che l’occhio dei cacciatori si è spostato, grazie anche allo strappo di Menardi al Senato, sui dissidenti di Fli come Andrea Ronchi, Pasquale Viespoli e soprattutto Adolfo Urso, anche se par di capire che dovrà passare ancora del tempo prima che i tre possano tornare indietro nel Pdl. Così come appare difficile che due uomini di Di Pietro, avvicinati da emissari di Verdini che hanno sondato la loro disponibilità a “votare, in qualche occasione, con la maggioranza”, possano tradire platealmente modello Scilipoti. Anzi.

LE OFFERTE, comunque, sono state fatte e variano dalla promessa del mantenimento del seggio, di solito assai in bilico, ad offerte di varia natura, anche economiche e piuttosto sostanziose che, comunque, al momento sono state respinte. Il Cavaliere, tuttavia, non si preoccupa più di tanto. Perché sa che, in questo caso, il tempo gioca a suo favore. E che più passa il tempo, più i deputati consapevoli di non essere rieletti si avvicineranno spontaneamente a lui, facendolo anche risparmiare. Il motivo risiede tutto nel fatto che gli attuali nominati, soprattutto alla Camera, in caso di elezioni anticipate perderanno il vitalizio; da questa legislatura, infatti, è in vigore la legge che prevede di aver portato a termine un’intera legislatura per poterlo ottenere e non più solo due anni, sei mesi e un giorno come era prima. “Chiunque di noi, anche dell’opposizione – svelava ieri un peone del Pdl – si inchioderebbe allo scranno della Camera sostenendo il governo sempre pur di raggiungere la pensione…”.

Adesso ci si mettono anche le pensioni parlamentari a remare a favore del Caimano.

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