di FRANCESCO BEI
"Sono 14 anni che vivo sotto processo: uno in più uno in meno, non cambia nulla. Quando arriveranno al terzo grado li prenderò in considerazione". Silvio Berlusconi ha lasciato di stucco chi gli chiedeva la ragione di tanto esibito distacco rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio per il Rubygate. Un'indifferenza ieri ostentata - "non sono per niente preoccupato" - in una surreale conferenza stampa a palazzo Chigi, convocata per una rassegna antologica di quanto fatto dal governo negli ultimi 24 mesi. Oltretutto gli avvocati gli hanno spiegato che la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici gli verrebbe appioppata solo al termine del terzo grado di giudizio, consentendogli fino ad allora di restare al governo.
Il fatto è che il Cavaliere, dopo la cena a palazzo Grazioli con lo stato maggiore leghista, è sicuro di aver convinto Bossi a non sfilarsi. E questo sebbene tra i colonnelli leghisti circoli l'ipotesi di un governo a guida diversa - Maroni o Tremonti - per rispondere alla crescente insofferenza della base. Nelle conversazioni con alcuni ambasciatori del Pdl i leghisti hanno inoltre fatto balenare la promessa di un intervento di Bossi su Napolitano per assicurare un salvacondotto giudiziario al premier, nel caso questi decida di dimettersi.
A Bossi che gli chiedeva garanzie sui numeri nelle commissioni, Berlusconi ha dunque mostrato l'elenco di otto deputati che, a suo avviso, sarebbero in procinto di trasmigrare nella maggioranza da ogni latitudine. Per il momento il Senatùr ha fatto finta di crederci, lasciando all'alleato qualche altro giorno per consolidarsi a Montecitorio. Con i tempi che corrono, per il premier si tratta già di un successo e i suoi uomini attribuiscono a questo sostegno leghista anche la presunta virata del ministro dell'Economia: "Tremonti ha smesso di fare lo gnorri, adesso si è riallineato al presidente. La partecipazione di Tremonti alla conferenza stampa di ieri è il primo effetto della visita di Bossi a palazzo Grazioli, mentre l'altra volta il ministro era scappato via dopo 5 minuti, dicendo che doveva prendere un treno". La verità è che Tremonti avrebbe preferito condurre la conferenza stampa da solo, insieme a Emma Marcegaglia, presso la sede del suo ministero. Questo era il programma. L'insistenza del premier lo ha costretto a scendere a patti, ma bastava osservarlo in faccia per capire quanto gli pesasse quel cambiamento.
In ogni caso, Berlusconi è convinto di aver ancora delle carte da spararsi: "Il clima - osserva - sarà pure come nel '94, ma stavolta noi andiamo avanti. Perché Bossi non si sfilerà". Con questi propositi la prossima settimana Berlusconi ha promesso ai "Responsabili" che darà vita a questo benedetto rimpasto di governo, finora rimandato perché "per ognuno che accontento ce ne sono altri tre che mi faccio nemici". Così Saverio Romano, leader del Pid, andrà al ministero dell'Agricoltura, al posto di Galan. E ci sarà spazio per altre donne come sottosegretari. Possibile anche la promozione di Tremonti a vicepremier, per legarlo ancora di più alle sorti del governo.
Ma il vero fronte che sta per aprirsi, quello che impensierisce di più Gianni Letta, è il Vaticano. I sondaggi indicano che la fiducia dei cattolici praticanti nei confronti del premier sta precipitando. E i segnali che vengono dalle gerarchie sono univoci: il Cavaliere dovrebbe farsi da parte per consentire a un cattolico del Pdl di portare avanti la legislatura. Sono giorni che l'Avvenire, il quotidiano della Cei, censura il comportamento del premier, ma a far tremare palazzo Chigi è stato quel giudizio pronunciato dal segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein, con il consiglio all'Italia a fare "un po' di pulizia interna". Raccontano che il pressing della Cei si stia facendo insistente su quell'ala di cattolici Pdl che hanno accesso diretto al premier: lo stesso Letta ovviamente, ma anche Maurizio Sacconi, Angelino Alfano, Lupi, Mauro, Gelmini. A tutti viene ripetuta la stessa frase: "Ma non riuscite a convincerlo a fare un passo indietro?". Nei piani della Chiesa cattolica un avvicendamento in corsa alla guida del governo avrebbe anche l'effetto di facilitare una ripresa di rapporti con Casini, sottraendolo all'abbraccio con il "laicista" Fini e riportandolo nell'alveo della maggioranza.
Il futuro del governo e di Silvio Berlusconi sarà dunque il convitato di pietra domani sera all'ambasciata italiana presso
(17 febbraio 2011)
1 commento:
ANGELINO ALFANO PREMIER? NOOOO!
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