martedì 1 febbraio 2011

Illusioni e delusioni


Sin da quando esistono, gli Stati Uniti si sentono investiti della missione di diffondere la libertà e la democrazia nel mondo. L’intento è nobilissimo. Ma le buone intenzioni possono generare cattivi risultati. Da quando la Cina ha sepolto il maoismo e ristabilito buoni rapporti con l’Occidente, non c’è presidente americano che non si senta in dovere, in Cina, di bacchettare i governanti di Pechino sul rispetto dei diritti umani. Serve a qualcosa? Ovviamente no; semmai li irrita. I cinesi si sentono eredi della più antica civiltà del mondo. La civiltà del Celeste Impero ha avuto alti e bassi, ma non si è mai dissolta. Persino a dispetto di Mao è restata, nel fondo, confuciana da 2.500 anni. E oggi non è la Cina ad aver bisogno degli Stati Uniti, ma gli Stati Uniti della Cina. Che tra l’altro protegge (per fare dispetto?) la Corea del Nord.

Venendo al Medio Oriente, lì il grosso sbaglio del missionarismo americano è stato l’Iran. Lo scià Reza Pahlavi era sì un despota, ma un despota illuminato inteso a modernizzare il suo Paese. Quando scoppiò la rivolta istigata dal clero islamico, gli americani consigliarono ai generali dello scià di non resistere, di arrendersi. Khomeini rientrò trionfante da Parigi e li fece tutti fucilare. E da allora l’Iran degli ayatollah minaccia tutti i suoi vicini. Passando all’Iraq, probabilmente Bush credeva davvero che Saddam Hussein fabbricasse armi nucleari; ma in ogni caso credeva che la sua guerra avrebbe instaurato una democrazia a Bagdad. Poverino, l’intelligenza non è mai stata il suo forte. E lo stesso discorso si dovrà fare al più presto per l’Afghanistan, dove il problema non è di trasformare un millenario sistema tribale in uno Stato democratico, ma di impedire che diventi, o ridiventi, uno «Stato canaglia » nel quale il terrorismo islamico possa liberamente produrre micidiali armi chimiche e batteriologiche.

Ma veniamo all’oggi, al fatto che parte dell’Africa araba che si affaccia sul Mediterraneo (Algeria, Tunisia, Egitto) è subitamente esplosa. C’era da aspettarselo? No, nel senso che tutti sono stati colti di sorpresa. Ma sì nel senso che sappiamo, o dovremmo sapere, che Internet, telefonini cellulari e simili sono formidabili strumenti di mobilitazione istantanea, e quindi anche di esplosioni insurrezionali (a fin di bene o a fin di male che siano).

Al momento il caso più preoccupante è quello dell’Egitto. E al momento in cui scrivo Mubarak non è fuggito, è ancora lì; ma ha dovuto cedere il potere ai militari. Gli Stati Uniti hanno condannato, come da copione, Mubarak per l’impiego della violenza contro i manifestanti e sospeso gli aiuti militari. E ora il rischio è (come ha scritto sul Corriere Benny Morris) di ripetere «un secondo Iran». Mubarak è stato un leale alleato dell’Occidente, ha firmato la pace con Israele, non è stato un dittatore sanguinario e ha bloccato i Fratelli musulmani (che si presentano come un islam moderato che però appoggia Hamas in Palestina). Spero che Obama sappia come è andata in Iran e che non ripeta gli errori di allora. Viviamo in un mondo pericolosissimo, che dobbiamo fronteggiare non da missionari ma scegliendo il male minore.

Giovanni Sartori
31 gennaio 2011

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