martedì 1 febbraio 2011

La Merkel decide (anche per noi)


Il futuro dell'euro si deciderà nel Consiglio europeo del 24 marzo. Quella riunione potrebbe cambiare il nostro ordinamento economico in modo più profondo delle blande norme sul federalismo che il Parlamento discuterà la prossima settimana.
La posta in gioco sono le condizioni che la Germania chiede per salvare l'unione monetaria. O meglio: le condizioni che la signora Merkel ritiene necessarie per convincere i suoi cittadini a farlo.
Da molti anni la Germania ha un eccesso di risparmio, cioè spende meno di quanto non produca e investe una parte del suo reddito all'estero.
Nel 2011 l'eccesso di risparmio ammonterà a oltre 120 miliardi di euro.

Diversamente dalla Germania, altri Paesi dell'eurozona hanno un deficit di risparmio, cioè spendono più di quanto non producano. La somma dei loro deficit è identica al surplus tedesco: 40 miliardi circa Spagna e Italia, 20 circa Portogallo e Grecia, 120 miliardi in tutto.

Per un decennio l'equilibrio dell'unione monetaria è stato garantito dal fatto che i tedeschi investivano il loro eccesso di risparmio nei Paesi in deficit. Era evidentemente una libera scelta, dettata dall'aspettativa che quei Paesi sarebbero cresciuti e avrebbero garantito rendimenti più elevati che in Germania.

Oggi tuttavia gli investitori tedeschi si chiedono se investire nella periferia dell'euro sia ancora prudente. Se non sarebbe meglio acquistare attività cinesi, brasiliane o indiane. Il risparmio destinato ai Paesi della periferia ha sempre più il sapore di un sussidio anziché di un investimento interessante.

Che cosa accadrebbe se quel flusso di risparmio s'interrompesse? È un fenomeno ben noto nell'esperienza latinoamericana, che va sotto il nome di sudden stop, un brusco arresto. Il Paese che non riesce più a finanziare il suo eccesso di spesa deve tagliare consumi e investimenti e precipita in una recessione profonda. Il brusco arresto è amplificato dal fatto che il Paese non solo non riesce più a finanziare i flussi, ma neppure il debito in scadenza. In America Latina ciò che a quel punto di solito accade è una grande svalutazione che dà fiato alle esportazioni e attenua la recessione. Ma poiché nell'unione monetaria ciò non è possibile, un sudden stop finirebbe per indurre il Paese che lo subisce a uscire dall'euro.

Che condizioni pone la Germania per continuare a finanziare la periferia? Essenzialmente tre.

Che la Grecia accetti la ristrutturazione del proprio debito e quindi l'evidenza di non riuscire a sostenerlo, con la conseguenza di dover rivedere interessi e tempi di rimborso. Una lezione per chi, come Atene, ha raccontato bugie sui propri conti pubblici.

In secondo luogo che ogni trasferimento fiscale - come quelli di cui lo scorso anno hanno goduto Grecia e Irlanda - sia d'ora in poi soggetto al veto tedesco.

Infine (come confermato l'altro ieri dal viceministro delle Finanze, Jörg Asmussen) che ogni Paese appartenente all'eurozona modifichi la propria Costituzione, introducendovi la regola del pareggio di bilancio, come ha fatto la Germania due anni fa. È una regola che non consente di usare la politica di bilancio come strumento per stabilizzare l'economia, e che è particolarmente dura per i Paesi con molto debito. L'Italia sarebbe costretta a compensare con maggiori tasse o tagli alle spese ogni fluttuazione nei tassi di interesse.

Se queste sono le condizioni per salvare l'euro, siamo pronti a sottoscriverle?

Francesco Giavazzi
29 gennaio 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

CAPITO IN QUALE CAZZO DI GUAIO SIAMO IMMERSI? SIAMO CON LA MERDA FINO AL COLLO E QUALCUNO PRATICA IL BUNGA BUNGA!