«È il momento che tutto sia posto, nei modi propri, nelle mani dei supremi garanti della legalità costituzionale». È quanto chiede il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, di fronte al «punto di non ritorno» e al «disastro istituzionale incombente e possibile» cui si è giunti con il caso Ruby, dopo la richiesta di giudizio nei confronti del premier e la reazione «furente» di quest’ultimo.
«È arrivato il giorno del furore, quello dello scontro violento e totale, tra Silvio Berlusconi e i pm milanesi che hanno indagato il presidente del Consiglio per il cosiddetto "caso Ruby"», scrive Tarquinio in un commento di prima pagina intitolato «Nelle mani dei supremi garanti». «E noi vorremmo provare a chiedere, senza troppa speranza - prosegue -, a tutti gli altri attori politici e polemici di sgombrare scena e piazze e di lasciare sola l’evidenza del disastro istituzionale incombente e possibile».
Secondo Tarquinio, «siamo a un disperante punto di non ritorno, con i magistrati che parlano di prova evidente della doppia colpa (concussione e prostituzione minorile) imputata al capo del governo e questi così certo di una manovra ordita ai suoi danni da voler denunciare lo Stato». «Il male minore, a questo punto - conclude il direttore del giornale dei vescovi -, è che tutto si consumi presto e senza forzature. È il momento che tutto sia posto, nei modi propri, nelle mani dei supremi garanti della legalità costituzionale».
Da un sondaggio lanciato dal settimanale "Famiglia cristiana" emerge che la reazione dei cattolici credenti di fronte al caso Ruby è stata debole. Secondo don Antonio Sciortino è un fatto che «dovrebbe fare riflettere davvero». Il direttore è intervenuto ieri sera durante un incontro su "Fede e democrazia" organizzato dall’Istituto De Gasperi a Bologna. «Nel sondaggio che abbiamo fatto sul caso Ruby, abbiamo chiesto ai lettori se la reazione dei cattolici era stata debole, forte o così così. Il 92% su
Infine una battuta sui politici di oggi: «Quello che manca oggi è la formazione e la passione per la politica. Non abbiamo una classe politica all’altezza della gravità dei problemi del Paese». Don Sciortino è poi tornato ad invocare stili di vita più sobri, anche in politica. «Se non mettiamo più etica nella politica - ha detto - si passa all’affare e alla spartizione degli affari, alla divisione degli interessi o al malaffare». Poi ha criticato l’idea che i cattolici siano «cittadini di serie B, che devono stare nei loro recinti sacri e non disturbare il grande manovratore», invitando invece i credenti a «una maggiore vivacità» e senza aspettare che parlino solo i vertici ecclesiastici sui principali problemi del Paese. «Vi hanno tolto la parola - ha continuato don Sciortino sempre rivolgendosi alla platea - ma è vero che in parte ve la siete lasciata togliere la parola. Bisogna tornare a rivendicare spazi di autonomia e informazione». E ha concluso: «Abbiamo disertato la politica considerandola come qualcosa di sporco o in cui ci si sporca. Mentre la politica, ma non quella cui assistiamo tutti i giorni, è una politica alta, la più alta forma di servizio che si possa fare alla comunità diceva Paolo VI, per cui può essere via per farsi santi... certo, non quella a cui stiamo assistendo oggi, sia ben chiaro».
giovedì 10 febbraio 2011
"In Italia punto di non ritorno Intervengano i supremi garanti"
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1 commento:
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E CORTE COSTITUZIONALE, OGNUNO NELLA SUA SFERA DI COMPETENZA.
SECONDO ME GIORGIO NAPOLITANO SCOGLIERA' LE CAMERA E INDIRA' NUOVE ELEZIONI, LA CORTE COSTITUZIONALE BOCCERA' IL CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI PER CUI B. SARA' GIUDICATO DAL TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO, SE NON SE NE VA PRIMA AD ANTIGUA. SOGNI?FORSE!
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