domenica 13 febbraio 2011

LA GUERRA DI FLI


Fini infastidito dai litigi tra i suoi Granata dal palco: “Quel che vedo non mi piace”

di Alessandro Ferrucci

Doveva essere una tre giorni dedicata a ritrovarsi, guardarsi in faccia, rendere pubbliche decisioni già discusse e digerite. Doveva essere quasi una festa, utile a ratificare le basi, i valori, galvanizzare i delegati per poi convogliare le energie verso mesi difficili. Sono andati vicini alla rissa. Oggetto del contendere: la nomina di Italo Bocchino a segretario o coordinatore di Futuro e libertà, un’eresia per alcuni, l’inevitabile strada verso la “santa alleanza” tra terzo polo, Pd e Vendola, per altri.

POCHI SORRISI quindi, piuttosto visi tesi, telefonini impazziti, colloqui incrociati e riunioni carbonare, tanto che Fabio Granata durante il suo intervento grida: “Quello che stiamo vedendo nelle stanze di questo congresso non mi piace per nulla. Bisogna essere coerenti tra quello che si dice in privato e poi si riporta in pubblico”. Applauso plateale di Gianfranco Fini, un applauso quasi infastidito verso chi l’ha coinvolto per tutta la giornata nella lotta intestina a Fli, alla faccia di tutti coloro che pensavano di arrivare a Milano e superare le divisioni tra falchi e colombe. Non è così.

Adolfo Urso, silurato dalla candidatura di Bocchino, cammina veloce su e giù per il padiglione e non fa nulla per mascherare il suo fastidio, poi lascia intendere di voler chiedere il voto dei delegati, come a dire: “Vediamo chi ha più consensi nella base” . Con lui Andrea Ronchi e i senatori preoccupati da una deriva inattesa. Dall’altra lo stesso Granata, Della Vedova e Briguglio che dal palco chiarisce i motivi della scelta: “Vedete, tra poco in Parlamento ci troveremo a votare leggi come il legittimo impedimento, il processo breve o la legge sulle intercettazioni. E noi non potremo stare inermi ad aspettare, ma dovremo fare qualcosa”: la santa alleanza. Ecco quindi lo spaesamento dei delegati, frastornati nel vedere i loro leader così distanti, tanto da costringere Angela Napoli a riunire in una stanzetta i suoi fedelissimi e indottrinarli: “Mi raccomando, questa è un’assemblea costituente, non un congresso, è solo un punto di passaggio nel quale nasce il nostro partito. E comunque dovete dire che ogni decisione del presidente Fini andrà bene”. Ogni.

GIÀ, PERCHÉ alla fine l’ultima parola spetta al presidente della Camera, pronto a convocare i “dissidenti” in una cena dedicata a far digerire la sua scelta. Ma non sarà così semplice: “Ho dato l’addio al Pdl per avere un leader autorevole e non autoritario – spiega Pasquale Viespoli –, quindi non accetto alcuna imposizione. E poi non capisco la necessità di un cambiamento alla direzione, non capisco da cosa nasce tutto questo trambusto, questa accelerazione: questa è un’assemblea fondativa”. Era, forse. Al contrario chi resta solido e in silenzio è proprio Italo Bocchino. Seduto in prima fila ascolta gli interventi di “amici” e non, fa sapere di aver denunciato per stalking il Giornale e Libero colpevoli di perseguitare lui e sua moglie, tanto che nel pomeriggio un gruppo di ragazzi è andato a manifestare sotto il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti. Poi basta. Aspetta. Aspetta di veder ratificata oggi la sua nomina, aspetta di ascoltare le parole di Gianfranco Fini, il quale detterà la linea di Fli.

Il numero tre dello Stato darà sicuramente il sostegno a Giorgio Napolitano, denuncerà la situazione di stallo del governo, parlerà di crisi democratica, quindi certificherà la necessità di prendere decisioni difficili, a volte lontane dalla propria cultura politica. Anche a rischio di perdere qualche pezzo per strada. In fin dei conti è esattamente quello che nel pomeriggio ha detto a Sara Giudice, la ragazza del Pdl milanese protagonista di una raccolta di firme contro Nicole Minetti.

LEI SI È presentata all’assemblea, è salita sul palco e dopo il suo intervento si è vista arrivare il presidente della Camera a stringerle la mano: “Brava, complimenti, ci vuole un bel coraggio a venire qui, a prendere certe decisioni. Non mollare, vai avanti”. Esattamente quello che farà lui oggi. Magari davanti a una platea un po’ più calda, partecipe e soprattutto numerosa rispetto a quella dei primi due giorni: si aspettavano otto, c’è chi azzardava anche diecimila persone, sono arrivati appena a tremila. Con Giuseppe Consolo preoccupato che diceva ai suoi: “Mi raccomando, non fate passare il presidente da dietro, altrimenti si accorge delle sedie vuote!”. Seduti in platea si può far finta di non accorgersene. Ma oggi tocca a lui salire sul palco per trovarsi faccia a faccia con il suo nuovo partito.

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