domenica 13 febbraio 2011

MESSAGGIO AL PREMIER “TREGUA O ELEZIONI”




Napolitano: basta contrasti o sciolgo le Camere Berlusconi e i suoi insistono con il richiamo alla piazza

di Eduardo Di Blasi

La paralisi politica e lo scontro istituzionale che l’inquilino di Palazzo Chigi continua ad agitare. Sono queste le maggiori preoccupazioni del Capo dello Stato, che vede nel protrarsi di questa disastrosa situazione una sola via d’uscita: la fine della legislatura, con lo scioglimento delle Camere e il voto anticipato.

Dopo averle riferite in una lettera di fine gennaio al governo, e averle ripetute nell’incontro riservato che venerdì pomeriggio ha avuto al Quirinale con il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Giorgio Napolitano ha voluto renderle manifeste queste sue preoccupazioni, con la loro naturale conseguenza. Lo ha fatto con una nota diramata alle agenzie di stampa in cui sgombera il campo anche da “libere interpretazioni e, in qualche caso, anche ricostruzioni fantasiose perfino con frasi virgolettate mai pronunciate da nessuno degli interlocutori” che i quotidiani, abbeverandosi a fonti politiche, hanno estratto dall’incontro istituzionale dell’altra sera.

NE CITA UNA: “Si smentisce nettamente che sarebbero state evocate dal Presidente del Consiglio ipotesi di mobilitazioni e reazioni di piazza che si è escluso di aver voluto e voler sollecitare”. Non è un passaggio neutro, ricordando gli accoliti di Daniela Santanchè, sottosegretario all’Attuazione del programma, che giusto venerdì mattina, in numero di un paio di centinaia, stazionavano davanti al Palazzo di Giustizia di Milano. E del ricorso alla mobilitazione “contro i giudici” che i nuovi falchi del Pdl, il ministro al Turismo Michela Vittoria Brambilla e Daniela Santanchè in testa (cui si è aggiunto in corsa Giuliano Ferrara), accarezzano come risolutivo di ogni male.

Il messaggio del Colle, questa volta, non può essere equivocato. Alcune agenzie riportano la “sorpresa” di Berlusconi, anche se Napolitano quel discorso, oltre ad averglielo fatto di persona venerdì, glielo aveva anche messo per iscritto a fine gennaio. Altri volano assai basso: il presidente del gruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto e il ministro ai Beni Culturali Sandro Bondi provano ad addossare l’inizio della battaglia ai magistrati di Milano. Per il primo siamo davanti all’attacco “non solo giudiziario, ma anche per le vie mediatiche e giornalistiche, di un nucleo di magistrati che sono essi ad essersi assunti la responsabilità di avere elevato fino al diapason proprio il livello dello scontro politico-istituzionale”. La zeppa del Colle sembra però assai ardua da aggirare. Nella riunione dell’altra sera il Capo dello Stato ha ribadito come il Berlusconi cittadino abbia tutte le garanzie costituzionali per affrontare un eventuale processo. Il problema, però, è il Berlusconi politico e le sabbie mobili in cui è piombato il suo governo, incapace di varare provvedimenti ritenuti qualificanti dalla propria maggioranza, e nuovamente teso a cercare soluzioni di legge per i problemi giudiziari del premier.

ECCO, IN QUESTO clima, che con ogni evidenza sembra destinato ad arroventarsi anche di più nelle settimane a venire, il Capo dello Stato non vede che il voto. La situazione è però più complessa.

Per la nostra Costituzione il Presidente della Repubblica ha la facoltà di sciogliere le Camere (“sentiti i loro Presidenti”), ma questa scelta è “condizionata”. Lo spiega bene Stefano Ceccanti, costituzionalista e senatore del Pd. “È ovvio - afferma - che dal punto di vista costituzionale in una forma parlamentare il potere presidenziale di scioglimento non possa esercitarsi autonomamente senza la controfirma del Presidente del Consiglio, che non è un mero atto dovuto quando il Governo ha ancora la maggioranza parlamentare che lo sostiene. Se però il Presidente del Consiglio prosegue ad alimentare conflitti e paralisi - sostiene Ceccanti - come potrebbe poi motivare sul piano politico e razionale la negazione della controfirma?”. Insomma, la partita non esclude la politica.

ANCHE PER questo, con l’intenzione di allargare il passaggio stretto di Montecitorio, la maggioranza sta lavorando all’ampliamento del gruppo dei cosiddetti “responsabili”. Regolamento alla mano, riuscendo ad attirare dal Pdl ma anche dalle opposizioni una decina di parlamentari, si riuscirebbe ad ottenere uno di quei seggi “chiave”, da spendere in Commissione Bilancio o da far pesare nella composizione della “Bicameralina”. l’assise che ha regalato un 15 a 15 sul federalismo, mandando la legge sul federalismo cara al Carroccio nel congelatore.

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