mercoledì 2 marzo 2011

Come abolire il Parlamento


Da alcuni giorni il Fatto Quotidiano pubblica, in una rubrica di Caterina Perniconi, le “ore lavorate” ogni giorno dalla Camera e dal Senato. Deputati e senatori si sentono offesi perché in quelle ore (pochissime) non vengono incluse le attività delle Commissioni. È vero, ma qualcosa non funziona se quella attività, che pure a volte è intensa, non si riversa nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama.

Succede questo. Berlusconi è stato molto abile nell’inventare una forma nuova di scardinamento costituzionale, ovvero, se tollerate l’espressione troppo usata ma non infondata, di colpo di Stato. In questo momento è imputato e si rifiuta di presentarsi al processo; è primo ministro e respinge tutte le regole di controllo e di garanzia previste dalla Costituzione; è la seconda carica dello Stato e attacca frontalmente la prima, il capo dello Stato. Perché tutto ciò accada occorre fermare il Parlamento. Come? Ce l’ha insegnato l’on. Cicchitto. Occorre accusare direttamente e apertamente il presidente della Camera di incompatibilità fra carica istituzionale e ruolo politico. E chiedere le dimissioni immediate.

Ecco il gioco che Berlusconi sta giocando: Fini deve restare immobile, in equilibrio, al suo posto. E restano immobili anche coloro che, dai banchi della Camera, vorrebbero (dovrebbero) sostenerlo, per timore di rendere più facile l’ammutinamento della maggioranza contro Fini “che si deve dimettere” (già annunciato come evento prossimo e inevitabile da questo giornale). La caduta di Fini isolerebbe il Quirinale (è infatti l’obiettivo dei reparti speciali guidati da Cicchitto) e a questo fine sta già alacremente lavorando la Conferenza dei capigruppo, ovvero l’organo che, a maggioranza, decide sul lavoro (un’ora, due ore al giorno) del Parlamento.

A maggioranza, dunque Berlusconi. Ecco come è stato messo il laccio al collo alle istituzioni democratiche italiane, parti buone e parti avariate di esse. Direte che manca una controffensiva. È vero, manca. Per questo, e non tanto per il ridicolo e il pericolo della vita e delle opere di Berlusconi, le altre democrazie ci guardano perplesse. D’accordo, lui è lui (e la sua gente), e stanno distruggendo la democrazia senza più nasconderlo. Ma noi continueremo a restare, disciplinati e buoni, dentro il suo gioco? Ne va della vita repubblicana.

Il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2011

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