CAR. BER.
Silvio Berlusconi sarà domani in aula a Milano, «salvo impedimenti dell’ultima ora», all’udienza preliminare Mediatrade, l’inchiesta su presunte irregolarità nella compravendita di diritti televisivi di Mediaset in cui il premier è accusato di frode fiscale e appropriazione indebita. Ma anche se questa udienza dovrebbe servire solo alla costituzione delle parti e a stilare un calendario del procedimento, basta leggere questo sms spedito dal Pdl lombardo ai suoi affiliati per capire quanto sia forte la volontà di trasformare ogni processo in un palcoscenico mediatico: «Lunedì il nostro presidente sarà al tribunale di Milano, ti aspettiamo per dimostrargli il nostro affetto». Mentre il Cavaliere si appresta dunque ad affrontare questa prova sostenuto dalla stessa claque testata da Ghedini lunedì scorso, la sua riforma della giustizia fatica a muovere i primi passi, osteggiata dentro e fuori le Camere, mentre domani approderanno in aula il processo breve e la responsabilità civile dei giudici: «Con questa riforma si passerà da Mani pulite a Mani libere», è il lapidario giudizio formulato al seminario «Nord Camp» dal pm Francesco Greco, capo del pool per i reati finanziari della Procura di Milano. «Se il Parlamento deciderà che non si deve più indagare sulla corruzione io dovrò disapprovare quella legge, perchè
Anche il Csm vuole vederci chiaro e fa sapere di volersi esprimere non solo sull’ampliamento della responsabilità civile ai magistrati (introdotto con un emendamento alla legge comunitaria) e sulla prescrizione breve, ma anche sull’impianto della riforma costituzionale con un apposito parere della sesta Commissione. Iniziativa che fa infuriare la maggioranza e i consiglieri laici del Pdl, che insorgono contro la tendenza del Csm a comportarsi da «terza Camera» e da «sindacato delle toghe». «Passano le consiliature, cambiano i vicepresidenti ma al Csm la musica resta sempre la stessa», attacca dal Pdl Gaetano Quagliariello che boccia i «pareri non richiesti, finanche su emendamenti ancora freschi di stampa in Parlamento e su riforme costituzionali che tra l’altro riguardano anche l’organo che si appresta a emettere indebitamente le sue prevedibili sentenze». Il clima rovente fa sì che anche i centristi tirino il freno a mano sul dialogo chiedendo al governo di «evitare forzature» e di mantenere fede alle sue parole, perché finora, osserva Casini, «è solo un moltiplicarsi di norme per soddisfare l’ossessione giudiziaria del premier».
La norma sulla prescrizione breve per gli incensurati non è una legge ad personam, «ma un atto di civiltà giuridica», ribatte uno dei legali del premier, Maurizio Paniz. Fatto sta che mentre dalle opposizioni continua il bombardamento quotidiano, («non è una riforma quella che risolve i processi del premier», l’ultima bordata di Franceschini); e malgrado Bossi sia convinto che «i giudici non possono non pagare mai», il sottosegretario Casellati annuncia che il governo è pronto a modificare la norma che estende la responsabilità civile dei magistrati. In questa settimana già rovente sarà guerra anche sul conflitto di attribuzione sul caso Ruby, che martedì sarà al vaglio della giunta per il regolamento della Camera dopo l’ok della Giunta per le autorizzazioni.
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