martedì 29 marzo 2011

I tedeschi licenziano i politici



GIAN ENRICO RUSCONI


Quello che accade in Germania si spiega ben al di là degli errori politici di Angela Merkel. È la crescente scollatura tra un nuovo esigente elettorato e un ceto politico, certamente professionale e competente, ma che non sa più interpretare le ansie e le attese dei cittadini. La cancelliera Merkel lo aveva oscuramente intuito, ma ha sbagliato nella risposta politica. È difficile dire ora se si tratta di un errore correggibile. La Merkel si sta giocando il suo destino politico e probabilmente quello dell’intero sistema politico partitico tedesco così come ha funzionato sinora. Si sta verificando infatti un mutamento irreversibile. Per un’analisi significativa della nuova situazione tedesca occorre quindi tenere insieme tutti gli elementi: la nuova sensibilità dei cittadini, il mutamento degli equilibri politici, gli errori strategici e tattici della Merkel. Cominciamo da questi ultimi. L’errore politico più serio della Merkel è avere un alleato sbagliato - il partito liberale di Guido Westerwelle - che la danneggia anziché sostenerla. Dalla mancata riforma fiscale al nucleare. Usciti vincitori dalle ultime elezioni generali con una baldanza che era sopra le righe, i liberali hanno avanzato programmi ambiziosi (riduzione delle tasse, riforma del sistema sanitario) che si sono rivelati impraticabili e controproducenti. Da qui i continui conflitti interni alla coalizione che la Merkel ha cercato di smussare anziché risolvere. Quella che sembrava una mediazione era in realtà una rimozione momentanea del conflitto. Le cose non sono andate meglio recentemente a proposito della neutralità tedesca nella crisi libica. La convergenza tra la Cancelliera e il ministro degli Esteri Westerwelle non è avvenuta sotto il segno di una scelta meditata, ma con la preoccupazione di giustificarsi presso gli alleati occidentali. La decisione di starsene fuori non è dispiaciuta ai tedeschi, che in questo momento ritengono di avere problemi più urgenti cui pensare. Ma da una Cancelliera che tra le sue priorità conclamate mette sempre il rafforzamento dell’Europa e il ruolo consapevole della Germania nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ci si aspettava un atteggiamento meno elusivo. Da qui l’appannamento di immagine di una donna che aveva sempre dato l’impressione di essere risoluta e chiara anche nei momenti di dissenso. È stato con questa immagine che la Cancelliera si è presentata ai suoi concittadini come vincente sulla questione che più le sta a cuore: la tenuta e la riorganizzazione del sistema economico-finanziario europeo con un solido apparato di controlli. Ma la cosa non sembra avere impressionato gli elettori che si chiedono se in Europa è passata davvero la linea Merkel. Non ne sono del tutto convinti, in ogni caso non sembrano entusiasti dello stato di salute dell’euro. Ma sono rassegnati: per la Germania l’Europa è una costosa necessità. Ecco perché quella che la Merkel riteneva fosse la sua carta elettorale vincente non ha funzionato. In compenso ha rivelato una fatale incertezza nella politica dell’energia nucleare che in questo momento è ciò che sta più a cuore agli elettori tedeschi. L’idea di convocare un «consultorio etico» per ripensare ancora una volta l’intera questione del nucleare, che alla maggioranza dei tedeschi è assolutamente chiara, è sembrato un pretesto per prendere tempo. Il resto lo ha fatto l’incauta sortita del ministro dell’Economia (anche lui un liberale) che ha lasciato capire che la ventilata ritirata dal nucleare era una mossa elettorale. È questo atteggiamento che è stato punito - al di là della sostanza - proprio per lo stile elusivo dei politici. Il punto è importante. La chiave di lettura della batosta elettorale subita dalla Cdu nel Baden-Württemberg non è soltanto la preoccupazione per le centrali nucleari, ma anche e soprattutto l’insensibilità e l’ostinazione mostrate dalla classe politica locale e regionale nel lungo braccio di ferro per un macro-progetto attorno al centro ferroviario di Stoccarda. Un progetto disapprovato da una consistente parte della popolazione, ma soprattutto percepito come un’arrogante imposizione della classe politica. Si è parlato di «problemi di comunicazione» - in realtà si è assistito a un duro e serio confronto di opinioni, rimasto irrisolto e irrigidito. Si è risolto con le elezioni. La cancelliera Merkel (per convinzione o per lealtà di partito) si è schierata apertamente da una parte, sostenendo il gruppo dirigente locale. Lo ha pagato duramente. Doveva farlo? Poteva evitarlo? Da questo braccio di ferro è uscito vincente il partito dei Verdi che nominerà il presidente dei ministri di uno dei Länder più importanti della Germania e governerà con la socialdemocrazia, come anche nella Renania-Palatinato. In prospettiva si profila in autunno la possibilità di un cambio analogo anche nella capitale Berlino. Sarebbe indirettamente un altro duro colpo per la Merkel, a meno che nel frattempo non abbia un imprevedibile scatto di fantasia politica. In ogni caso sarebbe un errore pensare il futuro in una logica di giochi partitici vecchia maniera (dopo tutto la coalizione rosso-verde non è affatto una novità in Germania). La lezione di questi giorni è la virtuale mobilitazione di cittadini pronti a impegnarsi direttamente sui grandi problemi, che ritengono vitali, senza delega in bianco ai professionisti politici, a meno che questi non abbiano imparato la lezione.


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