martedì 1 marzo 2011

La maggioranza solleva il conflitto di attribuzione sul caso Ruby


I capigruppo di maggioranza, Fabrizio Cicchitto, Marco Reguzzoni e Luciano Sardelli hanno inviato al presidente della Camera, Gianfranco Fini, una lettera nella quale chiedono di sollevare conflitto di attribuzioni fra i poteri dello Stato “a tutela delle prerogative della Camera”.

I capigruppo della maggioranza chiedono, tra l’altro, di sollevare conflitto di attribuzioni per “l’assoluta infondatezza ed illogicità dei capi di imputazione”. “All’Organismo parlamentare – si legge nella lettera trasmessa a Fini – non può essere sottratta una propria autonoma valutazione sulla natura ministeriale o non ministeriale dei reati oggetto di indagine giudiziaria. Nè tantomeno ove non condivida la conclusione negativa espressa dal Tribunale dei ministri – la possibilità di sollevare conflitto d’attribuzioni davanti alla Corte costituzionale – assumendo di essere stata menomata per effetto della decisione giudiziaria, della potestà riconosciutale dall’Articolo 96 della Costituzione”.

Nel testo, firmato da Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli, si parla anche di “superficialità” che sarebbe stata dimostrata dai magistrati di Milano. Decidendo di continuare ad occuparsi del ‘caso Ruby’ nonostante la Camera si fosse pronunciata per la competenza del tribunale dei Ministri, è la tesi della maggioranza, i magistrati avrebbero leso le prerogative dell’assemblea di Montecitorio e avrebbero dato della disciplina vigente “un’interpretazione scorretta”.

Sollevare il conflitto di attribuzione alla Camera significa, in caso di accoglimento del ricorso da parte della Corte Costituzionale, riportare il processo in questione all’autorizzazione a procedere per il caso di reato ministeriale. Si puo’ sintetizzare così l’obiettivo che la maggioranza si propone, attivando la procedura per il processo che riguarda
Silvio Berlusconi per il caso Ruby.

Ecco come funziona la procedura:

LA LEGGE: La legge costituzionale 1 del 1989 attribuisce alla Camera il potere di dare l’autorizzazione a procedere di fronte a reati ministeriali, commessi da ministri e presidente del Consiglio, secondo quanto disciplinato dall’articolo 96 della Costituzione. Nel caso in cui, dunque, la Camera ritenesse lesa questa sua prerogativa, la Camera può sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri davanti alla Corte Costituzionale. I passaggi parlamentari previsti chiamano rispettivamente in causa
Ufficio di presidenza, Giunta per le autorizzazioni e quindi voto dell’assemblea.

Sul caso Ruby che vede il presidente del Consiglio a processo il 6 aprile, si è dunque aperta la prospettiva di un conflitto davanti alla Corte Costituzionale, paventata fin dall’inizio dal Pdl, posta la competenza del Tribunale dei ministri ‘rivendicata’ da subito da parte della maggioranza, che in tal modo si era già espressa negando l’autorizzazione alla perquisizione chiesta dai pm di Milano.

I TEMPI: Ad ogni modo, non si sospende da subito il procedimento ormai avviato davanti ai magistrati. L’ipotesi di sospensiva del procedimento, infatti, nella legge del 1953 che regola il funzionamento della Corte Costituzionale, viene disciplinata dall’articoli 35 e 40 e riguarda il giudizio di legittimità costituzionale delle leggi sollevato in via principale ed il conflitto fra enti e non fra poteri dello Stato: “L’esecuzione degli atti che hanno dato luogo al conflitto di attribuzione fra Stato e Regione ovvero fra Regioni – si legge nell’articolo 40 – può essere in pendenza del giudizio, sospesa per gravi ragioni, con ordinanza motivata, dalla Corte”.

LE FASI: Sollevato il conflitto di attribuzione, il giudizio della Consulta si articola invece in due fasi. In una prima fase i giudici costituzionali sono chiamati a conoscere il ricorso del ricorrente, in camera di consiglio e senza contraddittorio. Se giudicano ammissibile il ricorso, la Corte dispone la notificazione alle parti che ha individuato e dà un termine al ricorrente perché ridepositi il ricorso notificato. Per le notifiche in genere il termine è di 60 giorni, 30 o 15 in alcuni casi più urgenti. La Corte dà quindi un termine giorni anche alla parte resistente per decidere di costituirsi in giudizio. Dal momento, dunque dell’eventuale dichiarazione di ammissibilità passerebbero alcuni mesi per giungere alla trattazione nel merito del conflitto sollevato.

GLI EFFETTI: Se la Consulta dovesse riconoscere il ricorso fondato, il giudizio penale verrebbe travolto e il procedimento ripartirebbe secondo la legge costituzionale, che prevede l’autorizzazione a procedere in caso di reato ministeriale.

LE REAZIONI:

“E’ l’ultimo di una serie infinita di abusi”, ha sottolineato
Dario Franceschini del Pd. “E per arrivare a questo ci si è esposti al ridicolo di fronte al mondo, sostenendo che si tratta di un reato ministeriale perché il premier avrebbe detto che credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak”, ha ricordato, “ha riso tutto il mondo”. Sulla stessa lunghezza d’onda il commento di Anna Finocchiaro, capogruppo dei democratici al Senato: ”Infischiandosene degli appelli del Capo dello Stato ad evitare scontri istituzionali, ignorando la gravità della crisi in cui versa il Paese che li dovrebbe portare a prendere sei provvedimenti di cui non si vede traccia, maggioranza e governo, schiavi degli interessi e delle paure del Premier e devoti all’obbedienza al capo fino a smarrire il senso della ragione, non si vergognano di sollevare alla Camera il conflitto di attribuzione sul caso Ruby. Il Parlamento è ogni giorno ormai sottoposto a intollerabili forzature da parte del Pdl e del governo, la cui unica preoccupazione è quella di evitare il processo del Presidente del Consiglio. Quello di oggi è un’ulteriore abuso che disonora, agli occhi dell’opinione pubblica italiana e internazionale, il nostro Paese ”.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ecco, ci siamo arrivati, era prevedibile e ineludibile per salvare B. dal processo.
Un Parlamento da schifo.