venerdì 4 marzo 2011

Napolitano a Gheddafi: "Fermi le armi" Maroni: "Serve diplomazia, non le bombe"


Dopo che gli Stati Uniti hanno rotto gli indugi, minacciando per bocca del presidente Obama un possibile intervento militare per liberare la Libia dal tallone di Gheddafi, anche l'Italia cerca di far sentire la sua voce nei confronti del regime di Tripoli. Un appello alla fine dei combattimenti è arrivato stamani dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. "La violenza contro il popolo libico non può essere tollerata. Il colonnello Gheddafi deve fermare ogni azione militare contro il suo stesso popolo" ha detto il capo dello Stato intervenendo a Ginevra al Consiglio per Diritti Umani delle Nazioni Unite. Il problema, ha poi sottolineato il capo dello Stato, è che c'è "un atteggiamento di aperta sfida del colonnello Gheddafi alla comunità internazionale, una provocazione nei confronti dei protagonisti della vita internazionale che hanno detto basta con i bombardamenti, basta con la repressione".

Napolitano non ha nascosto poi la sua preoccupazione: "Temo che in Libia bisognerà fare i conti con sviluppi imprevedibili allo stato attuale". "La situazione - ha aggiunto - è molto diversa da quella egiziana dove le forze armate sono un'istituzione dotata di una propria autonomia. Lì, nel momento in cui l'esercito si è schierato con la popolazione, il potere della leadership politica è crollato".

Parole dure questa mattina anche dal ministro degli Esteri Franco Frattini. "Gli atti criminali commessi dal regime libico – ha promesso il responsabile della Farnesina - dovranno essere puniti dalla comunità internazionale". "Nessun dialogo potrà mai svilupparsi - ha sottolineato - in presenza di gravi violenze e sistematiche violazioni dei diritti umani, come quelle perpetrate in questi giorni in Libia". Per Frattini, "gli appelli e le decisioni dell'Onu, dell'Europa e della Lega Araba dovranno portare a conseguenze serie per chi continua a violare i diritti basilari delle persone".

Una posizione di apparente fermezza che pare non del tutto in sintonia con i timori espressi sempre oggi dal ministro dell'Interno Roberto Maroni. "Mi auguro che l'11 marzo i capi di stato e di governo dell'Unione Europea decidano veramente un'offensiva diplomatica di questi paesi, non solo minacciare di bombardarli - ha osservato il capo del Viminale - perché si ottiene l'effetto opposto, di presentare cioè l'Europa come il nemico e non come l'amico, mettendo questa gente nelle mani degli integralisti e forse, peggio, dei terroristi". Parole, quelle di Maroni, dettate dall'allarme immigrazione. "Ancora oggi le notizie che arrivano da quelle aree - ha aggiunto il ministro dell'Interno - sono di decine di migliaia di disperati, che non sanno dove andare, cosa fare e come sostenersi". Quanto agli effetti che questo potrà avere sull'Italia, Maroni ha chiarito: "Speriamo di prevenire tutto, però c'è il piano B e nel caso dovesse succedere l'ira di Dio tutti devono essere pronti".

Nel frattempo, con una presa di posizione che a Maroni non farà certo piacere,
il ministro dell'Interno francese Claude Guéant ha chiesto all'Italia di tenere sul suo territorio gli immigrati tunisini che intendono raggiungere la Francia.

(04 marzo 2011)

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