venerdì 4 marzo 2011

Il pressing del Cavaliere sull'alleanza "Voglio una via d'uscita in tempi brevi"



LIANA MILELLA
Niccolò Ghedini non ha mai avuto feeling per Vitali. Ne ha stoppato l'ascesa a sottosegretario piazzando al suo posto in via Arenula la Casellati e Caliendo. E Vitali gli tiene più di un broncio. Raccontano che ieri, quando l'avvocato del premier ha letto sulle agenzie l'uscita del deputato, ha reagito con freddezza citando una frase ripetuta spesso dal suo collega Piero Longo, uno con il sorriso sempre sprezzante in faccia e la battuta tagliente pronta: "È il tumulto degli imbecilli".
A palazzo Grazioli invece un'ombra è scesa sulla faccia del premier. "Vitali ha esagerato. E sia pure. Ma vi volete decidere a presentare quella norma sulla prescrizione di cui mi avete tanto raccontato nei dettagli, ma che ancora non vedo?". I processi incombono. Il Cavaliere è stanco. "Tentano con accuse false, infondate e ridicole di abbatterci, ma non ci riusciranno. Non è possibile lasciare che un ordine dello Stato, la magistratura, possa esondare e dichiarare guerra al potere politico", si sfogherà in serata a una cena del Pdl. I suoi rumoreggiano contro Ghedini. I peones si scatenano per avvicinarsi il più possibile nello stretto cerchio di via del Plebiscito.È questo il backstage della proposta di Vitali. Che non spunta come un fungo. Ma è preceduta da un faccia a faccia tra Berlusconi e il deputato brindisino di due settimane fa in via del Plebiscito. Le otto di sera. Un'ora di colloquio. I cronisti delle agenzie lo vedono arrivare ed andar via. Lui glissa: Dice di aver parlato solo delle intercettazioni. Certo, anche di quelle. Del suo progetto di punire, colpendolo nel portafoglio, il pm che ha disposto lunghi e costosi ascolti, rivelatisi inutili perché alla fine ha perso il processo. L'idea a Berlusconi piace. Il capo del governo si sfoga con Vitali per la gabbia dei processi che lo stringe. Lui smania per uscirne. Vitali prospetta delle ipotesi. Poi torna a casa. Si mette a studiare. Da un lato della scrivania i processi del Cavaliere, dall'altra i codici. Stila la nuova legge. Un gioco da ragazzi. Del resto, proprio così in passato è nata più d'una delle leggi ad personam. Come la stessa Cirielli o la Cirami.
Il deputato pdl non ne parla con Ghedini. Neppure nella Consulta per la giustizia che s'è riunita giusto mercoledì pomeriggio. Lui, come molti altri tra i parlamentari del Pdl, deputati e senatori, mal vedono e avversano il grande potere che l'avvocato di Padova s'è conquistato. Tanti, anche nel cerchio più stretto intorno a Berlusconi, sono infastiditi addirittura dall'ufficio che Ghedini possiede nella residenza romana del premier. Lo detestano perché non si è mai battuto per imporre l'unica via che loro ritengono risolutiva, il ritorno all'immunità. "Quella servirebbe a tutti, ma lui se ne frega, pensa solo ai suoi interessi". Fanno di tutto per dimostrare che le leggi ad personam che avrebbe elaborato, perché loro gliele addebitano tutte, la blocca-processi, il processo breve, le intercettazioni, il lodo Alfano, il legittimo impedimento, non hanno mai avuto successo. Perché si può fare di meglio. Molto meglio. Come nel caso della proposta di Vitali.

Ghedini reagisce con assoluta freddezza. Spesso lo hanno sentito dire con un sorrisetto gelido: "Io in disgrazia? Ridicolo. E comunque io ho il mio lavoro e se dovessi tornare a casa ho ben di che vivere". Ricco l'uomo, da generazioni. Uno studio che sopravvive pure senza Berlusconi. Ma intorno gli cresce la protesta. E l'ansia spasmodica per "salvare Silvio". Ormai non si parla che di questo tra Camera e Senato. Tutti s'ingegnano per cercare norme, leggine, articoli, emendamenti per mettere il capo al sicuro. Sulla prescrizione breve per gli incensurati, che lo salverebbe dai dibattimenti Mills e Mediaset facendoli chiudere d'un colpo, si stanno dando da fare gli avvocati-parlamentari. E il fastidio per l'uscita di Vitali nasce proprio dal timore che una possibile strategia pensata per il Senato salti. Quella di una legge presentata dai capigrupo, una Cirielli bis, che contenga pochissimi articoli e sia di facile gestione parlamentare.

Ma la norma, di cui si discute in ogni conciliabolo, non decolla. Stenta ad uscire. Ci sono esitazioni che irritano Berlusconi. Ghedini teorizza che se si fanno i processi si possono vincere tutti. Traccheggia sulla prescrizione breve. "La presenterete? Chissà". Spinge per non irritare oltre misura i giudici. Com'è successo per la riforma costituzionale della giustizia e per le intercettazioni. Nella prima si è battuto per inserire l'articolo che stabilisce e fissa nella Carta, "per la prima volta" dice lui, il principio dell'autonomia e dell'indipendenza anche del pubblico ministero. Poi ha contrastato chi voleva abolire l'obbligatorietà dell'azione penale con questo ragionamento: "Se Berlusconi finisce all'opposizione, chi governa darà indicazione di fare solo i processi in cui lui può essere imputato". Sulle intercettazioni si batte per una versione soft, purché si faccia. "Quanto prima affronteremo la legge, per riservarle solo ai delitti più gravi. Metteremo un divieto assoluto alla pubblicazione di altre intercettazioni, che sono facilissimamente manipolabili", spiega intervenendo in serata a una cena del Pdl a Osimo. E tiene ferma, ormai da un mese, la proposta Vitali. Che non glielo perdona. E tenta di trattare per suo conto con il Cavaliere dimostrandogli che "per salvarlo si può fare molto meglio di Ghedini".
(04 marzo 2011)

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