DOMENICO QUIRICO
Il Colonnello mi ha regalato ieri due succhi di frutta alla mela, buoni, un vasetto di acqua di rose dal poetico marchio «spirito della vita» e «senza microbi infetti»; e una merendina al cioccolato, di quelle scolastiche, nel pacchetto sotto vuoto. Avrei potuto ottenere di più, in bevande e alimenti, perché i suoi uomini, ieri generosissimi, cercavano di riempirmi le tasche, quasi dovessi traversare il deserto. Seccava loro di gettar via molto ben di dio di cui eran zeppi i loro scatoloni. Erano lì per dimostrare che nella Salò dell’irrancidito uomo di Tripoli si ciabatta nell’abbondanza. Come un tempo.
Ras al Jedir ore tredici, frontiera dei dannati, appuntamento a sorpresa con l’operazione propaganda di Gheddafi. Sembra una impresa disperata risalire, dopo che le sorti del regime si sono fatte così disperate e sbilenche; mezzo Paese, almeno, si affaccenda a bruciarne i ritratti e ne malmena la memoria come se fosse già estinto. Ma ieri, anniversario di una rivoluzione ormai lardellata di macchie, il Quasi Vinto ha dato segni di riscossa anche militare. Bisognava essere presenti su tutti gli scherni planetari anche qui, alla frontiera Est, dove una tragedia umanitaria volge gli occhi del mondo e offre nuovi spunti alle tentazioni interventiste dell’Occidente.
Gli uomini della Guida suprema sono arrivati al varco con
I libici hanno dunque fermato il flusso dei profughi, dicono che ce ne siano ancora decine di migliaia forse sessantamila: perché avevano bisogno di spazio per lo show. Le dittature al tramonto hanno questi guizzi piazzaioli, fanno le mancerose, commediano salute ed entusiasmo. E’ il segno più manifesto, di solito, che si è imboccato l’ultimo quarto d’ora.
Sui pick up strambustano una cinquantina di volenterosi dalle ugole possenti, con ritratti del Colonnello e bandiere verdissime della Jamahiriya, sembrava scomparsa, televisivamente annientata in queste settimane dalle nuove bandiere libiche. Eccola qui invece, i fedelissimi se ne avvolgono, come di una divisa, li guardano con la tenerezza del serpente per la sua vecchia pelle. Presidiano lo spettacolo, con i mitra e le divise nere, poliziotti dall’aria fegatosa e cannibalesca ma oggi volonterosamente mansueta. «Gheddafi per sempre», «lo difenderemo con i nostri corpi», e ancora si lasciano andare a ditirambi dispettosi verso la tv Al Arabiya considerata come l’istigatrice dei guai del Colonnello. «Dietro tutto c’è Bin Laden» inveisce un forsennato in grisaglia poliziesca. Si sgolano, ci danno dentro i gheddafisti: perché un operatore issato su una jeep filma tutto minuziosamente.
Ma il colpo a sorpresa è un altro. Dai camion vengono tirati fuori scatoloni di cibo e bevande. Con grandi gesti i propagandisti invitano i fuggiaschi a farsi sotto, a servirsi:
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