lunedì 21 marzo 2011

Tripoli proclama il cessate il fuoco Distrutti edifici della residenza del raìs



A ventiquattr'ore e 110 missili dall'inizio dell'operazione Odissey Dawn, il massiccio attacco lanciato ieri alla Libia dalla coalizione internazionale guidata da Stati Uniti, Francia e Regno Unito, le operazioni militari della coalizione internazionale non si fermano. Neanche quando le forze armate di Gheddafi annunciano di aver deciso un cessate il fuoco immediato. E se il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, auspica che Tripoli "mantenga la parola", gli Stati Uniti non ci credono: "Gheddafi non lo sta rispettando. L'intervento va avanti", dice Tom Donilon, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca. Tant'è che in serata arriva la notizia che un edificio del complesso residenziale del raìs è stato completamente distrutto. Nel mirino, adesso, c'è il bunker. L'esercito francese sconsiglia la presenza di giornalisti sul posto.

L'annuncio della sospensione delle operazioni militari viene dato al termine di una giornata in cui l'avanzata delle truppe di Gheddafi verso Bengasi è stata fermata dai raid. "Pensateci, o sarà l'inferno", minaccia il Colonnello in un messaggio audio in tv. L'Unione africana chiede la fine immediata di tutte le ostilità mentre Lega Araba, Cina e Russia contestano i raid. Primi decolli dalle basi italiane: da Sigonella sono partiti nel pomeriggio gli F16 danesi, in serata sei tornado italiani si sono mossi dall'aeroporto di Trapani. Il ministro degli Esteri Franco Frattini dice che "l'Italia vorrà esserci nella nuova Libia", il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano invita a non cedere alle paure 1: il nostro Paese "non è in guerra contro la Libia ma partecipa a un'operazione autorizzata dalle Nazioni Unite. Giallo su un rimorchiatore italiano 2 trattenuto da libici armati.

VIDEO L'annuncio del cessate il fuoco 3

IL FOTORACCONTO 4

VIDEO Il convoglio centrato dai raid 5

I raid, il bilancio del Pentagono. Centodieci missili dall'inizio dell'operazione, colpiti tutti gli obiettivi prefissati, nessuna indicazione di vittime civili: il bilancio è del Pentagono, lo fornisce l'ammiraglio William Gortney durante il briefing a Washington. I raid sono iniziati all'alba. I caccia francesi hanno bloccato l'avanzata dell'esercito verso Bengasi: distrutti carri armati, quattordici tank, una ventina di mezzi corazzati, decine di jeep. Fra gli attacchi, anche quelli di tre Stealth americani, i bombardieri "invisibili", che hanno sganciato quaranta bombe su una base aera libica. Ma Misurata, ultima roccaforte degli insorti della Tripolitania, è tutto il giorno sotto attacco. Poi l'esercito entra nella città e blocca il porto.

Gheddafi: "Guerra lunga, Italia traditrice". Mentre sul Paese cadevano le bombe della coalizione, il Colonnello ha fatto sentire la sua voce. Ha paragonato i "nemici" ai "nazisti", promettendo loro "l'inferno" di una "lunga guerra" che alla fine sarà vinta dalla Libia contro gli occidentali "barbari, terroristi, mostri, criminali", il cui unico scopo è di "appropriarsi del nostro petrolio". I libici, ha detto il raìs, si stanno armando, "sarà una guerra combattuta da persone pronte a morire da martiri". L'attacco alla Libia "è una nuova crociata contro l'Islam ma sarete sconfitti come già in Iraq, Somalia, Vietnam". Quindi, il monito alla coalizione: "Chiudetevi nelle vostre basi" e "pensateci bene". E poi: "L'Italia ci ha tradito, come lo ha fatto la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Ma Bengasi non permetterà che la bandiera americana, francese e britannica sventoli sulla città".

La Lega Araba critica i raid, ma il Qatar si schiera. Secondo il segretario della Lega Araba, Amr Mussa, i raid della coalizione internazionale sono andati oltre l'obiettivo di imporre una no fly zone: "Quello che vogliamo è proteggere i civili, non bombardarne altri", ha detto Mussa, ricordando che la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell'Onu afferma il divieto di ogni tipo di "invasione e di occupazione": "La protezione dei civili non richiede operazioni militari", ha aggiunto. Ma intanto il Qatar ha deciso di unirsi alla missione, unico Stato arabo ad aver preso finora posizione - con la disponibilità di quattro o sei aerei - sul teatro di guerra. "E' necessario che i Paesi arabi vi prendano parte", ha detto il primo ministro e ministro degli Esteri Sheikh Hamad Bin Jassem, precisando che Odissey Dawn "non è contro il popolo libico né contro Gheddafi e i suoi figli", ma ha lo scopo di "fermare il bagno di sangue". Anche gli Emirati dovrebbero prendere parte all'intervento, secondo fonti diplomatiche dell'Onu, anche se non c'è ancora alcuna dichiarazione ufficiale.

La Russia e la Cina. Critiche all'operazione militare anche da Russia e Cina. Entrambe si sono astenute, giovedì scorso, quando il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha approvato la risoluzione 1973. Oggi la Russia ha chiesto che si ponga fine "all'uso non selettivo della forza" in Libia, osservando - in un comunicato del ministero degli Esteri - che "nel quadro dei bombardamenti aerei sono stati lanciati attacchi su obiettivi a carattere non militare": "Sono stati uccisi quarantotto civili e ci sono oltre centocinquanta feriti - si legge ancora - per questo chiediamo di fermare il ricorso all'uso non selettivo della forza". La Cina ha espresso "rammarico" per i bombardamenti: "Speriamo che la Libia possa ritrovare stabilità prima possibile - si legge in una nota del ministero degli Esteri - ed evitare nuove vittime civili legate all'escalation del conflitto armato".

Decollano i tornado, l'Italia in azione
. Dal tardo pomeriggio, nelle basi siciliane di Birgi e Sigonella è aumentata l'attività. Sei F16 danesi sono decollati dalle piste dell'aeroporto nel siracusano, i primi a partire da una base italiana. Mentre in serata, proprio poco dopo l'annuncio del cessate il fuoco, sei tornado italiani si sono levati in volo dall'aeroporto di Trapani: tre di questi sono caccia Ecr, vale a dire equipaggiati per la guerra elettronica e dunque in grado di neutralizzare i sistemi radar nemici. I velivoli sono tornati alla base poche ore dopo. L'Italia dunque entra in campo mentre il ministro degli Esteri Franco Frattini spiega che "noi vogliamo condividere problemi, responsabilità, ma anche partecipare alla nuova Libia che verrà dopo Gheddafi", e che "la pressione internazionale indurrà un regime, che ormai nessuno al mondo considera più un interlocutore legittimo, a lasciare. Questo non è l'obiettivo della missione internazionale, ma è certamente un obiettivo politico della diplomazia di tutto il mondo".

(20 marzo 2011)

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