sabato 9 aprile 2011

Battute, barzellette hard e bunga bunga Ma su Silvio scende il gelo della platea


di FILIPPO CECCARELLI

Ancora una volta ieri mattina il demone del raccontatore di barzellette si è impossessato del presidente del Consiglio; e quindi, fattolo cadere debitamente in trance, ha costretto il Cavaliere a offrire a una platea di laureati uno vero spettacolo di possessione istrionica a base di "storielle", come dice lui.

"Ce ne dica una, ce ne dica una" l'aveva in verità implorato una specie di mellifluo presentatore, a nome
Andrea Rocchi, rimasto poi vittima dell'invasamento teatrale e istituzionale per via della giacca sbottonata, della brutta cravatta, delle scarpe incautamente marroni e soprattutto della barba - un pretenzioso pizzetto nel caso del povero Rocchi - che il presidente Berlusconi ha senz'altro e più in generale scoraggiato giacché "induce diffidenza", dando l'impressione in chi la porta di voler "nascondere qualche malformazione".

Dell'estetica pedagogica del Cavaliere, d'altra parte, ha fatto pure le spese qualche minuto dopo un innocente superlaureato senza troppi capelli sul capo. Con una formula che il demone giullaresco ritiene evidentemente spiritosa e garbata, il premier si è rivolto a lui coram populo assicurando che gli avrebbe dato "l'indirizzo del mio medico" in modo da ottenere "una chioma decente", eccetera.

E comunque, tornando alle barzellette: "Ce ne dica una, ce ne dica una". E allora Berlusconi gliene ha sciroppate tre e mezza, almeno, sia pure con gradimenti alterni e controverso favore. Quella del Magnifico Rettore che casca in bagno. Poi quella dei denti gialli e della cravatta marrone. Quindi, sempre lodandosi, ha sbrodolato sull'utilità di avere sempre la battuta pronta, quella "che ti viene da dentro"; e ha reso noto con naturale compiacimento di conoscere "certamente più di duemila storielle".

Ma non era ancora finita, perché dopo aver sceneggiato con la complicità degli astanti un episodio di vita vissuta, l'apologo della stretta di mano allo storpio, sempre in nome dell'auto-privacy il Cavaliere, o il suo tirannico daimon, in ogni caso si è fatto vanto di facezie e spiritosaggini raccontate addirittura prima di un'operazione, "facendo sbellicare l'intera sala operatoria".

C'è da dire che mentre tutto questo andava in scena a Palazzo Chigi, il ministro per la gioventù Meloni, che qualche tempo fa in un congresso aveva promesso con Filippo Tommaso Marinetti "di scagliare la sua sfida alle stelle", se ne stava in piedi, con le mani in grembo, ad ammirare con diletto un po' fantozziano questo potere che nella risata terra-terra, e non negli astri, cercava il suo compimento.

Che l'abbia poi trovato, e cioè che ieri le barzellette di Berlusconi abbiano fatto ridere, è già meno facile a dirsi. Così come d'altra parte rimane misterioso il significato profondo di questa sua continua discesa negli inferi della comicità; né ancora si capisce dove può portare questo interminabile carnevale, questo rincorrere la materia bassa e ridanciana, questa sghignazzante malia che spinge il comando verso l'osceno.

Sta di fatto che il clou del matinée berlusconiano, ovverosia la barzelletta del tedesco invitato da un italiano a versare dello champagne sui genitali di "una bella signora", e lì "suggere" e così via, è suonata neanche troppo divertente all'uditorio dei super-laureati. Forse perché purgata, come poi l'indefesso raccontatore si è sentito in dovere di spiegare una volta resosi conto del flop - ma a quel punto aggravando la situazione, che diventava gelida.

Chi abbia letto "Il re che ride" (Marsilio, 2010), la penetrante e terribile esegesi che lo scrittore Simone Barillari ha compiuto delle storielle del Cavaliere, si è fatto l'idea del perché, tra le duemila del suo repertorio, il presidente del Consiglio ha scelto proprio quella del tedesco scemo: c'entra la crisi diplomatica con la Germania. Oltre che strumento di captatio benevolentiae e risorsa per riscaldare il clima, lo storytelling a sfondo umoristico consente infatti a Berlusconi di far passare una verità senza doversene assumere le conseguenze.

Sulla stessa linea, premiando due ragazze bionde, ha detto che gli veniva "la voglia" di invitarle al bunga bunga. E pure un ragazzo che si era candidato è stato ammesso in quanto "abbastanza carino". Il modulo del buttarla a ridere è ormai consolidato, il premier si dice pronto ad accogliere tutti al bunga bunga, dai cristiano sociali all'inno di Scilipoti. Di norma la platea ride - senza sapere che dalle risultanze giudiziarie emerge al massimo la partecipazione di un cagnolino chihuahua a quelle serate. Il tutto infine si è svolto a Palazzo Chigi avendo come fondale le due statue romane di Venere e Marte. A quest'ultimo - e non è una barzelletta, ma fa ridere lo stesso - Berlusconi ha fatto ricostruire e riattaccare con uno specialissimo magnete il pisello. Operazione costata - e questo non fa ridere - 70 mila euri. Sembra anche che il Cavaliere non fosse del tutto soddisfatto per le ridotte dimensioni - e qui la risata è facoltativa.

(09 aprile 2011)

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