venerdì 29 aprile 2011

Bossi, Milano e la tentazione della “carognata finale”


di Fabrizio d’Esposito

Secondo giorno, ieri, di bombardamento leghista sul Cavaliere. Altro titolo celodurista della Padania, house organ del Senatur mai compulsato come in questi giorni: “Bombe uguale più clandestini. Il Carroccio non arretra”. La crisi libica, col passare delle ore, rischia di non essere più il solito giochino delle parti tra il premier e Umberto Bossi. Anzi, se prima questo era un sospetto rassicurante nell’inner circle di Palazzo Grazioli, adesso inizia a diventare una speranza. Di qui la reazione del Giornale di famiglia che ha sparato contro “Tremonti che aizza la Lega”, avvisaglia di un possibile trattamento Boffo per il ministro dell’Economia e anche estremo tentativo di offrire una sponda al Senatur, visto che il “cattivo” viene individuato nel divo Giulio della Seconda Repubblica.

A questo punto, infatti, quella che potrebbe essere la partita finale del governo, tra le bombe su Tripoli e le elezioni di Milano, ruota interamente al patto umano e anche notarile (ne fu testimone l’eurodeputato leghista Speroni) tra B. & B., Berlusconi e Bossi, sottoscritto un decennio fa.

È stato lo stesso premier a dirlo nella cena dell’altra sera a casa di Melania Rizzoli, deputata del Pdl e moglie dell’editore Angelo: “Io e Umberto ormai ci conosciamo da vent’anni, il nostro rapporto è solido, lui non mi farebbe mai scorrettezze”. A detta sempre del premier la colpa sono le “fibrillazioni del Carroccio” che finiscono per alimentare le ambizioni tremontiane, che ci sono eccome. Non a caso, il correntismo che scuote la Lega è stato denunciato anche dal direttore del Giornale nel suo editoriale di ieri: “Nella Lega c’è chi getta acqua sul fuoco. Sfasciare tutto per cosa?”.

UNA PAURA che corrisponde alla fotografia consegnata alle otto di ieri sera da un alto esponente della Lega a microfoni spenti: “Il Capo è incazzatissimo con Berlusconi e ancora non gli risponde al telefono. Vuole votargli contro in Parlamento e Maroni e Calderoli lo sobillano in nome di Tremonti”.

Nel Carroccio la tentazione di rompere è forte e questo spaventa molto il cerchio magico che da qualche anno protegge e circonda il Senatur anziano e malato, che beve litri di Coca Cola e fuma sigari fino a notte fonda. Quel cerchio magico composto dalla moglie Manuela Marrone, dalla vicepresidente del Senato Rosi Mauro, dai capigruppo parlamentari Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, dal sottosegretario Belsito.

La loro pressione per ricucire con il Cavaliere è forte, ma stavolta Bossi sta pensando davvero alla rottura. Per un motivo molto semplice: nonostante i postumi dell’ictus e un cuore malandato da novantenne, il Capo ha intuito che il tasso di antiberlusconismo della base leghista è salito oltre il livello di guardia.

Lo confermano le telefonate dei militanti arrivate anche ieri a Radio Padania, senza filtro: “Sono deluso da Berlusconi. Sono molto, molto deluso soprattutto per le scelte sulla Libia” (Giacomo da Varese); “Secondo me Berlusconi è cambiato da quando si è separato dalla moglie. Poi io dico che un ricco non può capire chi tira la cinghia per arrivare a fine mese” (Rosetta da Varese); “Chi è il nostro alleato lo scopriamo adesso?” (sms); “Meglio che Berlusconi si dimetta, non se ne può più” (sms).

Per quanto incline a seguire i consigli della moglie e del cerchio magico, il Capo sa perfettamente che “la nostra gente” è decisiva per la sopravvivenza della Lega. Anche perché il Carroccio guadagna sì in percentuali elettorali ma continua a perdere voti in termini assoluti. Rispetto al 1996, quando andò da solo, manca all’appello un milione di voti.

NEI DUBBI del Senatur si sono infilati i due colonnelli Maroni e Calderoli, rivali ma uniti contro il cerchio magico. Il ministro dell’Interno, mercoledì scorso, ha sconfessato Reguzzoni, che potrebbe perdere il posto di capogruppo e fare il sottosegretario (la rosa comprende anche Brigandì e Sgarbi in quota Lega). Nello stesso giorno, ai funerali di Ferrero ad Alba, Calderoli è stato gelido con Berlusconi. Maroni lavora per una Lega autonoma da B. Calderoli ha un asse con Tremonti e ha commentato così l’inizio dei raid: “Solo quattro parole: di male in peggio”. La nottata per B. sarà lunga. Perché dopo la Libia, ci sono le elezioni a Milano e il Capo potrebbe optare per l’effetto Brunetta, ossia il disimpegno leghista che ha fatto perdere il ministro della Funzione pubblica a Venezia. Un modo per salvare il rapporto umano e scaricare la caduta del governo sulla “nostra gente che non ne può più”. In pratica, una “carognata”. L’ultima di Bossi a B.

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