venerdì 29 aprile 2011

MATTARELLUM E DEMOCRAZIA


di Bruno Tinti

Il Fatto ha già pubblicato un autorevole parere della professoressa Carlassare sull’ultima iniziativa di B.: il dl truffaldino che sospende il programma nucleare del governo per il tempo necessario a impedire il referendum del 12 giugno: si tratta di un dl illegittimo che potrà essere oggetto di ricorso alla Corte Costituzionale, la cui pronuncia dovrà essere valutata dalla Corte di cassazione.

Naturalmente tutto ciò richiede del tempo e quindi il giochetto di B. ha molte probabilità di raggiungere il suo scopo.

Quello che è perfino più preoccupante del sabotaggio al referendum è però l’escalation di B&C nell’utilizzo spregiudicato delle istituzioni. Si è cominciato con le spudorate ammissioni di alcuni C di B. (Belpietro e Cicchitto) ad Annozero: sì, è vero che B. si è fatto leggi su misura che avevano e hanno lo scopo di impedire alla magistratura di processarlo e, se del caso, di condannarlo. Ma che diavolo, è sottoposto a talmente tanti processi da rendere evidente che si tratta di una persecuzione; qualcosa deve pur fare per difendersi.

Sì, è vero che queste leggi su misura non fanno proprio bene all’amministrazione della giustizia e, come conseguenza, al popolo italiano tutto; ma un premier deve essere messo in condizioni di governare: è il prezzo che si paga all’ostinazione complottistica dei magistrati.

Adesso abbiamo la rivendicazione della legittimità dell’illegittimità: qualsiasi mezzo, formalmente corretto, è buono per impedire al popolo di opporsi alle scelte del governo.

È vero che la Costituzione prevede lo strumento referendario; è vero che si tratta di uno strumento di democrazia diretta che garantisce, al di là di ogni mattarellum o porcellum, la sicura identificazione della volontà popolare. Ma noi non possiamo permettere al popolo di vanificare i nostri progetti; e quindi gli dobbiamo impedire di pronunciarsi.

Per chi, come me, ha calcato aule di giustizia per tanti anni, questo scenario è assolutamente consueto. Ogni rinvio per difetto di notifica, ogni nullità fatta valere ad anni di distanza dall’inizio del processo, ogni evidente sfruttamento di inadempimenti formali ha sempre avuto un solo scopo: assolvere l’imputato. Si può essere tutti d’accordo: trattasi di un fottuto delinquente ma... la data dell’udienza è stata comunicata solo all’avvocato (che gliel’ha detto) ma a lui no; bisogna ricominciare tutto da capo; ma è tutto prescritto! Eh, la legge è legge.

Perché questo esempio? Perché si tratta della stessa malattia: l’uso spregiudicato di ogni strumento, ancorché legale, per raggiungere i propri fini; non necessariamente illeciti: un avvocato che usa delle formalità del codice per evitare la condanna del suo cliente compie il suo dovere; un premier che si fa fare leggi che gli evitino la galera meritata, ovviamente no.

Sotto questo profilo violare la Costituzione con escamotage formalmente corretti non è meno grave di quanto non lo sia violarla bloccando le strade con i carri armati; sempre di spregio della volontà popolare si tratta, sempre di violenza alla democrazia, sempre di uso indegno del potere. Alla fine la Corte costituzionale dichiarerà l’ennesima violazione della Carta; ma ciò che è veramente grave è l’improntitudine di un presidente del Consiglio che rivendica il suo diritto (diritto) di impedire un referendum. C'è un solo modo per fargli capire che l’Italia è ancora un paese civile e democratico: andare in massa a votare per i due residui referendum; e buttargli in faccia un tale plebiscito di rabbia e disprezzo da, per dirla con Shakespeare, “muovere a rivolta e tumulto in Roma anche le pietre”.

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