mercoledì 6 aprile 2011

Caso Ruby, la maggioranza tiene «Il processo via da Milano»


Sul caso Ruby la maggioranza tiene. La Camera ha infatti approvato, con dodici voti di scarto (314 i sì, 302 i no), la richiesta avanzata dal Pdl di sollevare davanti alla Consulta un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. L'obiettivo è quello, in pratica, di trasferire il processo che vede imputato Silvio Berlusconi al Tribunale dei ministri, sottraendolo all'autorità giudiziaria di Milano, visto che uno dei reati contestati al premier, la concussione, sarebbe di natura ministeriale (l'altro è la prostituzione minorile). Alla luce dell'esito del voto, toccherà ora alla presidenza della Camera individuare il legale che dovrà redigere il ricorso da presentare alla Corte Costituzionale. Sull'andamento del processo, il difensore del capo del governo, Niccolò Ghedini, è pero scettico. E a chi gli chiede se a questo punto il procedimento debba essere sospeso, l'avvocato-deputato risponde che tanto i giudici di Milano «faranno come sempre quello che vogliono».

LA VOTAZIONE - Per la votazione sul caso Ruby, i banchi del governo erano al gran completo. Presenti tutti i ministri, tranne il presidente del Consiglio: nella poltrona da lui abitualmente occupata si è seduta Michela Vittoria Brambilla, tra Umberto Bossi e Franco Frattini. I banchi erano tanto pieni che Ignazio La Russa e Giorgia Meloni non hanno trovato posto e hanno dovuto accomodarsi sui banchi dei deputati. Con la maggioranza hanno votato anche i deputati liberaldemocratici Daniela Melchiorre e Italo Tanoni.

I NUMERI - Sui numeri in Aula è però bagarre. Il capogruppo Pd Dario Franceschini ha apostrofato la votazione come «un'altra pagina davvero vergognosa», mettendo poi l'accento sui dodici voti di vantaggio della maggioranza. «Sono arrivati a 314: i 330 sono un miraggio del premier e come tutti gli altri si allontana», ha detto Franceschini. «Dodici voti di maggioranza bastano» ha tagliato corto dal canto suo Bossi. E anche il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, ha mostrato soddisfazione per l'esito del voto. «La maggioranza cresce e continuerà a crescere» ha detto. Secondo i calcoli fatti nel Pdl, infatti, con i due nuovi «ingressi» (Melchiorre e Tanoni), i voti a favore del governo dovrebbero essere 323: in realtà, però, si continua a conteggiare tra le fila della maggioranza Antonio Gaglione, che, sempre assente nelle ultime votazioni, non si è mai schierato ufficialmente a favore del governo. Quanto al voto su Ruby, sempre secondo fonti Pdl, alla maggioranza sarebbero mancati i voti di 7 assenti.

PROCESSO BREVE E OSTRUZIONISMO -Caso Ruby a parte, i riflettori sono ora puntati sul processo breve, che è in coda all'odg della Camera. In Aula l'Italia dei valori ha fatto ostruzionismo per far slittare il più avanti possibile l'inizio dell'esame del testo. In esame, dopo Ruby, c'era il testo di legge sui piccoli comuni e il governo è stato battuto su un emendamento del Pd. Quanto al processo breve, comunque, la maggioranza sarebbe orientata a votare gli emendamenti al ddl già mercoledì sera o al più tardi giovedì. «Escludo che venga approvato entro questa settimana» ha detto comunque Massimo Corsaro, vicepresidente del Pdl.

IN PIAZZA PD E POPOLO VIOLA - Contro il processo breve, Popolo Viola e Articolo 21 hanno organizzato un presidio. Piazza Montecitorio è blindata, con i manifestanti dietro le transenne, a una cinquantina di metri dall'ingresso principale del palazzo. A fare compagnia all'enorme tricolore del Popolo Viola, bandiere dell'Idv, di Rifondazione Comunista, di Sinistra e Libertà e anche una di Futuro e Libertà. Il Pd ha deciso di organizzare una propria manifestazione al Pantheon, a partire dalle ore 18, alla quale ha preso parte il segretario Pier Luigi Bersani.

DI PIETRO - Arrivando a Montecitorio, Antonio Di Pietro si è fermato a parlare con la gente in piazza. «Prima che si passi dalla manifestazione alla rivolta vera e propria - ha detto il leader Idv -, invito i cittadini a dare seguito a un referendum politico che metta con le spalle al muro il presidente del Consiglio e indichi, al presidente della Repubblica, la dicotomia ormai esistente tra una maggioranza numerica in parlamento e una maggioranza politica che non c'è più».

BERLUSCONI- Assente a Montecitorio, il premier ha riunito a Palazzo Grazioli i capigruppo della maggioranza, prima della votazione in Aula. «Contro di me è in atto un vero brigatismo giudiziario», avrebbe detto Berlusconi commentando la pubblicazione delle intercettazioni a suo carico contenute negli atti di accusa dei pm nel processo Ruby. «Ve lo ripeto ancora una volta - avrebbe aggiunto il premier - io non ho fatto nulla».

FINI - Sulla questione del processo Ruby è intervenuto in serata, alla trasmissione tv Ballarò, il presidente della Camera, che ha spiegato come la vicenda faccia «male alla credibilità di tutto il sistema, quindi anche alla politica italiana. Anche per alcuni aspetti che vanno sottolineati con onestà. Il fatto che siano utilizzate nelle carte processuali delle intercettazioni relative a utenze del presidente del Consiglio e che quindi come tali dovevano essere distrutte, non fa male alla politica, fa male al sistema Italia», ha detto Fini. Circa la possibilità di andare in tempi brevi al voto, poi, il presidente di Montecitorio ha sottolineato che «l'Italia ha tali e tanti problemi da rendere indispensabile un governo capace di affrontarli. È noto che il mio giudizio sull'operato del governo Berlusconi da questo punto di vista è negativo. Poi devo ricordare a me stesso che la maggioranza c'è ancora. Forse è più numerica che politica, ma c'è ancora».

Redazione online
05 aprile 2011

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