venerdì 29 aprile 2011

Clandestini in carcere, la Corte Ue dice no Maroni: «Perché censurano solo noi?»



La Corte di giustizia della Ue - l'organismo comunitario che ha sede a Lussemburgo e che vigila sull'uniformità degli ordinamenti giudiziari dei Paesi membri - ha bocciato la norma italiana che prevede il reato di clandestinità, punendo con la reclusione gli immigrati irregolari. La norma - spiegano i giudici europei - è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei clandestini. La diffusione della notizia ha subito fatto discutere: il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, si è detto «insoddisfatto» perchè «primo ci sono altri Paesi europei che prevedono il reato di clandestinità e non sono stati censurati e, in seconda battuta, l'eliminazione del reato accoppiata a una direttiva europea sui rimpatri rischia di fatto di rendere impossibili le espulsioni». Ma una presa di posizione sulla sentenza dei giudici europei è arrivata anche dalla Santa Sede: la sentenza, secondo il presidente del Pontificio consiglio per i migranti, mons. Antonio Maria Vegliò, «dimostra attenzione alla persona umana anche quando si trova in una situazione irregolare». «Questa attenzione alla persona - ha aggiunto - è alla base della sollecitudine pastorale della Chiesa e della sua dottrina sociale».

«I GIUDICI NON LA APPLICHINO» - Secondo la Corte, la pena detentiva «rischia di compromettere la realizzazione dell'obiettivo perseguito dalla direttiva, ossia l'instaurazione di una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare nel rispetto dei loro diritti fondamentali». «La Corte - si legge nel dispositivo - considera che gli Stati membri non possono introdurre (...) una pena detentiva (...) solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e che il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare in detto territorio», si legge in una nota diffusa dalla Corte che sollecita gli Stati membri «ad adoperarsi per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, che continua a produrre i suoi effetti». E per questo «il giudice nazionale, incaricato di applicare le disposizioni del diritto dell'Unione e di assicurarne la piena efficacia, dovrà quindi disapplicare ogni disposizione nazionale contraria al risultato della direttiva (segnatamente, la disposizione che prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni) e tenere conto del principio dell'applicazione retroattiva della pena più mite, il quale fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri».

IL CASO EL DRIDI - La sentenza si riferisce in particolare al caso di El Dridi, «cittadino di un paese terzo entrato illegalmente in Italia. Nei suoi confronti è stato emanato, nel 2004, un decreto di espulsione, sul cui fondamento è stato spiccato, nel 2010, un ordine di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni. Quest'ultimo provvedimento era motivato dalla mancanza di documenti di identificazione, dall'indisponibilità di un mezzo di trasporto nonchè dall'impossibilità - per mancanza di posti - di ospitarlo in un centro di permanenza temporanea. Non essendosi conformato a tale ordine, il sig. El Dridi è stato condannato dal Tribunale di Trento ad un anno di reclusione».

«CONFERMA DI DITTATURA» - Molte le reazioni nel mondo politico italiano. Il capogruppo dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, difende la linea portata avanti sin qui dal governo: «Di fronte ai problemi che l'attualitá ci propone, più che le leggi italiane in materia di immigrazione dovrebbero essere riviste le direttive europee». Di diverso segno il commento di Antonio Di Pietro, leader dell'Idv: «È ormai provato che siamo di fronte a una dittatura strisciante in cui vengono presi provvedimenti contro la Carta dei diritti dell'uomo, si dichiara guerra senza passare per il Parlamento e si occupano le istituzioni per fini personali». Per Rosy Bindi, presidente dell'assemblea del Pd, «sull'immigrazione le figuracce del governo italiano non finiscono mai: la Corte di Giustizia europea mette a nudo le violazioni dei diritti umani, l'approssimazione e i ritardi di norme approvate solo per fare propaganda, dimostrando un'efficacia che alla prova dei fatti pari a zero». Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, ricorre all'ironia: «A questo punto aspetto solo che Berlusconi ci spieghi che i giudici europei, che hanno bocciato il reato di immigrazione clandestina, sono comunisti». «La bocciatura non è una sentenza buonista - dice invece il finiano Benedetto Della Vedova -: ad essere stata bocciata è una norma demagogica e inefficiente, che aggrava l'arretrato giudiziario e il sovraffollamento carcerario, senza migliorare e al contrario intralciando le procedure di espulsione e rimpatrio degli immigrati irregolari».

Redazione Online
28 aprile 2011

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Saranno tutti comunisti anche i giudici della Corte di giustizia europea!