Arrestato il figlio di Don Vito per le accuse contro De Gennaro
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
Tra pochi giorni dovrà comparire nel Tribunale di Palermo per essere riascoltato dal pm Nino Di Matteo nel processo agli ufficiali Mario Mori e Mauro Obinu accusati di favoreggiamento a Cosa Nostra per la mancata cattura di Provenzano nel ’95. Questa volta, Massimo Ciancimino, il super-teste della trattativa Stato-mafia, non sfoggerà i suoi soliti sorrisi a trentadue denti, né potrà distribuire autografi con la disinvoltura di chi è entrato ormai a far parte dell’Olimpo dei vip dell’antimafia.
Martedi 26 aprile, il figlio di don Vito comparirà in aula come un qualsiasi detenuto, senza i suoi gadget preferiti: telefonini ipertecnologici, borsoni di pelle griffati e abiti di sartoria. Da ieri pomeriggio, infatti, è richiuso in una cella di sicurezza della Questura di Parma, accusato di calunnia nei confronti del responsabile del Dis Gianni De Gennaro.
AD EMETTERE nei suoi confronti un provvedimento di fermo, proprio i magistrati inquirenti che lo hanno sempre sostenuto: i pm di Palermo Antonio Ingroia, Nino Di Matteo e Paolo Guido che oggi stesso lo raggiungeranno a Parma per interrogarlo. Poi, sulla sua libertà personale decideranno i magistrati emiliani, visto che Ciancimino jr è stato bloccato con tutta la famiglia sull’Autostrada del Sole all’altezza dello svincolo di Fidenza, mentre stava andando in Francia a trascorrere le vacanze pasquali.
Lui, il ragazzo sempre pronto allo scherzo e alla battuta, sembra aver perso tutto il suo sarcasmo: “È una battaglia dura – ha detto inviando un sms al blogger Impresa Palermo – sono e sarò sempre più solo. Ho tanta paura”. Lui, che pochi giorni fa, ospite del Festival del Giornalismo di Perugia, si era paragonato all’eroe dell’antimafia Peppino Impastato, sottolineando l’analogia di aver rinnegato il padre, ora sembra fare marcia indietro e rimpiangere i consigli del vecchio sindaco democristiano: “Ho paura di dover dare ragione a mio padre sul fatto di poter combattere un sistema troppo grande – ha aggiunto in un sms a un blogger mentre lo portavano in cella”. È l’addio, forse per sempre, ai sogni di gloria di un ragazzo istrionico e ambiguo, al quale però va riconosciuto un merito: quello di aver rimesso in moto la memoria a orologeria di tanti rappresentanti delle istituzioni sul negoziato Stato-mafia.
A TRADIRE Massimo Ciancimino è stato un gioco di prestigio riuscito male, ma organizzato ancora peggio, al punto che i pm si stanno interrogando sul confine tra la sua ingenuità e la sua scaltrezza. Tra le decine di documenti autografi del padre con il bollo di autenticità della scientifica di Roma, 48 ore fa ne è saltato fuori uno falso: una lista di funzionari dello Stato collusi con la mafia consegnata dal teste ai pm nel giugno scorso. Tra i nomi, quello del prefetto De Gennaro , “icona” dell’antimafia investigativa di questo Paese. “Quel nome l’ho visto scrivere a mio padre”, disse il giovane Ciancimino. Ma quel cognome, De Gennaro, certamente scritto da don Vito, come ha stabilito la perizia, è stato apposto posticciamente, come in un fotomontaggio, prelevandolo da un altro documento che conteneva il cognome De Gennaro, riferito, però, in quel caso, al magistrato Giuseppe Di Gennaro, che fu consulente del ministero della Giustizia. E qui la vicenda si tinge di giallo. Questo secondo documento, che non conteneva particolari notizie di interesse investigativo (solo un’intervista al Tg2 del magistrato Di Gennaro), ma che ha reso possibile la comparazione della grafia e quindi la scoperta del passo falso, venne consegnato spontaneamente ai pm dallo stesso Ciancimino jr due mesi fa, nel febbraio scorso.
Clamorosa ingenuità al confine con la stupidità, desiderio occulto di sabotare le sue precedenti accuse, magari per paura, depistando le indagini, o polpetta avvelenata apparecchiata e servita da altre “manine” per demolire integralmente la sua credibilità?
E soprattutto, il suo “puntare in alto”, verso i vertici investigativi che hanno fatto la storia della lotta alla mafia, è tutta farina del suo sacco, o dietro questo cambio di rotta ci sono suggeritori occulti che agiscono nell’ombra e alle spalle del giovane rampollo palermitano?
Domande che oggi si pongono i pm e che probabilmente porranno anche a lui, nel corso dell’interrogatorio di domani a Parma. “Non conosco De Gennaro – è il commento di ieri dopo il suo fermo – non avrei alcun interesse a calunniarlo”.
MA DOPO l’incriminazione per calunnia dei pm di Caltanissetta e quella per riciclaggio della Procura di Reggio Calabria, questo passo falso finale del giovane superteste della trattativa tra Stato e mafia ormai se lo aspettavano in molti. E non è un caso che a sanzionarlo, con una severità pari al trucco escogitato, siano stati i pm di Palermo, quelli che si erano spinti più in là nel riconoscere credibilità e affidabilità alle dichiarazioni di Ciancimino jr, e che oggi sono intervenuti tempestivamente per metterne a nudo i giochi di prestigio che non compromettono la tenuta delle inchieste in corso.
“In fondo – dicono in procura – che ci potesse essere alle sue spalle un suggeritore occulto, ce lo siamo sempre chiesti, ma non bisogna dimenticare che l’accusa nelle inchieste e nei processi in corso si regge su elementi di riscontro alle sue parole e su altri elementi del tutto autonomi’’.
Le inchieste e i processi continuano, dunque, e se questa vicenda rafforzerà il setaccio giudiziario attraverso cui i suoi segreti verranno passati, a cominciare dalla trattativa tra mafia e Stato, oggi il teste Ciancimino è a un bivio: “Speriamo che la smetta di giocare e si decida a dire finalmente tutta la verità”, è l’ultimo commento raccolto in procura.
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