SIMONE PEROTTI
Per la Cassazione il diritto al tempo libero non esiste. Secondo la Suprema Corte il diritto al tempo libero non rientra tra quelli costituzionalmente tutelati, e i fastidi della vita quotidiana che influiscono sulla qualità della vita e sullo stato di benessere sono dei diritti per così dire “immaginari”. Ciò in quanto il tempo libero costituisce una ‘opzione’ rimessa ‘all’esclusiva autodeterminazione della persona che è libera di scegliere tra l’impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da lavoro e da ogni occupazione’. La notizia è stata diffusa ieri da tutte le agenzie e viene riportata oggi da molti giornali.
Quando ho letto queste ultime righe sono saltato sulla sedia e volevo fare la “ola” sul divano. Le parole “autodeterminazione” “libera di scegliere” mi hanno fatto gioire a scena aperta. La Suprema Corte che fa giurisprudenza sul tempo libero riportandolo sotto la responsabilità del singolo individuo, che dunque può, anzi, deve autodeterminarsi quanto alla distinzione tra tempo libero e tempo del lavoro. Una rivoluzione! Già immaginavo di indire una class action collettiva per difendere il tempo libero dalla richiesta opprimente e coercitiva di straordinari e doppi turni, datori di lavoro che impongono in modo coatto la presenza sul luogo di lavoro, pressioni psicologiche ai dipendenti che alle 18.00 si alzano e vanno a casa.
Poi però ho letto meglio la notizia.
Pare che la Cassazione abbia respinto la richiesta di risarcimento del danno ‘per la perdita del tempo libero’ avanzata da un avvocato di Milano, Nicola Sculco. Costui aveva perso quattro ore per farsi aggiustare la linea telefonica per operare su Internet. La Suprema Corte ha confermato allo Sculco il solo diritto al risarcimento dei danni patiti per la illegittima sospensione della linea telefonica, escludendo la liquidazione dei danni per la perdita del tempo libero. Sono crollato sulla sedia, affranto.
Io non farei mai una causa per questa motivazione. Sarebbe tutto tempo (libero) che perderei. Io il tempo libero lo vivo, non voglio perderne di più per avere del denaro in cambio. Il tempo libero vale assai più del denaro. Incasserei la perdita delle quattro ore maledicendo la Telecom e chiusa lì. Tuttavia, in linea di principio, questo legale aveva tutte le ragioni del mondo. Lui voleva valorizzare le ore perdute come fossero ore di lavoro (l’unico parametro possibile per farlo, a tariffe professionali) maggiorandole del 40%, cioè intendendole come ore di straordinario. Genio di un avvocato. Perché non chiedere di essere risarciti per la perdita del tempo libero, infatti? Perché per la cultura imperante il tempo libero non ha valore, ne ha meno di quello lavorativo? Al contrario, semmai! Il (poco) tempo libero di un uomo che lavora deve valere almeno come vale un’ora di straordinario, e io avrei detto anche di più. Non fosse altro perché in quota parte, il tempo libero utilizzabile, dunque quello nella fascia diurna, è assai meno di quello lavorativo. Dunque ogni ora tra l’alba e le 9.00 o tra le 18.00 e il tramonto dovrebbe valere almeno il triplo del valore di un’ora lavorata.
Che tristezza. Ennesima testimonianza che questo sistema ci vuole al pezzo, schiavi, che considera naturale che noi lavoriamo 8 o 10 ore al giorno e tollera mal volentieri il nostro tempo libero, tanto che se subiamo la sottrazione di ore dal nostro lavoro è pronto a risarcirci, ma per le ore per del nostro tempo libero ci fa una pernacchia.
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