venerdì 15 aprile 2011

LA ROULOTTE DELLO ZINGARO


di Bruno Tinti

Non è vero che B. sta mettendo in pericolo la democrazia in Italia, delegittimando i giudici e demolendo la fiducia dei cittadini nella giustizia. Sì, ha chiamato a raccolta i suoi intorno al Tribunale di Milano, corredandoli di palloncini e bandiere e ordinandogli di cantare il suo salmo personale. E ci sono illustri precedenti: Mussolini fece la marcia su Roma e Kim Jong II si è composto un inno: “Nessuna patria senza di te”. Però ci sono anche significative differenze: sia Mussolini che Kim etc. erano armati fino ai denti (magari Mussolini un po’ meno: con un re più serio e un presidente del Consiglio decente, sarebbe stato messo in prigione per una decina di reati e l’Italia si sarebbe risparmiata qualche sciagura. A pensarci, non è una cattiva idea); e poi i magistrati in genere e quelli del Tribunale di Milano in particolare hanno la schiena più dritta di Facta; sui coreani non mi pronuncio perché lì ci sono un sacco di carri armati.

A dire il vero Santanchè, palloncini, inni e bandiere, più che un feto di golpe, mi ricordano un divertente episodio che mi capitò quando ero un magistrato giovanissimo, ancora uditore.

Sto seduto in aula accanto al mio “affidatario” (il poveretto che mi doveva insegnare tutto, era un gran tipo) e si comincia un processo per furto in alloggio a carico di uno zingaro (allora si potevano chiamare così senza essere politicamente scorretti). Era messo male, sotterrato dalle prove e pregiudicato specifico (non c’era ancora la prescrizione breve e così era stato condannato per altri furti dello stesso tipo): 7, 8 anni di prigione non glieli levava nessuno.

Entra in aula il contenuto di almeno 3 roulotte: donne in gonnellone, uomini baffuti, ragazzi di età variabile e un bambino piccolo, diciamo 5 o 6 anni. Non si fa a tempo a interrogare il primo testimone che tutti cominciano a strillare “assassini, assassini”. Il presidente del Collegio non si scompone: dice all’ufficiale giudiziario di chiamare i carabinieri; poi si appoggia allo schienale e aspetta. I CC arrivano, acchiappano senza difficoltà uomini donne e ragazzi e li portano fuori: arrestati per oltraggio a magistrato in udienza (saranno processati 2 giorni dopo). Solo che il bambino piccolo non riescono a prenderlo: corre in mezzo ai banchi come una lepre e strilla come un’aquila: “Affaffini, affaffini”. Tutti i miei severissimi e composti giudici ridono; e riprendiamo il processo solo quando un maresciallone con i baffi lo acchiappa per il collo e se lo porta fuori. Sette anni si meritava lo zingaro e 7 anni si è beccato. Gli altri (escluso il bambino naturalmente) non lo so: ma qualche mese con la condizionale se lo presero sicuramente. Ecco, secondo me non c’è molta differenza tra B. e quello zingaro; e nemmeno tra Santanchè, i 200 precettati, la canzoncina e i nomadi sporchi e baffuti che ci chiamavano “assassini”. Si diano 5 anni a B. e si incrimino gli altri per oltraggio a magistrati in udienza: lavoro quotidiano. Poi via con altri processi. E se B. lunedì prossimo si porta un ragazzino di 5 anni in via Freguglia a gridare “giudici comunisti”? Articolo 48 codice penale: ne risponde lui, altro processo.

2 commenti:

Francy274 ha detto...

Wowww che bello, il Dott.Tinti mi rincuora con questo Suo scritto.
Te lo rubo :)

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

MAGARI FOSSE VERO! TEMO CHE NONO SARA' COSI' SEMPLICE.