mercoledì 6 aprile 2011

La scelta del rinvio senza fine


CARLO FEDERICO GROSSO

La Camera ha votato il conflitto di attribuzioni sul caso Ruby. Il voto era scontato in quanto già una volta, poche settimane fa, la maggioranza aveva stabilito che la telefonata del premier alla polizia diretta a far rilasciare la ragazza costituiva esercizio delle funzioni ed era pertanto qualificabile come reato ministeriale di competenza del tribunale dei ministri.

È interessante chiedersi, a questo punto, quali saranno gli effetti di tale voto nei palazzi di giustizia di Milano e Roma, nei quali saranno assunte, di qui a poco, le decisioni relative alla vicenda. Prima di affrontare questo problema, mi preme chiarire tuttavia un profilo fondamentale per capire le ragioni di tanta attenzione parlamentare attorno a questo caso e, in particolare, attorno al tema del conflitto.

I tribunali dei ministri sono costituiti da magistrati di carriera (estratti a sorte ogni tre anni fra i magistrati del distretto); magistrati di carriera compongono, allo stesso modo, i tribunali ordinari. Non è tuttavia vero, come hanno sostenuto nei giorni scorsi numerosi politici del polo, che per un ministro essere giudicato dall’uno ovvero dall’altro organismo è lo stesso.
La legge stabilisce, infatti, che in caso di reato ministeriale il processo può iniziare soltanto se il parlamento l’autorizzi. Ecco perché, per la maggioranza, era così importante dichiarare che nel caso Ruby non era competente il tribunale ordinario. Spostare il processo significava, infatti, porre le premesse perché il parlamento potesse bloccarlo «politicamente» con un voto di totale impunità del Presidente.

Che cosa accadrà tuttavia, ora che il conflitto è stato sollevato, sul terreno dei processi penali e costituzionali che si apriranno? Questa mattina si inaugurerà normalmente, a Milano, il processo Ruby, che, secondo prassi, trattandosi della prima udienza, dopo la costituzione delle parti verrà rinviato all’udienza dedicata alle questioni preliminari.

Nel frattempo le carte verranno inviate dal parlamento alla Corte costituzionale. Qui si porrà, subito, una prima delicata questione: l’asserito conflitto sollevato dal parlamento è ammissibile o inammissibile? Il problema esiste perché si può sollevare conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato soltanto quando si contrappongono poteri di enti diversi o di diverse articolazioni statuali (
Stato e Regione, Regione e Regione, Parlamento e magistratura, e via dicendo). Ma nel caso di specie di che tipo di conflitto, davvero, si tratta, dato che si discute, in realtà, di competenza di diverse autorità tutte giudiziarie (tribunale ordinario e tribunale dei ministri), fra le quali non esiste fra l’altro, al momento, nessun conflitto?

Da un lato c’è la magistratura ordinaria che ritiene, ricostruendo i fatti di causa e interpretando la legge in un certo modo, che la competenza appartiene al tribunale ordinario; dall’altro c’è il Parlamento che, ricostruendo altrimenti i fatti, e interpretando diversamente la legge, sostiene che la competenza appartiene invece al tribunale dei ministri.
Ma davvero il Parlamento ha il potere di sostituirsi alla magistratura nel ricostruire fatti giudiziari ed interpretare le leggi loro applicabili, ed investire per questa ragione la Corte di questo specifico «conflitto interpretativo»? Davvero si potrebbe, sotto altro profilo, sostenere che la magistratura ordinaria, dichiarandosi competente, è venuta «di fatto» a menomare il diritto dei parlamentari di non autorizzare un processo che era, a loro avviso, di competenza del tribunale dei ministri?

Bizantinismi giuridici, forse. La Corte dovrà, comunque, necessariamente affrontarli e gestirli in tempi possibilmente rapidi. E soltanto nel caso in cui decidesse che la questione sollevata è, nonostante i molti dubbi, ammissibile, potrà andare al cuore del problema entrando nel merito.

Nel frattempo il tribunale di Milano non sarà obbligato a sospendere il processo. Semplicemente, se la Corte costituzionale dovesse in futuro ritenere la sua incompetenza, gli atti processuali posti in essere sarebbero nulli (ma in questo caso sarebbero nulli anche gli atti d’indagine compiuti dalla Procura, e l’istruttoria dovrebbe ricominciare daccapo secondo le regole stabilite per il tribunale dei ministri).

Ammettiamo d’altronde che, dopo l’udienza di smistamento che si terrà questa mattina, il processo (fra qualche mese) riesca in qualche modo a decollare. La prima questione che, verosimilmente, i difensori di Berlusconi solleveranno sarà, ancora una volta, quella d’incompetenza del tribunale ordinario. Su di essa il collegio dovrà decidere immediatamente. Ove essa fosse respinta, si procederebbe oltre. Compatibilmente, tuttavia, con la decisione della Corte costituzionale, con gli impegni istituzionali del premier, con l’ingorgo dei processi concentrati al lunedì secondo gli accordi intervenuti. Fino a quando, tuttavia, per quanto tempo, con quali strascichi e tensioni? E quando mai potrà essere pronunciata anche soltanto la prima sentenza?

Nel complesso, una grande tristezza. Ieri c’è stato il voto con il quale la maggioranza ha cercato di porre le premesse per bloccare (tramite il futuro diniego dell’autorizzazione a procedere) il processo Ruby; a breve vi sarà quello sull’
abbreviazione della prescrizione, che dovrebbe assicurare a Berlusconi di evitare anche soltanto l’onta di una sentenza di primo grado per corruzione nel processo Mills. Dopodomani, se anche questi tentativi dovessero fallire, voteranno, magari, l’improcedibilità a prescindere, l’immunità assoluta, l’esenzione totale dalla responsabilità, o quant’altro d’immaginabile sul terreno della protezione penale personalissima del capo del governo?

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

ILLUMINANTE, COME DI CONSUETO! CONDIVISIBILE LA TRISTEZZA DI QUESTO PRINCIPE DEL FORO E FINISSIMO GIURISTA.