sabato 2 aprile 2011

Lampedusa, su migranti Berlusconi non mantiene la promessa


Le 60 ore sono scadute. Il premier corregge il tiro: "Isola libera entro domani sera". Ma in tremila sono ancora lì. E molti di quelli trasferiti a Manduria sono scappati. Intanto il Cavaliere annuncia: "Sì ai permessi temporanei così possono raggiungere i familiari negli altri paesi"

Tempo scaduto. Berlusconi invoca i supplementari: “Domani, domani”. Come a Malpensa per la crisi Alitalia, a Napoli per l’emergenza rifiuti e a l’Aquila per la ricostruzione post terremoto anche Lampedusa si aggiunge all’elenco delle promesse vane del premier. Le sessanta ore entro cui Berlusconi avrebbe “liberato” l’isola sono passate. E gli immigrati sono ancora lì. Come la villa due Palme, che rimane ai vecchi proprietari. Il Cavaliere aveva annunciato di aver acquistato casa sull’isola. Ma in 24 ore l’affare è sfumato: il contratto non ha avuto seguito. Ai lampedusiani non rimane che sperare nel Casinò, nel veder trasformato il centro in una Portofino del sud e nel premio Nobel per la pace che Berlusconi gli ha promesso. Oltre alla benzina quasi gratis e alla moratoria fiscale. Considerata la media degli annunci del premier poi caduti nel nulla sanno che c’è poco da sperare. Anche se oggi il premier ha rinnovato l’impegno scaduto: “Entro domani sera Lampedusa sarà ridata ai suoi cittadini”. E corregge la mira. Gli immigrati dovevano essere tutti rimpatriati? Ora, annuncia, “a chi ha i requisiti sarà concesso un permesso temporaneo così da potersi ricongiungere con i familiari presenti negli altri paesi Ue”.

Pensare che mercoledì, quando arrivò sull’isola per rassicurare i residenti, il Cavaliere era apparso convincente. Tanto da strappare qualche applauso. “Il presidente del Consiglio ha il vezzo di risolvere i problemi”, aveva detto. “Entro 48-60 ore riporteremo tutti i migranti nei centri di accoglienza sparsi per il territorio nazionale e Lampedusa sarà abitata solo dai lampedusani”. Le 60 ore sono passate. L’isola è ancora piena di immigrati. Vero è che le operazioni sono rallentate a causa del mare grosso e del forte vento che non permette alle navi di attraccare, e che circa quattromila tunisini sono stati allontanati dall’isola. Ma sono stati sparpagliati ovunque in l’Italia. Spostando il problema. In provincia di Taranto, ad esempio. A Manduria è stata allestita una tendopoli temporanea che ha accolto tremila immigrati. E’ diventata teatro di una clamorosa fuga di massa: ne sono rimasti 500, gli altri sono scappati. Senza alcuna difficoltà.

Le altre promesse? Verrà svuotato il centro di accoglienza e ci sarà sempre una nave attraccata al porto pronta a imbarcare i migranti che via via arriveranno; l’Italia comprerà i pescherecci nordafricani per evitare che vengano usati dai trafficanti di migranti; verrà concessa una moratoria fiscale, bancaria e finanziaria; l’Eni fornirà ai pescatori benzina a basso prezzo e il primo carico sarà gratuito; spot a spese del governo da far realizzare a Rai e Mediaset per il rilancio del turismo; si aprirà un casinò, poi arriverà un campo da golf e una nuova scuola; Lampedusa diventerà una zona a burocrazia zero e verrà chiesta a Bruxelles l’istituzione di una zona franca nella quale non si paghino tasse per i prodotti importati ed esportati; sarà semplificato al massimo l’iter per aprire un ristorante o un negozio; il governo sosterrà la candidatura al premio Nobel per la pace a Lampedusa. Per citarne alcune. I lampedusiani hanno applaudito, ringraziato e salutato. Ma oggi si sono svegliati con le strade occupate dagli immigrati: quasi in tremila sono al porto in attesa delle navi promesse. Che ancora non arrivano.

Berlusconi nel frattempo stamani è partito in elicottero da Roma per raggiungere Milano dove staserà assisterà al derby Milan-Inter, passando per la sua residenza sarda. Ritenendo risolta la questione di Lampedusa giovedì si è poi concentrato sui problemi della maggioranza. Rimandando tutto a martedì: voto sul processo breve, conflitto di attribuzione per il processo Ruby per cui è rinviato a giudizio e mercoledì 6 deve presentarsi in tribunale a Milano. Ma anche le grane interne al Pdl. Con il “caso La Russa” che, per quanto possa risolversi con un richiamo da parte della Giunta parlamentare, ha mostrato con evidenza tutti i disagi interni alla maggioranza, con Claudio Scajola che ha colto l’occasione per aprire la fronda e spingere per “cacciare” il ministro della Difesa dal gruppo dei coordinatori del partito e i Responsabili che battono cassa minacciando di non sostenere i passaggi della prescrizione breve e del conflitto di attribuzione. Ci sono poi gli attriti con la Lega, il senatur un giorno sì e l’altro pure è critico nei confronti del premier ed è disposto a sostenere un esecutivo di transazione alternativo.

Una situazione complessa che preoccupa non poco il Capo dello Stato. Giorgio Napolitano giovedì ha convocato tutti i partiti invitandoli a moderare i toni e, secondo quanto riferito da alcuni esponenti politici, al Quirinale si sta valutando la possibilità di individuare una maggioranza governativa alternativa, in vista di eventuali elezioni anticipate. Ma di tutto questo Berlusconi non se ne preoccupa. Anzi. “Si andrà avanti con la legislatura fino al 2013, non c’è alcuna crisi all’orizzonte”, ha ripetuto oggi. “Il presidente della Repubblica non si sarebbe mai permesso di minacciare lo scioglimento delle Camere”. Piuttosto, dice, “Napolitano si è mosso pienamente in armonia con i poteri che la Costituzione gli assegna”. Il suo “intervento è stato contenuto, felpato. Certo preoccupato per quel che è accaduto a Montecitorio. Ma non ha rivolto nessun ultimatum”, ha garantito. Insomma, nessun problema.

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